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Juan Antonio Hormigón

Trabajo dramaturgico y puesta en escena


Madrid, Publicaciones de la ADE, 2002, 2 voll., pp. 910 complessive, s.i.p.
ISBN 84-95576-19-8
Nel 1992 in Spagna è stato istituito, grazie agli sforzi dell'ADE (l'associazione dei registi spagnoli), un corso di drammaturgia e regia nell'ambito della Real Escuela Superior de Arte Dramático di Madrid. Così anche le figure del dramaturg e del regista, emerse faticosamente, tra le polemiche sulla loro utilità, negli ultimi anni del franchismo e poi proliferate indiscriminatamente grazie alla pioggia delle sovvenzioni 'amicali' dei governi della ricostituita democrazia, hanno ottenuto il riconoscimento di un titolo professionale rilasciato da un istituto statale (è un passo avanti rispetto allâItalia, dove lo statuto del dramaturg rimane ancora indefinito). La cattedra di regia è stata affidata a Juan Antonio Hormigón, segretario generale dell'associazione dei registi e direttore della rivista "ADE Teatro" da noi usualmente recensita con interesse. Il testo che abbiamo fra le mani è il manuale del suo corso.

La struttura di questo ponderoso strumento è originale. Due volumi, di cui il primo è quello dal carattere più tradizionalmente didattico. Dopo la breve, e inevitabile, premessa storica sull'origine della regia (peraltro molto utile, per noi stranieri, per l'ovvia attenzione concessa alla storia delle scene spagnole) Hormigón passa a illustrare, fin nei più minuti dettagli, la sua metodologia. L'approccio che propone al testo è classico e rigoroso. Si parte da una scrupolosa disamina del testo da parte del dramaturg, che ha il compito di collocare storicamente e culturalmente l'opera esaminata fornendo chiavi di interpretazione della vicenda e dei personaggi che si appoggino su solidi fondamenti testuali e non derivino da arbitrarie suggestioni personali o da polverose 'tradizioni' gastronomiche.

Il frutto del suo lavoro passa nelle mani del regista, che ovviamente continua a intrattenere un costante rapporto dialettico con il suo collaboratore, come con il resto della troupe, mentre elabora le soluzioni più adeguate per restituire nella messa in scena il senso del dramma che è stato individuato; le soluzioni 'facili' che deve evitare sono da un alto il mero 'illustrativismo' gradito al pubblico più retrivo e dell'altro il finto 'sperimentalismo' superficiale che mira solo a guadagnare interesse, diciamo pure, scandalistico. Ciò che consente a un regista di chiamarsi tale è per Hormigon  la conoscenza e il dominio sicuro di tutti gli aspetti tecnici della messinscena, congiunta a una cultura generale di livello superiore, a un'inappagata curiosità nei confronti della totalità del mondo che lo circonda e soprattutto a uno scrupolo etico che deve fargli evitare compromessi 'strategici' con il potere o con la 'cassetta'.

Nel secondo volume, che costituisce la quinta parte del manuale, il docente sceglie di dare degli esempi di come debba svolgersi il lavoro del regista partendo dalla sua esperienza di vita. E questa sezione è degna di una pubblicazione separata, come libro di memorie e saggio storico sulla Spagna dal dopoguerra a oggi vista attraverso il teatro. Leggendola comprendiamo meglio chi è Hormigon, un giovane che nella Spagna degli anni Sessanta ha combattuto per rinnovare la cultura del suo paese una battaglia simile a quella che giovani registi e uomini di teatro come Squarzina, Strehler, Pandolfi, Guerrieri combatterono nell'Italia degli anni della caduta del fascismo e poi dei governi monocolore DC.

Quello in cui vivono Juan Antonio e i suoi compagni di università e di palcoscenico è un paese in crisi, attraversato da profonde contraddizioni, dove si consuma una faida interna fra gli stessi settori governativi tecnocratici e atlantisti, che chiedono per il paese una modernizzazione accompagnata da una 'moderata' democratizzazione che consenta una maggiore apertura verso l'esterno, e le frange più reazionarie falangiste e del clero, che temono che un qualsiasi indebolimento del loro potere li esponga alle vendette dei tanti perseguitati durante il franchismo. Uno stato impoverito, dove il borioso e vano appello alle glorie passate della nazione non riesce a nascondere un'inaccettabile situazione di arretratezza e miseria del popolo, e dove le stesse organizzazione giovanili universitarie supervisionate dai falangisti, i cui componenti hanno modo di prendere atto del tempo in cui si trovano a vivere, finiscono per essere laboratori d'incontro e di formazione di giovani 'sovversivi' di sinistra che aspirano a un cambiamento radicale (esattamente come i 'gufini' dei tardi anni trenta).

Il regista ventenne deve scontrarsi con un potere autoritario e paternalista, certo ormai distante dalla sanguinosa crudeltà repressiva con cui si era consolidato dopo la guerra civile, ma pur sempre imprevidibile nel suo alternarsi fra condiscendenti e distratte disponibilità e repentini divieti. In questi anni di formazione i saggi brechtiani sulla messinscena diventano per Hormigon un punto di riferimento imprescindibile; il regista tedesco è per lo spagnolo un maestro mai rinnegato, a cui continua a ispirarsi e a cui ha dedicato recenti regie celebrative, nonostante la 'caduta in disgrazia' di Brecht dovuta alla crisi dell'ideologia comunista. Una coerenza etica che spiega anche perché la caduta del franchismo abbai comportato solo relative facilitazioni del lavoro di Hormigon, uomo 'scomodo' e poco disposto agli 'apparentamenti' politici, e perciò non sempre benvoluto dalla critica o sovvenzionato dai governi che si sono succeduti in Spagna.

In conclusione, troverei giusto (e produttivo) che un giovane regista, o aspirante tale, si confronti con la parte didattica del libro in maniera dialettica, esaminando con attenzione e onestà le soluzioni proposte da Hormigon ma non rinunciando a metterle in discussione per proporre delle proprie strategie alternative altrettanto rigorose. Per quanto riguarda la parte autobiografica, penso invece che possa essere presa ad esempio da parte di chiunque creda realmente in quello che fa e non cerchi una maniera comoda di 'sfangare' la giornata senza troppe preoccupazioni.

di Paolo Albonetti


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Copertina del II volume
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