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Manuela Mazzi

Giovanna regina di Napoli. Il veleno sulla lingua


Napoli, Marotta & Cafiero, 2002, pp. 41, euro 7,00
ISBN 88-88234-21-7
Va forte il Medioevo, o per meglio dire vanno bene le grandi donne vissute nei secoli bui. E' quello che viene da pensare, avendo recensito nell'arco di pochi mesi due testi drammatici italiani che prendono spunto da donne di potere dell'epoca, questo e Gli uomini della contessa di Riccardo Cardellicchio e trovando un testo simile, Sancha, Reina de la Hispania di Antonia Bueno, pubblicato sul numero 94 della rivista spagnola "ADE teatro".

Quello che distingue la nostra Giovanna dalle sue consorelle Matilde di Canossa e Sancha di Leon è il carattere allegro. Nonostante che nella vita reale sia stata fatta uccidere dal nipote, e quindi non abbia raggiunto, come le altre, il sereno traguardo della morte naturale, l'ipostasi teatrale di Giovanna non se la prende. Anzi, mentre Matilde è un'ombra inquieta piena di rimpianti e Sancha una musona che sgobba a testa bassa per proteggere il suo regno, la simpatica Giovanna trasforma quello che dovrebbe essere un processo alla sua memoria in una sorta di party, o talk-show.

Come una medievale contessa Maria con una certa propensione all'omicidio, Giovanna senza imbarazzi, ma anzi con un certo compiacimento, ragiona delle sue relazioni, degli uomini della sua vita, delle sue performances erotiche, senza farsi mai mettere in difficoltà dal sibillino sconosciuto che conduce l'interrogatorio e dalla folla di testimoni decisamente mal disposti nei suoi confronti, fino alla cavalcata finale con cui esce di scena (‹‹verso la morte? Così dice il testo, ma verrebbe da dire "verso nuove avventure"››).

Tutto sommato alla fine questa Giovanna può benissimo condividere il palcoscenico con le altre due signore sopra citate, senza che nessuno si senta offeso. Certo, il suo rapporto con la storia è piuttosto leggero, e appare molto più personaggio di fantasia che la reale donna di potere quale doveva essere Giovanna I. Ma in fondo la giustizia postuma che l'autrice rende alla memoria della regina d'Angiò e più raffinata: mette in scena la leggenda erotica, non la donna reale, e ce la fa trovare simpatica. Forse, se le avesse reso la dignità della biografia autentica, avremmo compianto questa donna, ma non ci avrebbe divertito.

di Paolo Albonetti


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