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Rita Unfer Lukoschik

Friedrich Schiller in Italien (1785-1861)
Eine quellengeschichtiliche Studie

Berlin, Duncker & Humblot, 2004, pp. 428, euro 82
ISBN 3-428-11240-7
La ricezione e la presenza dell’opera di Friedrich Schiller nella cultura italiana del secolo XIX è l’oggetto di questo importante lavoro che esce nell’anno del secondo centenario della morte del drammaturgo tedesco. Il libro è di particolare interesse per gli studiosi del nostro Ottocento, e soprattutto per chi si occupa delle teorie teatrali e della drammaturgia. Ancora più prezioso – come vedremo – per i ricercatori che indagano sulla storia delle compagnie e degli attori italiani del secolo XIX.

Quasi trecento pagine sono dedicate all’analisi cronologica e geografica degli echi dell’opera teatrale letteraria di Schiller attraverso le diverse epoche: da quella napoleonica (1796-1814) alla Restaurazione (1814-1861). Si va così dal riferimento necessario alla mediazione francese ai passaggi altrettanto obbligati agli ambienti della Venezia asburgica fino ad arrivare ai “salotti” fiorentini e romani e ai teatri. L’analisi è condotta mediante uno spoglio esaustivo e attentissimo della bibliografia italiana, con acquisizioni curiose di volumi e periodici di difficile reperimento, tutti adeguatamente schedati e discussi. Particolarmente felice è il documentatissimo capitolo dedicato alla ricezione dei lavori teatrali (pp. 228-292) sostenuto anche questo da una bibliografia di straordinaria ricchezza. Più di cinquanta pagine sono infine dedicate al riordino sistematico delle referenze italiane, tedesche e internazionali.

Ma ciò che rende questo libro uno strumento insostituibile per gli storici del teatro e dello spettacolo, per gli studiosi di drammaturgia e per i biografi degli attori, è la seconda parte del volume. Mi riferisco alle ottanta pagine di tabelle dedicate alla fortuna delle messinscene schilleriane (nella prosa, nel balletto e nella lirica) tra il 1784 e il 1861 in Italia. Ordinate secondo una cronologia progressiva, le opere del grande drammaturgo sono accompagnate dai titoli delle traduzioni e degli adattamenti, talvolta così originali da essere di difficile identificazione per un ricercatore non avvertito (Die Raüber diventa, ad esempio, Quanti casi in un sol giorno oppure Giulio assassino; Wilhelm  Tell si trasforma in La presa di Altdorf e così via): si scopre in questo modo, per via di indizi comunque discussi nella trattazione saggistica, un variegato e spesso inimmaginato percorso degli orginali, destinato a funzionare come il fecondo sostrato di molto teatro popolare italiano. 

Illustrazione relativa allo spettacolo Roberto di Moldartz, messo in scena dalla Compagnia Equestre Guillaume al Teatro Gerbino di Torino (in «Il Mondo Illustrato», n. 9, 1848)
Illustrazione relativa allo spettacolo Roberto di Moldartz, messo in scena dalla Compagnia Equestre Guillaume al Teatro Gerbino di Torino (in «Il Mondo Illustrato», n. 9, 1848)

Ma si scopre soprattutto la geografia dei teatri che ospitarono quegli adattamenti e, insieme, ci ritrova fra le mani un censimento accurato delle compagnie e degli attori che, in teatri talvolta periferici, tagliarono, scomposero e ricomposero quei testi ad uso e consumo delle platee popolari o borghesi. Di conseguenza – accompagnati per mano dal paziente lavoro dell’autrice e guidati dalle tracce lasciate da Schiller – arriviamo a identificare i percorsi e la composizione di numerose compagnie, spesso dimenticate o poco note. L’indice dei nomi (un altro prezioso contributo contenuto in questo libro) consente di arricchire o precisare l’anagrafe dei teatranti italiani del secolo XIX con acquisizioni talvolta inedite. Altrettanto prezioso il catalogo delle edizioni (poesie, libretti e drammi) italiane delle opere schilleriane, accompagnate ogni volta dalle recensioni coeve.

In ultima analisi questo volume è un esempio significativo di come la ricerca sulle fonti del secolo XIX possa riservare ancora delle utili sorprese. La frequentazione paziente e accurata delle biblioteche, la ricerca (non sempre agevole) dei periodici e delle pubblicazioni minori, richiedono un’energia e un senso di responsabilità critico che solitamente vengono evitati dagli storici del teatro che preferiscono ‘commentare’ i dati di fatto passivamente ricevuti e ereditati dalla tradizione senza verificarne l’attendibilità storica. Il lavoro di Rita Unfer Lokoschik è, da questo punto di vista, felicemente anacronistico e costituisce perciò un piccolo monumento alla serietà della ricerca storiografica.
(s.f.)


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Friedrich Schiller
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