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Alberto Severi

Valzer di Guerra. Tre Commedie


Santa Croce sull'Arno (PI) - Milano, Il Grandevetro - Jaca Book, 2000, pp. 175; euro 13,43
ISBN ISBN 88-16-28221-5
Il titolo del volume apparentemente deriva dalla combinazione dei titoli di due dei testi pubblicati in questo volume (Valzer e La Guerra Piccola) ma si rivela anche una buona metafora per la scrittura di Severi. Aldilà delle notevoli differenze le tre pièces sono infatti accomunate dal fatto di presentare situazioni di conflitto interpersonale che si sviluppano da un avvio divertito e leggero a esiti di assoluta crudeltà attraverso il gioco delle battute apparentemente ironiche e distaccate ma cariche di fraintendimenti e sottintesi; un "valzer" anche per quanto riguarda la caratterizzazione degli stessi personaggi, che lasciano trasparire dai loro discorsi inquietudini, fantasie e rimpianti che nel corso dello spettacolo li trasformano in qualcosa di completamente diverso da quello che sembravano al loro ingresso sulla scena.

Un teatro, quello proposto da Severi, in cui la parola sovrasta le altre componenti spettacolari nel suo rimandare a un fuoriscena negato che alla fine determina la crisi delle norme comportamentali di convivenza iniziali. Questa supremazia della parola non implica comunque goffaggine nell'uso degli altri linguaggi della scena, sfruttati con perizia per incrementare la resa dello spettacolo, il cui contributo risulta spesso essenziale.
Nella prima commedia (Valzer) l'iniziale aspettativa di uno svolgimento dello spettacolo entro i binari della commedia garbata, contaminata da qualche elemento surreale di contorno, viene stravolta nel secondo atto dal cinico deteriorarsi dei rapporti, che arriva a esiti di violenza fisica, e infine affossata dalla melanconia onirica, quasi bontempelliana, del finale.

Il monologo della giornalista di Brutta Razza prende le mosse dalla caricatura d'ambiente per approdare, attraverso un gioco di apparente complicità con una razzista omicida, a una "sbottonatura" con cui Annabella si rivela una implacabile investigatrice che intrappola l'assassina dopo averne ottenuta la confidenza.

Ne La Guerra Piccola, infine una situazione apparentemente connotata da toni vernacolari spiazza lo spettatore attraverso il ribaltamento dei ruoli dei due protagonisti: il popolano simpatico, apparente vittima del "gioco dei potenti", si rivela alla fine un convinto e feroce protofascista, mentre il giovane studente, inizialmente identificabile, per provenienza sociale e qualifica di volontario, come complice della carneficina (reso ancora più antipatico dai modi beneducati), si rivela invece un uomo in fuga dall'angoscia determinata dalla morte della donna amata. La chiusura della commedia con il passaggio ai registri del teatro politico rimanda all'attualità e a tragedie comuni a tutta l'umanità.

Paolo Albonetti


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