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Sandro Lombardi

Gli anni felici. Realtà e memoria nel lavoro dell'attore


Milano, Garzanti, 2004, pp. 359, euro 16,50
ISBN 88-11-59743-9

E' tipico della tradizione inglese (ma anche tedesca e francese) che un attore – se è un attore di qualità -,arrivato oltre la soglia dei cinquant'anni, cominci a scrivere o cominci a pensare di scrivere la storia della sua vita e della sua arte. Per i suoi beneamati spettatori fedeli che, in Inghilterra almeno, sanno spesso abbinare alla visione dello spettacolo una buona abitudine alla lettura, ed anche per se stesso, come meditazione su un mestiere che aspira appunto ad essere un'arte, e quindi un campione, più o meno alto, di cultura.

Questo costume è meno diffuso in Italia. Gli attori o le attrici non sempre ce la fanno (ma questo non è necessariamente un male, può essere anche il segno di una straordinaria vocazione antiletteraria che dà i suoi frutti sul palcoscenico, vedi il caso di Totò), ma soprattutto non ce la fa il pubblico, incapace nella maggioranza dei casi di concepire la recitazione come un'arte colta o comunque traducibile in parole scritte.

Sandro Lombardi, uno dei migliori attori italiani in attività, ha scritto dunque un libro già in partenza eccezionale. Ancor più speciale risulta una volta che si sia chiusa la sua ultima pagina. Ha saputo infatti mettere insieme, da scrittore esperto e coltissimo, memorie giovanili abilmente ricamate in una prosa elegante, riflessioni teoriche sui meccanismi del recitare e sulla mnemotecnica del recitante, digressioni storiche sul teatro degli ultimi trent'anni del Novecento, bozzetti narrativi brillanti e incisivi. Un saggio autobiografico, il suo, che è il corrispettivo scritto di uno stile teatrale sintetico e elegante, ironico e rattenuto.

 

Sandro Lombardi (1993) in Ebdòmero
Sandro Lombardi (1993) in Ebdòmero



Motore privilegiato della scrittura scenica è, per Sandro Lombardi, una lingua non facilmente "dicibile" (e viene qui in mente l'avversione di Luca Ronconi per i testi immediatamente e facilmente "teatrabili"), estranea e contraria alla lingua del minimalismo. Grazie a questo bagno di indicibilità - quello che lo ha spinto, soprattutto negli ultimi anni, ad accostarsi con frequenza crescente ad autori come Testori, Luzi, Pasolini, Alfieri ecc., lontani per statuto originario dal parlato quotidiano e minimale - il suo libro pare sterilizzato da cadute nel convenzionale di primo grado. Accetta invece di adoperare, con improvvise aperture che paiono quasi citazioni, la tecnica del bozzetto e dell'aneddoto (strepitoso l'episodio palazzeschiano nella bottega dell'antiquario fiorentino), facendo riferimento a quanto trasmette la tradizione teatrale: «circolano tra palcoscenico e camerini, affidati alla tradizione orale, descrizioni e ricordi che hanno il potere di evocare l'immagine, sia pur frammentaria, di una tradizione che travalica i modi e le mode, i tempi e le poetiche. Così passano le voci di una storia che non è mai scritta e che rischia di perdersi nel nulla: come lavorava un regista, quali indicazioni dava, quali erano le sue passioni o idiosincrasie, come un attore ormai scomparso impostava un ruolo. […] Affabulazioni che non si limitano all'edificazione dei miti ma svelano anche schegge di verità. Spesso questa si fa strada tra racconti apparentemente guitti e vani: i piaceri e i giorni, splendori e miserie, illusioni perdute, canti del cigno, adorazioni perpetue, memorie d'oltretomba, educazioni sentimentali, ricordi del sottosuolo, menzogne e sortilegi, intermittenze del cuore, le narcisate, i viaggi, la morte…» (p. 24).


Sandro Lombardi (1990) in
Sandro Lombardi (1990) in "Il Purgatorio"



Come se fosse l'ultimo di questa tradizione, Sandro Lombardi ci fa assaporare un po' di rimpianto e qualche rintocco di nostalgia, ripercorrendo stagioni di disordinata e inconsapevole avanguardia, con il benevolo sguardo del "poi". Il filtro della memoria viene però spesso allontanato per illuminare di luce razionale i processi storici esauriti o per tracciare impietosamente alcuni grotteschi ben assestati, come quello dedicato – siamo nel pieno della moda della neoavanguardia – alle «frotte di addetti ai lavori assetati di novità […]. Sembravano vampiri: nel giro di un paio di stagioni si stancavano di quello trovato e avevano bisogno di sangue fresco. Erano capaci di travisare la realtà per crearsi la convinzione di dire sempre quello che pensavano, mentre spesso vagavano come banderuole frastornate dai venti delle mode. Dichiaravano di amare i grandi maestri ma in realtà avevano un culto, appunto vampiresco, per le giovinezze altrui e un malcelato fastidio e disprezzo per la vecchiaia, salvo i casi in cui li si vedeva prostrarsi – a dispetto dei loro giuramenti di sostegno al teatro indipendente – di fronte alle operazioni di alto costo, incapaci com'erano di resistere al fascino di chi sapeva mungere grandi quantità di denaro pubblico o privato» (p. 152).  Magnifico ritratto della sottocultura di quegli anni.

Iaia Forte e Sandro Lombardi (2002) in
Iaia Forte e Sandro Lombardi (2002)
in "L'Ambleto"


 

Ma le pagine e i frammenti più preziosi sono quelli – distribuiti in varie zone del libro, senza diventare mai trattazioni autonome – relativi alla mnemotecnica attoriale. Il metodo dell'accumulo e stratificazione delle esperienze, il loro metabolismo, il controllo della memoria come strumento di lavoro, la sua sublimazione, l'esercizio della lettura ad alta voce e dell'interiorizzazione: su questo tema torna spesso Lombardi scrivendo, tra le righe del suo romanzo di formazione, un quasi-trattato sul recitar vivendo (o sulla vita recitata) che resta impresso proprio perché non esibito né formalizzato. Potrebbe essere il prossimo libro di questo colto e bravissimo attore nostro contemporaneo.



Siro Ferrone


copertina

cast indice del volume


 

 
Sandro Lombardi in
drammaturgia.it:

Viaggio celeste
e terrestre
di Simone Martini 

Antigone di Sofocle

L'apparenza inganna





 




Sandro Lombardi (1987) in
Sandro Lombardi (1987) in "Come è"

 
 
 
 

Marion d'Amburgo e Sandro Lombardi (1983) in
Marion d'Amburgo
e Sandro Lombardi (1983) in "Sulla strada"

 
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