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Filmcritica


2003, n. 534, euro 7,00
In copertina troviamo un'immagine in bianco e nero tratta da Umiliati di Danièle Huillet e Jean-Marie Straub, recentemente uscito in Francia. Del film, che prosegue e conclude il precedente Operai, contadini, si occupano Edoardo Bruno, in una breve recensione, ed Enrico Ghezzi, in un testo che spazia da Straub e Soderbergh, da Chabrol a Murnau, da Ciprì/Maresco a Monteiro. Di Operai, contadini parla Giona A. Nazzaro, proponendo un interessante raffronto con Rapsodia in agosto teso a evidenziare, negli Straub e in Kurosawa, l'uso del set come luogo per ridare voce ai soggetti esclusi dalla Storia.

Negli altri saggi ospitati dalla rivista, Daniele Dottorini riflette sul concetto di "ripresa", prendendo le mosse da Kierkegaard per approdare a Scorsese; Tonino Bucci , a margine di un dibattito tenutosi in occasione del Premio Filmcritica Umberto Barbaro, contesta al cinema ogni statuto mimetico, in difesa di una concezione "gestaltica", tesa a valorizzare il lavoro congiunto di percezione e immaginazione. Da segnalare, ancora, un saggio di Giona A. Nazzaro sul giapponese Shinya Tsukamoto e uno di Lorenzo Esposito sulla classicità di certo cinema realizzato da quei registi americani '(da John Frankenheimer a Michael Mann) che si sono fatti le ossa nella televisione.

Nella sezione dedicata alle uscite recenti troviamo due recensioni su Il fiore del male, una di Grazia Paganelli, sui meccanismi temporali e narrativi del film, e una di Lorenzo Esposito, sul cinema di Chabrol come ripresa ininterrotta di un discorso che non sembra potersi né volersi esaurire, di cui la messa in scena sarebbe la posta in gioco. Simone Emiliani si occupa di Prova a prendermi di Spielberg, mentre Alessandro Cappabianca mette polemicamente in discussione l'esistenza del recente cinema italiano (Muccino, Calopresti, Ozpetek) denunciandone la dipendenza eccessiva da schemi narrativi scontati e convenzionali.

Completano il numero, oltre agli interventi della consueta rubrica Lo spettatore critico, un'intervista al polacco Andrzej Zulawski e una, ricca e dettagliata, all'indiano Girish Kasaravalli.
Federico Pierotti


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