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Lucia Cardone

Con lo schermo nel cuore
Grand Hôtel e il cinema (1946-1956)

Pisa, Edizioni ETS, 2004, pp. 221, Euro 18
ISBN 88-467-1091-6

Quando Silvana Mangano leggeva «Grand Hôtel» in alcune scene di Riso amaro non era la sola a farlo; nello stesso periodo, insieme a lei, moltissime altre italiane si lasciavano ammaliare dalle copertine colorate, dalle tante immagini e storie del primo rotocalco femminile italiano a larga diffusione. Grazie a un ricco campionario di fumetti, fotoromanzi, rubriche, corrispondenze, informazioni e consigli, il tutto rigorosamente scelto e selezionato per andare incontro alle esigenze di un pubblico popolare, il settimanale milanese era uno dei più sfogliati da mani femminili negli anni della ricostruzione.

Sulla scia del recente interesse degli studi cinematografici per i cosiddetti fenomeni paratestuali, quelli in cui si realizza un «prolungamento su carte del discorso del cinema e sul cinema» (come spiega Lorenzo Cuccu nell'introduzione al volume, p. 10), Con lo schermo nel cuore di Lucia Cardone ripercorre i contenuti delle prime dieci annate di «Grand Hôtel» abbinando analisi testuale e studio della ricezione, secondo quella direzione socio-semiotica di indagine che ha offerto i migliori risultati nel descrivere le dinamiche del consumo di massa. Il caso esemplare di «Grand Hôtel» offre la via d'accesso a considerazioni generali sulle strategie di mediazione adottate dai rotocalchi nell'offrirsi a un pubblico popolare, in un decennio decisivo per la crescita e lo sviluppo dell'industria culturale italiana.

Lo studio è strutturato attorno a una tesi di fondo subito dichiarata. Secondo l'autrice, l'origine della fascinazione prodotta dal rotocalco sulle lettrici è da ricercare nell'esperienza cinematografica. Secondo questa prospettiva (differente da quella con cui la paraletteratura è stata indagata in ambito sociologico), il successo del settimanale deve essere spiegato come fenomeno inscritto all'interno di un più ampio insieme di relazioni intermediali, dentro cui la visione del film in sala assume il carattere di fulcro. Il cinema costituisce l'orizzonte di riferimento costante sia per gli autori della rivista sia per le abituali consumatrici, che vedono ricomporsi nelle forme narrative del romanzo a fumetti e del fotoromanzo le tracce di un discorso amoroso iniziato sullo schermo della sala. Gli intrecci, i contenuti, e perfino i riferimenti iconografici sono gli stessi che le spettatrici potevano ritrovare nelle forme del melodramma cinematografico matarazziano, genere campione di incassi per tutta la prima metà degli anni cinquanta. Perfino la lavorazione di queste forme popolari di racconto sembra eleggere a proprio modello il prodotto cinematografico; calzante e suggestivo, a questo proposito, il parallelismo proposto con le modalità operative del producer system hollywodiano.

Nei sei capitoli del volume - che presenta anche una nutrita bibliografia, sedici pagine di corredo iconografico, indice dei titoli e dei nomi - dopo un inquadramento generale dell'oggetto d'indagine nel quadro più ampio della letteratura paratestuale, è proposta un'analisi molto puntuale e approfondita dei diversi luoghi della rivista, dalle copertine alle diverse rubriche, dai fumetti ai fotoromanzi, ultimi a fare la loro comparsa tra le pagine del settimanale. All'interno di un lavoro complessivo caratterizzato da un gran numero di esemplificazioni, risultano di particolare interesse le parti dedicate alle forme narrative, di cui vengono studiati gli specifici regimi narrativi e livelli cognitivi attivati dalla comunicazione verbale e da quella iconica.

Passando a considerare i sistemi morali e i valori di riferimento convocati dalla gran messe di storie raccontate, emerge una contraddizione insanabile tra il versante romantico e il versante matrimoniale dell'amore. Una polarità che si riflette sul piano iconografico in due serie ben distinte, l'una generosamente sensuale e allusiva, l'altra austera e controllata, basata sui valori della sofferenza, del sacrificio e della passione, che mutua dal mélo cinematografico il ricorso alle immagini devozionali della Madonna. Il cuore delle tante eroine disegnate o fotografate, prese tra intense passioni e doveri matrimoniali, rivela, agli occhi di un'analisi che percorre a ritroso (e non senza ironia) i meccanismi di negoziazione del senso sul piano ideologico e morale, tutta la sua natura conflittuale, destinata ad essere forzosamente sanata in virtù di mai nascoste istanze moralizzatrici.

Uno dei meriti principali del lavoro, che dal cinema parte e al cinema fa ritorno, è allora quello di far emergere una contraddizione che pare costitutiva non solo del melodramma popolare e delle sue versioni su carta, ma anche di tanto altro cinema, che di questa contraddizione ha offerto versioni più intimamente conflittuali. Chissà se anche Gertrud, a quindici o sedici anni, sognava storie d'amore sfogliando rotocalchi.

 




Federico Pierotti


Copertina

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