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Theaterheute


2004, n. 12, euro 12,80
ISSN 0040 5507
Il confronto con il Faust di Goethe costituisce una costante della cultura teatrale tedesca, soprattutto quando si avvertono importanti cambiamenti sociali che sollevano una riflessione sul ruolo dell’intellettuale e della conoscenza nella contemporaneità. Così si spiegano due diversi allestimenti del Faust I realizzati da Jan Bosse nella Deutschspielhaus di Amburgo e da Michael Thalheimer nella Deutschen Theater di Berlino, entrambi recensiti nella sezione "Aufführungen" della rivista. La prima produzione trasforma il protagonista nel dramma goethiano in un uomo moderno. Edgar Selge indossa blue jeans e T-Shirt, si esprime con un linguaggio scorrevole, quotidiano, assai poco enfatico anche nei momenti di massima tensione con Mefisto (Joachim Mayerhoff), e nei dialoghi serrati con Margherita (Maja Schöne), figura femminile spigliata dai tratti molto sensuali. La versione berlinese presenta una scena vuota per dare risalto alla parola poetica, che si articola su ritmi armonici con frequenti silenzi e lunghe pause. Il regista trasferisce la vicenda in un campus universitario e sottintende, in certi momenti dello spettacolo, uno scontro tra cultura accademica e cultura alternativa. Tra gli attori si sono distinti Ingo Hülsmann (Faust) e Steven Lehmann (Mefisto).

Altra novità di rilievo è la messinscena di Weber di Gerhart Hauptmann firmata da Volker Lösch per la Staatsschauspiel di Dresda. Il testo, rivisitato dal drammaturgo Stefan Schnabel con l’innesto di espressioni moderne, si cala nella nostra contemporaneità, affronta con toni polemici la condizione del lavoro in un clima scenico agitato da venti di rivolta sociale, affidati all’interpretazione, tra gli altri, di Katarina-Roman Schröter e Wolf Goette.

E’ ricavato da Il giocatore, secondo romanzo di Dostoevskij scritto nel 1866, Zocker, spettacolo che segna il debutto di Johan Simon nella Volksbühne di Berlino. Sul palcoscenico lo scenografo Bert Neumann ha posizionato carcasse di vecchie Mercedes, metafora di spericolati e falliti business vissuti come gioco. Fedele alla linea artistica di Castorf, il giovane regista imposta la messinscena ricorrendo ai mezzi tecnologici per sviluppare coinvolgenti atmosfere cinematografiche di grande impatto visivo. Fanno parte del cast Paul Muller, Mira Parteche, Astrid Meyerfeldt, Elsie de Brauwn, Betty Schuurman.

As you like it di William Shakespeare è lo spettacolo allestito da Barbara Frey a Basilea. La regia sviluppa con delicatezza il tema della malinconia, e caratterizza l’identità dei personaggi sul registro delle passioni e dei sentimenti. Eliminate maschere e costumi dell’epoca, gli attori (Urs Jucker, Sandra Hüller protagonisti) indossano gonne e pantaloni di un generico Novecento.

"Dove porta il teatro?" è la domanda formulata dalla Deutsche Akademie für Sprache und Dichtung, alla quale risponde la regista Andrea Breth in un intervento pubblicato da Theaterheute. Gli argomenti principali sono il rapporto, vissuto in modo conflittuale, tra la parola del testo e la parola dell’attore attraverso l'interpretazione della regia; le differenze e le analogie emergenti nell'allestimento di un’opera classica e nella messinscena di un testo di autore contemporaneo; i limiti della critica specializzata, ancora troppo legata ad una visione ‘letteraria’ dello spettacolo che tende a mettere in secondo piano l’analisi della costruzione drammaturgia della rappresentazione, Andrea Breth usa la metafora della Torre di Pisa per inquadrare la condizione attuale del teatro, che per ‘raddrizzarsi’ deve approfondire la sua funzione pedagogica e recitare un ruolo di primo piano nella cultura della memoria storica.

Il ritratto del mese ("Portrait") è dedicato a Norman Hacker, attore di talento, soprattutto sul versante comico, che si è fatto applaudire sul palcoscenico del Thalia Theater di Amburgo, interpretando spettacoli di successo quali Nora di Stephan Kimmig, Cabale und Liebe di Michael Thalheimer, Floh im Ohr di Martin Kusej.

Un lungo e documentato articolo ripercorre la carriera di Fritz Kortner, attore fondamentale attivo nella Germania al tempo della Repubblica di Weimar poi esule durante il periodo nazista negli Stati Uniti, dove trovò occupazione artistica soprattutto ad Hollywood. Il suo rientro in patria segnò l’inizio di una strepitosa carriera, consegnando alla storia del teatro tedesco memorabili interpretazioni, tra le quali spiccano i ruoli del padre nell’omonimo dramma di Strindberg nella messinscena curata dallo stesso Kortner ai Kammerspiele di Monaco nel 1949, e di Filippo II in uno scandaloso Don Carlos di Schiller proposto l’anno successivo nello Hebbel Theater di Berlino.

Il testo del mese (Das Stück”) è Eldorado di Marius von Mayenburg. Il giovane scrittore spiega le caratteristiche dell'opera, il ruolo del linguaggio nella costruzione dei personaggi e nell'intreccio narrativo. Lo spesso autore firma la regia del suo Eldorado, recentemente allestito negli spazi della Schaubühne di Berlino.

Massimo Bertoldi


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