Il volume raccoglie gli atti del convegno di studi tenutisi a Udine nel gennaio 2003, nellambito della V edizione della serie "Lo sguardo dei maestri", ideata da Luciano De Giusti. La serie ha ormai acquisito, attraverso le precedenti analisi di altri grandi registi (Bresson, Buñuel, Tati, Ophuls), un collaudato iter, riassumibile in tre distinti passaggi: retrospettiva dellautore; convegno di studi; pubblicazione degli atti.
La critica cinematografica ha da sempre tratto dallopera di Dreyer continui stimoli intellettuali. Le posizioni della critica nei confronti del cinema di Dreyer sono state soprattutto in passato, almeno fino alla morte dellautore, contraddistinte da cautele problematiche: basti pensare alla storica tesi radicale di Arnheim su La Passione di Giovanna dArco, o ai riserbi di Kracauer, o alle diffidenze di Rohmer su Ordet, solo per citarne alcune.
Le pubblicazioni italiane ed estere su Dreyer sono di tale numero e rilevanza per levoluzione della critica cinematografica, che risulta necessario delimitare scopi e aspirazioni, nonché alcuni termini della fruizione, circa il volume qui esaminato.
Lintento di Germani e Placereani, i curatori, è di ridonare a colui che, ormai da tempo, ha conquistato status di maestro incontestabile, levidenza di una bellezza che sia comunicabile. Germani ritiene che, se non mancano pubblicazioni importanti e complete dellopera del regista danese, tuttavia esse non riescono a cancellare un certo timore e freddezza rintracciabili negli approcci allopera di Dreyer. Il quale, diversamente da altri riconosciuti maestri (come Rossellini, Renoir, Murnau o Lang), non è stato investito dal processo di slittamento dallevidenza di complessità alla godibilità.
Lo scopo del volume, ed è così spiegato anche il titolo, è ridestare il fascino e il coinvolgimento procurati dalla visione dei suoi film, cercando di recuperare la pulsione, il "profondo respiro sotteso al corso delle proiezioni dreyerane" (Germani).
Da un punto di vista più specificatamente critico-storico, gli interventi condividono uno stesso approccio metodologico: smentire la frattura fra fase "di formazione" e fase "della maturità" del regista (sostenuta e avvalorata in passato dallo stesso Dreyer). Hanno inoltre in Langlois, Bazin, Rohmer e nelle scoperte biografiche di Drouzy i punti di riferimento per l'analisi critica.
Per Dreyer si dispiega attraverso diciannove interventi critici, cui si aggiungono due testimonianze. Gli interventi seguono lordine cronologico dei film cui sono dedicati o riconducibili e, come spesso accade nelle raccolte di tale genere, presentano lunghezze, intensità e tagli differenti, momenti di sovrapposizioni e leggere dissonanze. Più che trattare in modo esaustivo i vari temi affrontati, si riscontra la volontà di porre al lettore stimoli e domande, utili per ulteriori approfondimenti.
I curatori non hanno avuto intenzione di trasmettere al lettore verità indiscutibili sul cinema di Dreyer, verità che non esistono e che mai confineranno lopera misteriosa e complessa del regista danese. Hanno, semmai, cercato di recuperare quello che già per Bazin doveva rappresentare la funzione della critica: "Non servire su di un piatto dargento verità rivelate, bensì prolungare, il più lontano possibile, nellintelligenza e nella mentalità dello spettatore, lo choc dellopera darte".
Riccardo Castellacci
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