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Sergio Brancato

La città delle luci. Itinerari per una storia sociale del cinema


Roma, Carocci Editore, 2002, pp. 159, euro 17,50
ISBN 88-430-2773-5
L'atmosfera della metropoli chapliniana, brulicante di luci emanate dalla ribalta dei teatri o dagli ingressi dei cinema, popolata di vagabondi, ballerine e fioraie, percorre fin dal titolo il bel volume di Sergio Brancato, dedicato al rapporto tra cinema, storia e sociologia.

È possibile usare il cinema - tutto il cinema, che sia d'autore o commerciale, documentario o di finzione - come fonte storica? Una tale questione porta l'autore a ripercorrere il rapporto tra cinema e storia nel corso del Novecento: ne emerge la necessità di leggere il rapporto tra gli eventi storici e la loro rappresentazione cinematografica in un contesto ampio, che vada al di là dell'analisi dei contenuti della singola pellicola (superando così la lezione, pure fondante, del Cinéma et histoire di Marc Ferro) e che inserisca il film nell'orizzonte dell'industria culturale con le sue strategie di produzione e di consumo; assunto, questo, che parte dal doppio ruolo del medium cinematografico messo in luce dagli scritti di Pierre Sorlin (naturalmente la Sociologia del cinema [1977], Milano, Garzanti, 1979, e poi La storia nei film [1982], Firenze, La Nuova Italia, 1984, e Cinema e identità europea. Percorsi nel secondo Novecento [1991], Firenze, La Nuova Italia, 2001), che vede per l'appunto il film non solo come fonte per comprendere l'epoca in cui è stato realizzato, ma anche come agente attivo di storia, poiché esso possiede un ruolo attivo di "vettore di trasmissione dei saperi sociali [...] nel quadro dello scambio di informazioni che ha luogo nella società grazie al moderno sistema dei media industriali" (p. 45). Il cinema appare così inserito appieno nel sistema dei media della società post-industriale, testimone e insieme motore di storia: questo il motivo, secondo l'autore, per cui ogni storia che voglia ricostruire mentalità, comportamenti e vissuti della vita quotidiana del Novecento non può prescindere dalla straordinaria fonte rappresentata dalle immagini inscritte sulla pellicola.

Brancato dà prova dell'efficacia della chiave di lettura da lui proposta applicandola sia al tema generale del rapporto tra cinema e industria culturale, sia, più in particolare, a una rilettura delle caratteristiche del film storico, terminando con l'indagare il caso dell'industria cinematografica italiana e aprendo infine a una visione del cinema nell'era delle tecnologie digitali. Ma è nell'itinerario nella rappresentazione della metropoli nel cinema, da Metropolis a Matrix e a La venticinquesima ora, che il cinema diviene davvero la città delle luci di Chaplin: per l'autore, quando il film registra le immagini della città moderna e le ingloba dentro di sé, finisce per restituirne un'immagine più luminosa e leggermente deformata, in cui lo spettatore, al contempo oggetto e soggetto di rappresentazione, mette in scena i propri desideri e li vede allo stesso tempo riflessi nel grande specchio dello schermo che, se li allontana privandoli del loro corpo e trasformandoli in fantasmi di luce, li rende, forse proprio per questo, ancora più attraenti.

Chiara Tognolotti


copertina

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