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Jean Cocteau: la riscoperta di un versatile enfant terrible

di Lorena Vallieri
  Jean Cocteau. La rivincita del giocoliere
Data di pubblicazione su web 19/04/2024  

La Collezione Peggy Guggenheim omaggia una delle personalità più influenti del Novecento attraverso una sorprendente retrospettiva: oltre centocinquanta tra disegni, opere grafiche, gioielli, arazzi, lettere, libri, riviste, fotografie, documentari e film che illustrano il virtuosismo estremo di un artista versatile ed eccessivo. La mostra, la cui ideazione è stata affidata a Kenneth E. Silver, storico dell’arte presso la New York University, ha il duplice scopo di mettere in luce la multidisciplinarietà e la straordinaria forza creativa del linguaggio artistico di Jean Cocteau senza trascurare quegli aspetti della sua vita che lo resero un enfant terrible poco amato: l’omosessualità, la tossicodipendenza, gli scandali, una posizione politica non sempre “chiara”. 

Se l’enigmatico disegno La Peur donnant des ailes au Courage (La Paura dona le ali al Coraggio), datato 1938, fu probabilmente creato per sostenere la causa repubblicana antifascista in occasione della guerra civile spagnola (fig. 1), durante l’occupazione di Parigi Cocteau cercò di blandire i nazisti, che lo consideravano un degenerato, pubblicando sulla prima pagina del giornale «Comoedia» Salut à Breker (23 maggio 1942), un omaggio dedicato al principale scultore nazista grande amico di Hitler. Una presa di posizione che deluse profondamente alcuni suoi amici e sostenitori e che lo perseguitò a lungo, anche se durante l’épuration postbellica del 1944-1945 fu assolto dall’accusa di collaborazionismo da diversi tribunali.

Fig. 1. Jean Cocteau, La Peur donnant des ailes au courage (La paura dona le ali al coraggio), 1938, grafite, gesso e pastello su cotone, Collezione Phoenix Art Museum, Donazione Mr. Cornelius Ruxton Love Jr. 
© Adagp/Comité Cocteau, Paris, by SIAE 2024

Osteggiato da parte della critica, Cocteau veniva considerato un artista “circense” nel senso negativo del termine, una personalità abile ma superficiale, persino fasulla, più che un artista serio: «un clown brillante, un mago da baraccone, un dilettante e un impostore», come recita una delle tante testimonianze riportate da Silver nel catalogo edito da Marsilio (pp. 17-18). Emblematica la fotografia scattata da Philippe Halsman nel 1949 per la rivista «Life», non a caso scelta come simbolo della mostra (fig. 2). L’artista è ritratto come una sorta di Shiva, un giocoliere a sei braccia che si destreggia tra vari strumenti: maneggia penna, pennello e forbici mentre tiene in mano un libro aperto e fuma una sigaretta. «Un virtuosismo così estremo sconcerta le menti abitudinarie innamorate delle classificazioni», afferma nel 1957 l’amico e critico letterario André Fraigneau (p. 17). «Cocteau è tanto bravo a disegnare quanto a scrivere. Parla come uno dei suoi libri. Ha recitato e prodotto opere teatrali. Ha lavorato nel cinema e ha creato film archetipici che i registi professionisti copiano ogni giorno. […] Il suo ultimo lavoro è la decorazione della cappella di Villefranche. […] Anche i più bendisposti s’ingannano ancora con l’idea che “i suoi talenti sono troppo ricchi e contraddittori per permettergli di concentrarsi”» (p. 17). Più che versatile e capace di cimentarsi con successo in una gamma sorprendente di tecniche espressive, Cocteau era considerato un irresoluto.



Fig. 2. Philippe Halsman, Jean Cocteau, 1949, New York, USA
© Philippe Halsman / Magnum Photos

La retrospettiva veneziana ha dunque il merito di dimostrare quanto siano errate queste prese di posizione, ma anche quello di ricordare il duraturo rapporto di amicizia che lo legò a Peggy Guggenheim che, dietro suggerimento di Marcel Duchamp, gli dedicò la prima mostra allestita nella galleria londinese Guggenheim Jeune (1938). L’esposizione includeva numerosi studi per i costumi dei personaggi creati dall’artista per la sua recente commedia I cavalieri della tavola rotonda (1937) e i relativi arredi, nonché due disegni di grandi dimensioni su lenzuola di lino realizzati appositamente per l’occasione. Tra questi il già citato La Paura dona le ali al Coraggio, ricordato dalla mecenate americana in una delle tante pagine della sua autobiografia Una vita per l’arte (1979) dedicate a Cocteau: «uno era un soggetto allegorico dal titolo La Paura dona le ali al Coraggio, e includeva un ritratto dell’attore Jean Marais che, con altre due figure molto decadenti, compariva con i peli del pube scoperti. Cocteau vi aveva attaccato delle foglie, ma il disegno provocò un grande scandalo alla dogana britannica, che lo bloccò a Croydon […]». Solo dopo estenuanti trattative la collezionista poté esporre l’opera, non al pubblico della mostra, ma privatamente a pochi amici nel suo ufficio presso la galleria. Da quel momento tra i due nacque una profonda amicizia, come attesta un disegno tratto da uno dei libri degli ospiti di Peggy Guggenheim nonché una caricatura in una lettera a lei indirizzata (fig. 3).



Fig. 3. Jean Cocteau, frammento di Lettera illustrata, Ritratto di Peggy Guggenheim, s.d. (1956 c.), Inchiostro su carta, Collezione privata
© Adagp/Comité Cocteau, Paris, by SIAE 2024

Quello del rapporto con Peggy e, più in generale, con Venezia è solo uno dei capitoli attorno a cui si snoda il percorso espositivo veneziano. Tra gli argomenti affrontati anche Orfeo e il tema della poesia, l’eros, il classico nell’arte, l’impegno nel cinema e nel design di gioielli, il rapporto ambivalente che lo legò a Cubismo, Dadaismo e Surrealismo, gli amici e gli amanti, il suo coinvolgimento nel mondo pubblicitario, l’impatto che la sua arte ebbe su artisti del calibro di Andy Warhol, Félix González-Torres e Pedro Almodóvar.



Fig. 4. Jean Cocteau, Masque pour la pièce Antigone (Maschera per Antigone), 1923, Rete metallica, scovolino per pipa e perline, Parigi, Bibliothèque National de France, Fondo Charles Dullin (1885–1949)
© Adagp/Comité Cocteau, Paris, by SIAE 2024

La mostra è anche una rara occasione per ammirare La spada d’Accademico di Cocteau, realizzata nel 1955, su suo disegno, da Cartier, in oro e argento, con smeraldi, rubini, diamanti, avorio (in origine), onice e smalto (fig. 5). Racchiusi in questo oggetto di estrema raffinatezza, si trovano il profilo di Orfeo, che fu per decenni il fulcro dell’identità artistica di Cocteau, una lira e una stella, anch’esse simboli ricorrenti nell’opera dell’artista. La spada fu utilizzata il 20 ottobre 1955 quando venne conferito all’artista il titolo di Accademico di Francia.


Fig. 5. Cartier Paris, La spada d’Accademico di Jean Cocteau, 1955, Oro, argento, smeraldo, rubino, diamante, opale bianco (originariamente avorio), onice, smalto blu e lama in acciaio, Collezione Cartier
© Adagp/Comité Cocteau, Paris, by SIAE 2024

Opportuno segnalare, in conclusione, anche il ricco catalogo illustrato, edito da Marsilio Arte, che raccoglie un contributo del curatore in cui vengono ripercorse le vicende umane e artistiche di Cocteau e un saggio di Blake Oetting sulle riprese della figura di Orfeo. Chiudono il volume un’utile cronologia e l’elenco delle opere esposte.







Jean Cocteau. Lettera illustrata, Ritratto di Peggy Guggenheim, s.d. (1956 c.), Inchiostro su carta, Collezione privata © Adagp/Comité Cocteau, Paris, by SIAE 2024.
 
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