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La casa dei Rosmer

di Matilde Innocenti
  La casa dei Rosmer
Data di pubblicazione su web 28/03/2024  


Elena Bucci e Marco Sgrosso tornano al Teatro Metastasio di Prato per la prima nazionale di La casa dei Rosmer, una rilettura di Rosmersholm, dramma del norvegese Henrik Ibsen datato 1886 e considerato uno dei suoi lavori più complessi e ambigui. Il progetto, realizzato grazie all’elaborazione drammaturgica e alla regia della stessa Bucci con la collaborazione di Sgrosso, si avvale del testo di Ibsen per «trarre le radici delle contraddizioni che viviamo nel nostro presente» (cfr. dal programma di sala). L’opera infatti esplora la tensione tra passato e presente, tra convenzione e cambiamento, tra gioia e dolore, tra luce e ombra, binomi che rendono immediata l’analogia con l’attualità, in quanto «scenari che si ripetono nella storia», come si legge nel programma di sala. 


L’ex pastore protestante Johannes Rosmer, un anno dopo la perdita della moglie, morta suicida, sceglie di affrancarsi dal passato, in favore di nuovi ideali riformisti. A Rebecca West, un tempo governante nella signorile casa Rosmer e rimasta lì in seguito al suicidio dell’amica, viene imputato questo inspiegabile e radicale cambiamento. Rosmer, osteggiato dal cognato Kroll, logorato dai rimorsi, perseguitato dai “cavalli bianchi” (suggestiva personificazione dei morti del passato), inizia la sua discesa verso le tenebre. Svelato il mistero del suicidio della moglie Beata, istigato dalla stessa Rebecca, Rosmer le chiede di uccidersi nello stesso modo, gettandosi nella gora del mulino. Lei accetta; in fondo «non è più tempo di vita o di fughe». L’amore e la disperazione che li uniscono portano Rosmer a una scelta definitiva: morire con lei, poiché «ormai siamo un essere solo». Insieme, occhi fissi verso il niente guardano oltre un futuro che non vivranno. Due nuovi cavalli bianchi si aggiungono ai fantasmi di casa Rosmer. Il brano When the day is done di Nick Drake accompagna il finale, mentre i cinque attori, spalle al pubblico, si avviano verso il sentiero che conduce al ponte.



Un momento dello spettacolo
© Ilaria Costanzo


La scena, piuttosto essenziale, è composta da sei sedie scure ai due lati del palcoscenico; un vaso ricco di coloratissimi fiori è posizionato in proscenio. Significativa la presenza di fondali, “screen” funzionali a sottolineare un’astrazione simbolica, dietro cui i personaggi agiscono consegnando al pubblico ombre talvolta statiche, talaltra in movimento. L’impianto scenico, curato da Nomadea con l’assistenza di Nicoletta Fabbri, restituisce un interno ibseniano spogliato degli arredi borghesi. Un ambiente essenziale, quasi asettico, a rappresentare una casa dove, come dicono gli stessi personaggi, «i bambini non piangono mai e quando diventano adulti non ridono mai», ma che pur ospita intense passioni, inquietanti segreti, pesanti colpe passate, aneliti di un futuro che non si compirà. In accordo con la scenografia, si sviluppa il progetto luci di Daria Grispino: insieme determinano spazio e atmosfera, poveri di orpelli ma investiti di un nuovo simbolismo.


Un momento dello spettacolo 
© Ilaria Costanzo


A Raffaele Bassetti è affidata la drammaturgia sonora. La musica svolge un ruolo di accompagnamento e commento all’intera messinscena, seguendo e sottolineando il progredire dell’azione e i mutamenti degli stati interiori dei personaggi. Il tappeto sonoro si rivela fondamentale nella definizione di un ambiente oppressivo, dove «si soffoca», come sostiene Rebecca. Voci registrate risuonano nei cambi di scena, mentre gli attori volteggiano, imitano il gracchiare dei corvi, e la Bucci, tra una giravolta e l’altra, cambia soprabito. Abiti cangianti, curati da Marta Solari con la collaborazione di Marta Benini e Manuela Monti, vestono i personaggi del fosco dramma, che camminano accompagnati dal fruscio delle stoffe.


Se Elena Bucci è Rebecca West e Marco Sgrosso è Johannes Rosmer (sua controparte maschile), il resto del cast è affidato a Emanuele Carucci Viterbi, che incarna il rettore Kroll con grande rigore rispettandone l’austerità; a Francesco Pennacchia, sdoppiato nei due ruoli di Ulrik Brendel e Madama Helseth, rivestiti con creativa efficacia; e a Valerio Pietrovita, interprete vivace del più ironico e insidioso Peder Mortensgaard, simbolo del liberismo e del progresso.


Un momento dello spettacolo
© Ilaria Costanzo

La recitazione di Sgrosso, misurata, in accordo con il contegno e l’autocontrollo propri del personaggio, è costellata da brevi ma significativi attacchi di rabbia, che scuotono il personaggio, esprimendo le sotterranee passioni in un conflitto personale che rimanda a quello sociale. La Rebecca West di Bucci siede e danza leggera, ride e sorride cercando col volto la luce. Gesticola ossessivamente con le braccia quando il confronto con il passato è dolorosamente insopportabile. La recitazione dell’attrice diviene intensa al culmine delle situazioni più tormentate, esplicandosi in gesti ampi e drammatici ben riconoscibili, memoria delle eroine tragiche. Si illumina quando ricorda la passionalità selvaggia da cui è stata travolta, si prende il viso tra le mani nervosamente e spesso chiude gli occhi.


In questo racconto, parabola dell’esistenza, «i protagonisti cercano di strapparsi al passato, con il suo peso di obblighi, colpe, errori, per proiettarsi in un futuro dove possano sentirsi utili, servire la verità, la libertà» (cfr. dal programma di sala). Rosmer crolla quando vede quell’ideale svanito e afferma in scena: «Nobilitare gli uomini è un’utopia».




La casa dei Rosmer
cast cast & credits
 


Locandina dello spettacolo visto al Teatro Metastasio di Prato,
in data 19 marzo 2024

 
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