È simbolica e apocalittica la
danza di Universe: A Dark Crystal
Odyssey, lultimo lavoro di Wayne
McGregor creato per la Company Wayne McGregor e presentato con successo al
Teatro Valli di Reggio Emilia. Lo spettacolo, in tournée in Italia, ha
debuttato a Londra alla Royal Opera House a maggio 2023 ed è un tipico esempio
di danza engagée che contestualizza
il linguaggio del corpo per riflettere sullattuale crisi climatica con lausilio
della tecnologia digitale e la forza delle immagini.
Fonte di ispirazione è il film The Dark Crystal di Jim Henson e Frank Oz,
una pellicola fantasy del 1982 girata interamente con «pupazzi animatronici e
burattini», in cui come in un racconto mitico si narra della rottura del magico
Cristallo della Verità ad opera di tre soli che ruotavano intorno al pianeta
Thra. Nello spostarsi gli astri rompono questo scrigno salvifico dando inizio a
una divisione razziale e a una mentalità manichea. Ai malvagi Skeksis si
oppongono i mistici urRu e toccherà al giovane Jen, cresciuto ed educato dai
Mistici, ricomporre il dark crystal recuperando
un Frammento custodito dallosservatrice astronomica Aughra. Dopo numerose
peripezie e scontri tra le forze del Bene e del Male, si avvera la profezia e Jen
riesce a ritrovare il Frammento e a ricostituire lintegrità della pietra.
Magicamente il Cristallo riparato fonde gli Skeksis e i Mistici negli UrSkeks e
su Thra ritorna lordine e larmonia e la vita può ricominciare. Gli Urskeks si
dirigono poi nello spazio e lasciano a Jen e alla sua amata Kira il Cristallo
della Verità. Spetterà a loro ricostituire il nuovo mondo con la luce della
magica pietra.
McGregor per il suo spettacolo
tiene presente la storia ma la “ecologizza” grazie alla drammaturgia di Uzma Hameed e così Thra diventa la
nostra Terra ferita e bisognosa di essere salvata dalla proterva mano delluomo;
lo scontro tra Skeksis e Mistici allude alle divisioni ideologiche e razziali
che funestano la polis umana; gli
UrSkeks simboleggiano una nuova umanità più giusta e responsabile che tiene
conto delle diversità e le rende una risorsa.
Un momento dello spettacolo
© Andrej Uspenski
«Noi siamo uni-verso, viviamo in un
unico mondo» – afferma McGregor – ma qual è «il nostro Cristallo? Qual è lOscurità
che ci minaccia? Dove sono i nostri eroi? Come possiamo trovare la salvezza?».
Domande che questo pluripremiato e osannato dancemaker
si pone e a cui tenta di dare una risposta con un concept creativo che cattura lo spettatore e lo immerge in una
realtà altra, multimediale e virtuale eppure umana e terrena.
Lo spettacolo si apre con una
scena marina accompagnata dal rassicurante rumore dellacqua, simbolo di vita,
e dallapparizione di un enorme pesce rosso che si muove libero nel suo
ambiente naturale e verso gli spettatori, rapiti dallo slow motion tridimensionale. I danzatori, parte integrante di
questo paradiso, rappresentano un universo di pace e prosperità che viene
sconvolto allimprovviso dalla potente immagine del Cristallo che si disgrega,
perde un Frammento e ci proietta in una dimensione apocalittica. Come in un
documentario appaiono foreste infuocate, vaste desertificazioni, disastri
ambientali, mentre la musica elettronica di Joel Cadbury accentua la distopia della situazione e lo
straniamento è amplificato dai versi di Isaiah
Hull che, come un mantra, denuncia lo scriteriato comportamento delluomo e
ricorda che a pagarne il prezzo saranno le generazioni future. Anche per
McGregor, però, esiste un barlume di speranza e alla fine, davanti a un albero
della vita, un uomo e una donna si uniscono per dare inizio a una nuova umanità
che ha ritrovato il senso della magica pietra filosofale. Quel Dark Crystal che potrà salvarci da noi
stessi e sanare le ferite inferte alla nostra Terra.
Pur nella farraginosità di alcuni
passaggi, dati dallincalzare di “quadri” in movimento e dalla continua e
ipnotica sollecitazione visiva, restano impresse le sequenze metamorfiche, fra
le quali quella assai suggestiva della medusa che nel dissolversi si trasforma
in una foresta desertificata, e il modo in cui i ballerini si amalgamano con lo
stupefacente film design di Ravi Deepres.
Una fusione a cui concorrono i costumi e copricapi avveniristici di Philip Delamore e Alex Box e il cangiante lighting
design di Lucy Carter.
Un momento dello spettacolo
© Andrej Uspenski
Lazione coreografica si
sostanzia nellanimazione digitale e i dieci danzatori (Winnie Asawakanjanakit, Rebecca
Basset-Graham, Naia Bautista, Jordan James Bridge, Chia-Yu Husu, Hannah Joseph, Jasia
Marshall, Salomé Pressac, Salvatore De Simone, Mariano Zamora Gonzalez) perdono la
loro consistenza corporea per diventare soggetti animati dellaccadimento
sinestetico. Una coppia in blu mima il movimento dellacqua e unaltra danza
davanti a una galassia; un trio in costume adamitico penetra il fascio di luce
solare; un ensemble in leotard rosso fuoco si muove davanti ad
alberi in fiamme; un altro in tute flou
richiama il brillare delle stelle; un altro ancora nei disegni tatuati sulle membra
riproduce le attorcigliate radici di un maestoso albero che si muove lentamente
sulla scena.
E in tutto questo non passano
inosservati il piglio interpretativo e la tecnica dei protagonisti. La danza si
fa potente e figurativa nel suo essere sinusoidale ed elicoidale, roteante e
atletica e il fluire energico e dinamico di passi e legati sfida la velocità
delle immagini con uno stile “transcontemporaneo” inconfondibilmente “mcgregoriano”.
Universe:
A Dark Crystal Odyssey è un monito e un appello affinché
non tutto sia perduto. Convinti sono gli applausi del pubblico concorde con la
presa di posizione ambientalista ed ecologista di Wayne McGregor.