Il sipario si apre su un grande salotto contemporaneo,
curato e di uneleganza fredda, severa: le pareti sono grigie, le porte, le boiseries, gli arredi bianchi. Sul
fondo, al centro, la porta che conduce alla stanza dei bambini, i protagonisti
dellopera. Le scene di Paolo Fantin rivelano lelemento centrale della lettura
che di Médée di Luigi Cherubini dà Damiano Michieletto (regia) in
collaborazione con Mattia Palma (drammaturgia). Per la prima volta dopo le due
leggendarie riprese con Maria Callas nel 1953 e nel 1961 (sempre nella
traduzione italiana di Carlo Zangarini), lopera arriva alla Scala nelloriginale francese: Cherubini la compose su un libretto di François-Benoît
Hoffmann nel 1797 per il Théâtre Feydeau di Parigi. Qui si rappresentavano opéra
comiques, spettacoli che al canto alternavano dialoghi parlati o melologhi;
i recitativi sarebbero stati aggiunti da Franz Lachner nel 1855, dato il
successo che lopera godette nei paesi di lingua tedesca già dai primissimi
anni del XIX secolo.
Michieletto elimina i parlati in versi alessandrini di
Hoffmann (ne restano solo dei brevi frammenti nel terzo atto, quando per Médée
Cherubini ricorre al melologo, sostenendo la recitazione con lorchestra) e li
sostituisce con nuovi dialoghi in prosa (di Mattia Palma) adesso affidati ai
soli figli di Médée e Jason. Sono loro che nel palazzo di Creonte osservano e
raccontano della loro famiglia dorigine ormai a pezzi e di quella nuova che
non sa accoglierli con affetto davvero sincero. Lo fanno come lo fanno i
bambini, bisbigliando tra loro quando nessuno li vede, cercando di dare come
possono un senso alla vita incomprensibile degli adulti che amano e che però
sanno farsi e fargli solo del male. Le loro parole giungono al pubblico
registrate (le voci sono di Timothée Nessi e Sofia Barri), come raccolte da
microfoni nascosti in quella stanza al fondo della scena. I bambini che vediamo
sul palco sembrano sempre felici (i bravissimi Tobia Pintor e Giada Riontino):
felici di stare con la loro madre, sebbene distrutta dallabbandono, felici
degli agi e dei giochi della nuova bella casa. Ma dalle loro parole dette
sussurrando, nella Médée secondo Michieletto siamo costretti a
confrontarci con le loro ansie, le loro paure.
Un momento dello spettacolo
©Vito Lorusso
La loro innocenza di fronte a situazioni difficili fa
tenerezza, e rende la fine della vicenda ancora più straziante: Médée li uccide
mettendoli a letto con uno sciroppo dolce e letale insieme. Tutto accade dietro
la porta della loro cameretta, ripreso da telecamere a circuito chiuso e
mostrato su un grande schermo sulla scena a beneficio del pubblico in un bianco
e nero trasandato e raggelante. Nel finale Médée non vola via su carro trainato
da draghi, si accuccia sul divano. Nella lettura di Michieletto, il suo non è
il gesto grandioso di uneroina mitologica, ma il gesto disperato di una madre
assassina di oggi. Lopera si chiude con Jason che alle sue spalle picchia con
violenza sulla porta di quella terribile cameretta, inchiodato a quelle
responsabilità di padre e sposo dalle quali cercava vigliaccamente di
sottrarsi. Un momento dello spettacolo
©Vito Lorusso
Per il ritorno dellopera dopo settantanni di assenza,
la Scala ha puntato molto su Marina Rebeka (Médée) una delle cantanti più
interessanti dellultimo quindicennio, capace di misurarsi sia con le
difficoltà tecniche e interpretative del ruolo del titolo, sia con il ricordo
lasciato da Maria Callas, il cui mito deve moltissimo proprio a quel ruolo.
Rebeka ha tutte le qualità che la parte richiede: un registro ampio, la
facilità nel canto di sbalzo e, soprattutto, una vocalità solidissima, che le
permette di affrontare una tessitura particolarmente impegnativa, e di farlo
senza per questo sacrificare il lato espressivo o attoriale che Médée richiede.
Rebeka è tutta nel suo personaggio che ricrea con gli sguardi, col corpo, non
meno che con la voce, come una diva del cinema. Un momento dello spettacolo
©Vito Lorusso
Dopo il successo delle prime due recite, vittima
dellinfluenza, Rebeka è stata sostituita per le recite del 20 (da Maria Pia
Piscitelli) e del 23 gennaio (da Claire de Monteil). La serata del 26 segnava
il suo ritorno in scena, ma un accesso di tosse le ha impedito di cantare
alcune frasi finali dellaria (“Vous
voyez de vos fils; “Dei tuoi figli la madre”, nella versione italiana)
del primo atto, rendendo così necessaria di nuovo la sostituzione con Claire de
Monteil. De Monteil è stata unottima interprete, capace di far emergere il
personaggio attraverso le difficoltà della scrittura di Cherubini, dominate con
sicurezza e sempre con grande cura dellemissione. Si ha limpressione che a
tratti lattenzione alla bellezza del suono prevalga a scapito dellaccento
(penso soprattutto al terzo atto, affrontato da de Monteil con molta cautela),
ma è un dettaglio. Stanislas de Barbeyrac ha un ruolo ingrato, perché, come
Pinkerton, Jason è uno dei personaggi più spregevoli nella storia del
melodramma. Linizio dellopera lo ha visto meno a fuoco al cospetto della
Médée di Rebeka nel grande duetto tra i due protagonisti, ma la sua è stata una
serata in crescendo. Molto bene Martina Russomanno nei panni di Dircé, in un
ruolo dalla tessitura impossibile. Corretta, ma non particolarmente incisiva,
la Néris di Ambroisine Bré. Di fronte a voci importanti o comunque ben proiettate
il Créon di Nahuel Di Pierro si è visto messo in ombra, nonostante le capacità
attoriali dellinterprete. Davvero molto bene la 1ère e la 2ème femme,
nellordine Greta Doveri (allieva dellAccademia di perfezionamento della
Scala) e Marta Gaudenzi.
Splendida la direzione di Michele Gamba. Splendida per
la precisione con cui ha condotto lOrchestra della Scala attraverso la
scrittura tagliente e insieme complessa di Cherubini. Splendida per luso dei
colori, sempre curatissimi nonostante una lettura ritmicamente incalzante.
Splendida, infine, per la capacità di tenere la tensione nei momenti in cui la
partitura si fa caotica e convulsa, come nel preludio al terzo atto,
straordinario per la musica di Cherubini e per come Gamba lha saputa rendere.
Successo pieno per tutti, in
particolare per De Monteuil e Gamba, in una Scala pienissima. Lascia sempre
interdetti assistere al fuggi-fuggi generale dopo poche chiamate, a fronte di
un esito così unanimemente positivo.
|
|