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Un curioso accidente

di Italo Papandrea
  Un curioso accidente
Data di pubblicazione su web 24/01/2024  

Sala affollatissima al Teatro della Pergola per l’ultimo lavoro di Gabriele Lavia che, dopo Il berretto a sonagli di Pirandello, ha scelto di ridar vita a un testo goldoniano semidimenticato. Rappresentato per la prima volta l’11 ottobre 1760 nel veneziano Teatro di San Luca, Un curioso accidente ha in effetti avuto rare riprese recenti, nonostante la buona fortuna scenica ottocentesca protrattasi fino al primo decennio del secolo scorso. 

Già prima dell’inizio dello spettacolo, il lavoro di Lavia mostra però di volersi tenere lontano da un’operazione di innocua spolverata: mentre il pubblico prende posto in sala, il sipario è già sollevato; una decina di spettatori prende posto direttamente sul palcoscenico, su due piccole file di poltroncine rosse sistemate di sbieco sul lato sinistro, identiche a quelle della platea. Tutto lascia pensare che, qualunque sia la creatura che prenderà vita in scena, non vorrà restarvi assorta nella sua rappresentazione ma sarà pronta a traboccare platealmente e anche un po’ a vantarsene, come sembra borbottare fra le pesanti pieghe il grande drappo rosso sullo sfondo che pittorescamente pende obliquo dall’alto, invade come un torrente la scena e si riversa al di là della ribalta.


Un momento dello spettacolo
© Filippo Manzini 

Il resto della scenografia, realizzata da Alessandro Camera, si accorda a questa impronta di straniamento: due pianoforti verticali a sinistra, uno specchio da camerino circondato da lampadine (non tutte funzionanti, come sottolinea lo stesso Lavia al pubblico) e una piccola toilette a destra, un’altalena al centro, una corona di faretti moderni che osservano dall’alto. Un’atmosfera lievemente allucinata e in rovina, come sottolinea lo stesso regista nell’intervista di Angela Consagra contenuta nel programma di sala: «La scenografia sopravvive ma è tutta rotta, come se il teatro che noi vogliamo fare fosse ferito e crollato». 

Lo spettacolo inizia confermando tutti i sospetti sul suo carattere particolare: la troupe irrompe al completo totalmente vestita di nero e cantando; Lavia apre le danze e da esperto imbonitore dà carne umana alla prefazione (L’autore a chi legge) scritta dallo stesso Goldoni. L’avviso al lettore stampato prende in scena il sapore di un prologo che, aggirando il rischio di diventare una lezione un po’ supponente, dà qualche breve informazione sul Caffè della Sultana in piazza San Marco a Venezia – presso il quale l’autore sarebbe venuto a conoscenza del fatto poi trasformato in commedia – e sul contesto storico generale (la guerra dei Sette anni).


Un momento dello spettacolo
© Filippo Manzini 

L’intreccio si annoda e si scioglie con delicatezza e nel segno di una grandissima ironia, che brilla ovunque: nella rappresentazione dello zelo paternalistico e ingenuo di Monsieur Filliberto (Lavia); nelle occhiate severe e nei rimbrotti trattenuti a fatica da sua figlia, Madamigella Giannina (Federica Di Martino) indirizzati al suo segreto amante, il tenente francese Monsieur de la Cotterie (Simone Toni); negli spasmi d’amore di Madamigella Costanza (Beatrice Ceccherini); nei modi burberi di suo padre, Monsieur Riccardo (Andrea Nicolini). Lavia sceglie di colorare espressionisticamente, fin quasi a forzarlo, il comico goldoniano e lo fa con una rete di moine mimiche che, condivisa da tutti gli attori, sembra sia parodiare gli usi settecenteschi sia mettere morbidamente alla berlina lo stesso testo: è una nuvola di virgolettato gestuale sospesa sulle teste degli attori (danzato da polsi e mani che si avvitano o si allungano innaturalmente) che avvolge e stropiccia continuamente le battute. In questa direzione si collocano anche le movenze ora elettriche ora dinoccolate dello stralunatissimo Monsieur de la Cotterie (e del bravissimo Simone Toni che lo interpreta e che spicca subito, specialmente nel primo atto), le riverenze affettate oltre misura delle due madamigelle rivali Giannina e Costanza, lo scatarrare insistente di Monsieur Riccardo. 

Il testo di Goldoni diventa per Lavia il trampolino sul quale far saltare, a turno o tutti insieme, i suoi attori e le sue attrici per farli restare perennemente a mezz’aria, sospesi in un tempo altro, di assoluta leggerezza. Leggerezza nutrita dal sottofondo pianistico perpetuo e delicato (quello delle musiche eseguite in scena dallo stesso Andrea Nicolini, personaggio e contemporaneamente presenza extradiegetica) che punteggia l’azione, prendendo negli attimi più concitati il sopravvento e rovesciando a volte tutto quasi in slapstick comedy. Leggerezza che non lascia indenni i costumi di Andrea Viotti, pensati quasi per sineddoche: delle robe e roboni che di settecentesco conservano solo le forme, larve versicolori. Leggerezza che giustifica l’unica manomissione vistosa all’originale: l’inserimento fugace ma d’effetto di un Arlecchino, di cui dà una prova convincente Lorenzo Volpe. Leggerezza che trova la sua incarnazione scenica più esplicita nel lasciarsi andare del ricco mercante olandese Monsieur Filliberto al divertimento dell’altalena e che sembra fare l’occhiolino a quella celebre dipinta da Fragonard nel 1767.


Un momento dello spettacolo
© Filippo Manzini 

Applausi a scena aperta più che meritati: Lavia gioca e ama far vedere quanto gioca e si diverte, facendo di Un curioso accidente uno spettacolo dalla civetteria affettuosa senza essere arrogante nonché un grande omaggio al teatro italiano e a uno dei suoi più celebri autori.



Un curioso accidente
cast cast & credits
 


Un momento dello spettacolo visto al Teatro della Pergola di Firenze 
il 20 gennaio 2024
© Filippo Manzini

 
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