In
barba ai quasi ottantotto anni di età, il due volte Palma doro Ken Loach ha
presentato in anteprima, durante la 76ª edizione del Festival di Cannes, The
Old Oak. Il ventisettesimo lungometraggio dellautore inglese segue di
quattro anni luscita di Sorry We Missed You (2019), ennesimo risultato
di una delle collaborazioni più fruttuose della storia del cinema, quella tra
il regista e lo sceneggiatore Paul Laverty. I due ritornano
nellInghilterra contemporanea per affrontare alcune delle tematiche a loro più
care: dalle difficoltà legate al mondo del lavoro e allintegrazione fino ai
tentativi di promuovere una diffusa solidarietà di “classe”. La coppia – la cui
prima realizzazione comune risale a La canzone di Carla (Carlas Song,
1996) – si propone qui di scuotere la coscienza degli spettatori attraverso una
mirata denuncia politica che passa per la costruzione di personaggi tragici,
incarnazioni viventi delle ingiustizie a cui assistono o a cui sono sottoposti,
fra tradimenti, vendette, incomprensioni e sogni di rivalsa.
Una scena del film
2016.
In un ex località mineraria situata nel nord-est dellInghilterra giunge un
giorno un pullman con a bordo un nutrito gruppo di rifugiati siriani, in
maggioranza donne e bambini. Fuori li attende linsofferente popolazione del
posto, la quale patisce ormai da anni lassenza di lavoro e la sempre più
stringente condizione di ristrettezze economiche, manifestando di fatto la
propria irritazione con insulti e grida. Uno di essi, a un certo punto, manda in
frantumi la Reflex di una giovane siriana appena arrivata, Yara (Ebla Mari),
la quale stringerà amicizia con TJ Ballantyne (Dave Turner),
proprietario dellOld Oak, lultimo pub rimasto aperto in città. A
simboleggiare liniziale stato di sconforto e abbandono della cittadina è la
primissima inquadratura del locale, con la lettera «K» dellinsegna quasi
completamente staccata dalla parete. Lormai polverosa e negletta stanza sul
retro pullula di fotografie che ripercorrono la storia recente del posto, dalle
manifestazioni sindacali alla solidarietà tra i minatori. TJ decide però un
giorno di rimetterla a nuovo, aggrappandosi al passato con uno sguardo al
futuro proprio come fa il protagonista di Jimmys Hall (2014): lidea è
quella di istituirvi una mensa che fornisca cibo gratuito ai profughi ma anche
agli abitanti costretti alla miseria. Lui e Yara rappresenteranno le rispettive
comunità relegate ai margini, in crisi, le quali cercheranno a fatica un punto
dincontro e unagognata solidarietà reciproca.
Una scena del film
The
Old Oak è
un film costellato di chiusure: dalle porte delle case agli atteggiamenti degli
abitanti, amareggiati e inviperiti per una società sorda che viaggia a due
velocità. Uno dei paesi più ricchi del globo sembra dimenticarsi degli ultimi,
come accade anche nel pluripremiato I, Daniel Blake (2016). Il volto di
Turner è invece un paesaggio segnato da una miriade di scelte sbagliate, da un
figlio che ha smesso di parlargli, da una moglie spirata prematuramente e da un
amato padre perito anni prima in miniera come tanti altri compaesani. Attorno a
lui, gli autori del film costruiscono un apparato umano, forse leggermente
manicheista, di individui con pulsioni fratricide, tutti condannati a una
periferia inglese che si erge a periferia universale. Si aggiungano al contesto
anche quelle convinzioni xenofobe che appartengono un po a chiunque, della
serie “non sono razzista ma…”. La guerra tra poveri è ancora una volta centrale
nella visione di Loach, come nel 1993 lo fu in Raining Stones, il cui
titolo era debitore allamaro proverbio inglese “quando piove sui poveri
piovono pietre”. Oltre alle chiusure, il film è costantemente in dialogo con la
fotografia, presente sin dai titoli di testa – con una serie di scatti in
bianco e nero degli autoctoni inferociti per larrivo dei profughi – diventando
in seguito centrale con il personaggio di Yara che, grazie al proprio
apparecchio, riesce a filtrare la realtà e le orribili immagini a cui ha
assistito nei campi di prigionia siriani. Una scena del film
Le
struggenti musiche di George Fenton, collaboratore sin da Ladybird
Ladybird (1994), conferiscono talvolta al film un sapore mellifluo se si
considerano, inoltre, alcuni passaggi trattati in maniera un po troppo
semplicistica, così come certi dialoghi programmatici tra i due protagonisti
che allontano lo spettatore da unimmedesimazione genuina e sincera.
Limpalcatura marcatamente sociologica scopre talvolta il fianco di una scrittura
fragile ma The Old Oak può tuttavia contare su quellindagine ambientale
che a un certo punto si fionda sui personaggi, instillando nello spettatore il
desiderio di irrompere nella storia per provare a cambiare qualcosa e a
sorreggere il protagonista nei momenti più bui, esortandolo a sperare ancora
che qualcosa possa cambiare.
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