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Per un pugno di celluloide

di Giuseppe Mattia
  One second
Data di pubblicazione su web 09/01/2022  

«A causa di difficoltà tecniche incontrate durante la post-produzione, Yi miao zhong (One Second) di Zhang Yimou purtroppo non può essere presentato il 15 febbraio nell’ambito della sezione Concorso della Berlinale». Queste le parole riportate su un comunicato stampa della 69ª edizione della Berlinale. Il richiamo alle «difficoltà tecniche» è un lampante escamotage per celare l’intervento della stringente censura cinese in fase di montaggio. Parlando di un regista già Orso d’oro nel 1988 con Sorgo rosso, la notizia fa grande scalpore, suscitando indignazione nel panorama culturale mondiale. Nonostante i tagli di cui non si conoscerà mai l’entità – probabilmente relativi al contesto di povertà di cui il regime preferisce non ci sia traccia –, la pellicola è stata presentata in anteprima mondiale a Toronto e in anteprima europea durante l’ultima Festa del Cinema di Roma. L’associazione tra l’ambientazione desertica e il periodo in cui si svolgono i fatti, ossia gli anni bui della Rivoluzione Culturale, risulta programmatico sin dalle prime inquadrature.


Una scena del film 

Nel nord della Cina, precisamente nella regione dei deserti del Gansu, come in Per un pugno di dollari (1964) di Sergio Leone una misteriosa figura approda in un villaggio desolato, governato dalla violenza. L’uomo è Zhang (Zhang Jiusheng), evaso da un campo di lavoro forzato con il preciso scopo di assistere alla proiezione di un cinegiornale nel quale, per la frazione di un secondo (da qui il titolo dell’opera), compare la figlia ormai quattordicenne che non vede da sei anni. Sulla sua strada si frappone una giovane orfana di nome Liu (Liu Haocun), anch’ella desiderosa di appropriarsi della bobina di pellicola per porre fine a una serie di ricatti e angherie da parte di una banda di teppisti. Un ruolo preminente lo assume nella vicenda anche Mr Cinema (Fan Wei), controverso proprietario della sala visto come una specie di divinità dagli abitanti del villaggio, come il protagonista del film di Andrej Končalovskij Il proiezionista (1991), in quel caso al servizio di Stalin.



Una scena del film 

Considerato uno dei più memorabili omaggi alla settima arte degli ultimi anni, One Second si sofferma in particolar modo sull’utilizzo propagandistico del cinema, dal cinegiornale citato al film di ambientazione bellica Ying xiong er nü (Heroic Sons and Daughters, 1964), diretto da Zhaodi Wu. Come in un qualsiasi altro regime dittatoriale del Novecento – si vedano per esempio i casi della Germania e dell’Unione Sovietica –, il cinematografo rappresenta una delle armi più efficaci per accrescere il consenso popolare, celebrare i valori del Paese attraverso eventi epocali, raffigurare la grandezza e la dedizione alla patria. Proprio per questo Yimou mette in scena il contrasto tra la vita idealizzata, frutto degli organi del governo, e la vita reale dei personaggi, persi in un contesto segnato da repressioni, massacri, deportazioni, dove l’umanità sembra utopia, in un continuo guardarsi le spalle dalla incombente minaccia delle autorità comuniste. La pietas degli abitanti del villaggio non si manifesta in uno scambio vicendevole tra esseri simili bensì, quasi esclusivamente, nei confronti della pellicola, deterioratasi per colpa del figlio cerebroleso di Mr Cinema. Come un’unica entità, la popolazione unisce le proprie forze per ripristinare il supporto di celluloide, trasportandolo all’interno della sala su delle lenzuola, come un soldato ferito.



Una scena del film 

Sebbene alcune situazioni e dialoghi risultino paradossali, a tratti grossolani e intrisi di retorica, la scelta di parlare di cinema attraverso il cinema ha portato i suoi frutti in questa sorta di incontro tra Nuovo Cinema Paradiso (1988) di Giuseppe Tornatore e Ladri di biciclette (1948) di Vittorio De Sica. Il regista Yimou, adolescente all’epoca in cui i fatti prendono forma, compie un percorso parallelo grazie ai due protagonisti, entrambi “ultimi” tra gli “ultimi” in un ingranaggio che li sovrasta, rappresentato simbolicamente da un deserto che quasi li divora: il cinema è per loro l’unica via di fuga dalla mediocrità esistenziale. 

Il finale consolatorio, dal retrogusto amaro, rimarca la fragilità dell’arte che, come per il cristallo, non ne rappresenta un limite o un difetto ma una peculiarità.




One second
cast cast & credits
 


La locandina del film



 
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