I mendicanti di John Gay diventano
barboni e immigrati di oggi, tinti di violenza neonazista. Peachum non fornisce
loro i costumi, perché gestisce con la moglie un negozio di borse, “La Borsa o
la Vita”, dal quale i grandi marchi si vendono però tramite i “vu cumprà”. Il bandito Mickey ha la
sua banda, ma non sposa Polly: i due innamorati convivono da quando lei ha lasciato
la famiglia al primo incontro. Non forse a Londra: la vicenda si svolge in una metropoli
il cui governo è connivente sia con i ricchi, sia con i rappresentanti dei pezzenti.
Le categorie (o fazioni) a confronto nascono dallo scontro fra le classi, che ora
si accentua nellaspetto patologico del potere imprenditoriale, connotato
dallidolatria del denaro. Fausto Paravidino autore mostra coerenza di idee, di scrittura e rappresentazione, in una
commedia dallintreccio originale, rispetto ai celebri precedenti, e bene articolata
nella nuova struttura. Macheath è diventato Mickey, Jenny-delle-spelonche è sparita
e il Capo della Polizia è stato sostituito dalla Signora Sindaco. Un momento dello spettacolo © Luca Guadagnini
Anche grazie
alla collaborazione di Rocco Papaleo, interprete creativo, si apprezza la scelta di estremizzare i registri
rappresentativi, con scarto palese dalla razionalità dialettica brechtiana. E gli
elementi costanti sono trattati con altri strumenti drammaturgici. Paravidino ipotizza:
«Succede
quello che succede nellOpera di Gay, nel Sogno di una notte di mezza
estate, in Otello e in moltissime fiabe. A un padre portano via la
figlia. Il padre la rivuole» (cfr. Note di regia). Il soggetto dichiarato del rapimento pare però offuscato da quello dellamore liberato che rompe anarchicamente
gli argini sociali. Quanto ai moventi, «le avventure e disavventure che
Peachum incontrerà nello sforzo di riprendersi la figlia» – prosegue il regista – «saranno un viaggio in un
mondo fatto di miserie: la miseria dei poveri, la miseria di chi si vuole
arricchire, la miseria di chi ha paura di diventare povero. La guerra dei
ricchi contro i poveri non è mai stata così feroce».
Un momento dello spettacolo © Luca Guadagnini
Il realismo volgarmente contemporaneo
impresso allambientazione partecipa anche alla recitazione, a volte in parodia,
dalla quale il comico consegue più che dalle battute. Non allegorie di
sentimenti e vizi, ma coincidenza di impulsi e azioni, in personaggi riferibili
alla comune attualità, caratteri dipinti con maschere e costumi, riconducibili
a stereotipi individuabili. Peachum ha però una personalità più distinta, se
pure deturpata dalla malattia del possesso e del denaro, che lo rende esemplare
in una “società di mercato”; sicché «il protagonista dello spettacolo è Peachum»
– precisa ancora Paravidino – «che io ho trasformato in un
commerciante. E per questo motivo la mia è più una commedia dei vizi alla Molière
che una dramma dialettico alla Brecht». Un momento dello spettacolo © Luca Guadagnini
Un murales
variopinto fa da scena ai “numeri” della storia– serie di clichés calzanti sulla teppaglia povera e degradata, resa
con qualche difetto di pronuncia e gesti di falsa umiltà, commentati da motivi pop-rock.
Nei protagonisti, linterpretazione di Papaleo offre una partecipazione approfondita
dallespressione perfino dimessa. Ne emerge un disegno preciso del suo limite
invalicabile: monetizzare le persone nei loro bisogni e sentimenti elementari. Paravidino
attore (rapato e un po rauco) rispetta lassunto di nutrire sprezzo e disgusto
per il suo personaggio, un Mickey capriccioso, seccato e irridente, cinicamente
perverso, fino al ridicolo, per meglio immergersi così nel suo ruolo. Eppure, «i
soldi non comprano tutto», afferma quando il commerciante glieli offre perché
lasci la sua bambina. Quella bambina assume in Romina Colbasso laria
dellingenua-sincera e la sostiene con naturalezza, anche mentre sta a letto
con lamante. Con i genitori usa un piglio schietto che la riabilita, almeno
agli occhi di tanti coetanei, nel rifiuto di una
paternità che la giudica senza capirla. Ancor più estranea, la madre (Marianna
Folli) vestita di firme, che frequenta la stessa beauty farm del sindaco
(Iris Fusetti) in completo di pelle. Davide Lorino dà bieco rilievo al sedicente amico, lallenatore che tradisce il capo giurandogli
affetto. Così Mickey cade sotto i colpi dei compari, viene rocambolescamente
nascosto in casa Peachum e là rinasce, per morire di nuovo nella sparatoria cinematografica
che coinvolge la famiglia e la città. Trambusto sedato infine da una attesa
visita del papa, la cui presenza è ridotta allimitazione della sua voce.
Questa suscita un ultimo dilemma di partecipazione, civile e spettacolare: se sia
perdonabile la somma di miserie e orrori rappresentati.
Il pubblico, di istinto
sincero, concede il perdono, conscio della finzione provocatoria che gli attori
improvvisano. La proposta è comunque coraggiosa, non tanto per limprobabile richiamo
a una coscienza di classe – allusa per assenza e nel
rimpianto di unutopia perduta –
ma per la scelta dei toni di denuncia dei vizi estremi, tanto irrazionali e
gratuiti. Con unoltranza, oltre lanalisi sociologica, che tende a risvegliare
lo stupore di fronte alla volontà del male, lindignazione per lindifferenza e
lavidità dilaganti incontrastate.
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