Una scena del film
Nella
periferia romana il giovane Ermanno (Claudio Segaluscio) è già con le
spalle al muro sin dalla primissima inquadratura che precede il furto di un motorino.
La sua vita tra slot machines e corse di cavalli viene interrotta
dallincontro con limpenetrabile e glaciale Lena (Sandra Drzymalska), ragazza
polacca in dolce (?) attesa, in procinto di vendere la propria bambina agli zii
di Ermanno. Al giovane viene affidato il compito di sorvegliarla e di fingersi
il padre del nascituro, al fine di facilitare le pratiche di affidamento,
aggirando così il sistema burocratico. Ma lungo questo discutibile, tragico tragitto
– con echi di realismo pasoliniano – si "intromettono" i sentimenti dei due ragazzi,
entrambi orfani, senza direzione, destinati ad avvicinarsi, a scoprirsi nella
loro intimità e a fare i conti con un processo di crescita a tratti spietato. Lunica
speranza in questo film claustrofobico – reso tale anche dal formato in 4:3 – dipende
dalla neonata che dà il titolo al film. Il percorso di maturazione della coppia
protagonista equivale al ritrovamento di una tenerezza che si credeva perduta
sotto il peso dei traumi subiti.
Una scena del film
Seguendo
la tendenza di un cinema torbido di ambiente genitoriale – si vedano i recenti Favolacce
dei DInnocenzo, Spaccapietre dei De Serio e,
rimanendo tra fratelli, certa filmografia dei Dardenne – Sironi realizza
Sole per raccontare il rapporto negato con i figli, capaci nel bene o
nel male di sconvolgere la vita dei genitori e di stabilire un nuovo ordine. Un
tema sensibile e attuale che il regista romano sviluppa chiamando in causa le illegali
assegnazioni adottive dei bambini – al centro di un vero e proprio mercimonio
globale – portato recentemente alla ribalta mediatica dalla magistratura con
linchiesta "Angeli e Demoni" presso il comune di Bibbiano. Rifuggendo intenzioni
moralistiche e impianti melodrammatici, lautore sceglie di comporre una
melodia atonale su uno spartito drammaturgico privo di colori, eccessi e sorrisi.
Una scena del film
Sole è una pellicola
fin troppo essenziale: opera per sottrazione nellapparato scenografico, nelle
musiche, nel numero dei dialoghi, nella tensione narrativa e nella fotografia brillantemente
desaturata dallungherese Gergely Poharnok. Sironi sa di provocare spaesamento
nella mente del pubblico che, ad esempio, allinizio del film si chiede come abbia
fatto una coppia della periferia romana a entrare in contatto con una ragazza giunta
appositamente dalla Polonia per vendere il proprio figlio. Eppure, nonostante
lestrema povertà di ritmo e sostanza narrativa, va riconosciuto allopera il merito
di uno stile registico coerente, a omaggiare il cinema di Ozu e di Bresson,
eccelso nel realismo e nellausterità.