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Fantasie cosmiche da Italo Calvino

di Gianni Poli
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Data di pubblicazione su web 19/10/2020  

La spontanea immediatezza della drammaturgia di Giorgio Gallione sfrutta l’opera poeticamente narrativa e critica di Italo Calvino, autore da sempre caro al regista e a suoi collaboratori più fedeli. Lo spettacolo svolge le molteplici intuizioni – linguistiche e immaginarie – dello scrittore, sulla pagina di un palcoscenico quasi vuoto ma animato da tante presenze, evocative di emozioni e pensieri dell’artista e dei suoi personaggi. Movimento, musica e parola appaiono interagire, nelle sequenze visive guidate dalle voci narranti di tre figure complementari: Calvino stesso (Andrea Nicolini, fantasioso pensatore e inventore di linguaggi); Qfwfq (Cristiano Dessì, sorta di doppio dello scrittore), altro testimone delle infinite metamorfosi che suggeriscono Le Cosmicomiche e Le Città invisibili, echeggianti poi Avventure di uno spettatore, Collezione di sabbia e Piccola cosmogonia portatile (di Raymond Queneau); una cantante (Rosanna Naddeo), che interpreta i sentimenti scaturiti dalle opere, soprattutto rivivendoli in canzoni d’epoca diventate modelli vulgati della mitica immagine lunare.    


Un momento dello spettacolo 
© Federico Pitto

Il tempo della vicenda parte dal big bang, origine di un universo da osservare e vivere nella sua misteriosa, incessante mutazione. Dal principio sono in scena figure danzanti che mimano l’andamento tellurico e gravitazionale della formazione e della evoluzione del mondo: sogno e metafora concretizzati nel ritmo dei corpi nello spazio e al variare espressivo delle luci. Una parata avventurosa, scintillante e un po’ clownesca, affidata al teatro-gioco e alla più sofisticata sollecitazione audiovisiva. Coscienza filosofica e stato esistenziale dell’ispiratore sono suggeriti da citazioni: «Esplodere o implodere, questo è il problema. Se sia più nobile intento espandere nello spazio la propria energia senza freno, o stritolarla in una densa concentrazione interiore…», calco del dubbio amletico. Gli episodi più epici raccontano epoche e condizioni di vita distanti anni-luce, ma comparabili a una riconoscibile attualità: di tutti, l’autore (mentre l’attore tiene in mano un libro o taccuino, segno di una vocazione terribile e risibile) valuta la relatività e i limiti inevitabili imposti dalla Storia, personale e universale.

In tale commistione eterogenea di moventi e di forme, pensieri e folgorazioni, la regia privilegia la cadenza suadente delle immagini e della loro musicalità, in cerca della leggerezza ammirata nell’originale. Non sempre riesce l’equilibrismo tra il pensiero di Calvino – in certe profondità inafferrabile – e la sua raffigurazione stilizzata, pure qui governata da un meccanismo spettacolare preciso e integrato. «Forse la poesia è possibile solo in un momento della vita che per i più coincide con l’estrema giovinezza». E la paradossale necessità si fa azione, analoga al «far passare il mare in un imbuto». Qualche attualizzazione può sembrare forzata, quale ad esempio quella degli Anni ruggenti newyorkesi che irrompono con concitazione accentuata, nel passaggio dallo stato nebuloso alla terrestrità concreta. A contrappeso emergono momenti che risolvono la difficoltà di fondere i diversi linguaggi concorrenti e strappano l’applauso, come le canzoni della Naddeo o il musical hollywoodiano rivisitato. Altri episodi sembrano “numeri” inseriti in un cabaret popolato da comparse bizzarramente intruse, come quando il giovane Italo è spettatore affascinato dalle dive del cinema. La meta (o simbolo) lunare, sorto dalle Cosmicomiche, resta rilevante nello spettacolo: rappresentando l’alterità della Terra fruibile in sogno, in scena assume le stesse sembianze inventate dal narratore. Ma la fedeltà alle fonti non limita la creatività nuova, profusa nella rappresentazione, che lo stesso Gallione diresse in una prima edizione (2005) intitolata Cosmica luna.


Un momento dello spettacolo
© Federico Pitto

La recitazione è libera da ogni realismo e vuole spingere – come nota il regista – «su un doppio pedale, mostrando sia la parte nobilmente comica che quella epica». Rosanna Naddeo dona ancora la sua bella voce, duttile e profonda, al sentimento e all’ironia, secondo i diversi registri musicali ricorrenti: sia in Tintarella di luna, sia inserendosi nella colonna sonora arrangiata da Paolo Silvestri, maestro nell’amalgamare i brani storici con i raccordi originali. Andrea Nicolini recita un Calvino oltre l’età, aperto a ogni fantasia, sensibile all’entusiasmo e alla malinconia. Cristiano Dessì è Qfwfq, nato dai primordi del cosmo e forgiato dalle ere alle contingenze umane. Il collettivo coreutico guidato da Giovanni Di Cicco, grazie alla consuetudine complice con il regista, disegna nitide e scherzose evoluzioni corporee corali e lascia spazio ad assoli virtuosistici, nei quali si distingue, contagiando i compagni, Francesca Zaccaria. Per uno spettacolo ambizioso e ricco, un’accoglienza molto calorosa del pubblico.  



Tintarella di luna
cast cast & credits
 


Un momento dello spettacolo  
© Federico Pitto

 
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