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Ordine nuovo

di Luigi Nepi
  Ordine nuovo
Data di pubblicazione su web 28/09/2020  

In questa, per certi versi sonnolenta, Mostra di Venezia “post-autoriale”, irrompe il messicano Michel Franco con il suo Nuevo Orden, sicuramente il film più esplicitamente violento e “politico” tra quelli in concorso. 

In una sorta di presente (neanche poi tanto) distopico di un Messico dove a causa delle enormi differenze sociali si è innescata una violentissima e incontrollata rivolta di classe, nella enorme villa di una famiglia di costruttori (e corruttori di politici) si vorrebbe celebrare il matrimonio della figlia, nonostante tutto quello che sta accadendo fuori dalle alte mura che circondano i ricchi invitati. L’arrivo di un vecchio dipendente della casa, che chiede di avere subito un grosso prestito per poter operare di cuore sua moglie, mette in agitazione la futura sposa che, decisa ad aiutarlo, lascia la festa, proprio nel momento in cui i ribelli fanno irruzione nella villa. Ma quello che sulle prime sembrerebbe un colpo di fortuna è solo l’inizio di una discesa in un inferno senza fondo. 


Una scena del film
© Biennale Cinema 2020

Habitué pluripremiato del Festival di Cannes (cui probabilmente anche questo film era destinato), Franco allarga il raggio del suo sguardo (non sempre compassionevole) dall’ambito familiare (Despues Lucia, Las hijas de Abril) e relazionale (Chronic) a quello sociale, concentrandosi su quelli che possono essere i possibili sviluppi di uno scontro di classe. Dopo cinque inquadrature rapide e apparentemente sconnesse (che solo nel corso della visione scopriremo essere prolettiche) e l’irruzione di feriti in un reparto d’ospedale, il film ci catapulta in medias res, all’interno di quella festa di matrimonio che appare subito come una specie di ballo del Titanic, di gente indifferente e insofferente rispetto a tutto quello che sta succedendo nel paese e dove vengono immediatamente rese evidenti quelle che saranno le dinamiche e le empatie tra e verso i personaggi principali. 

Ma è la deflagrazione dovuta all’entrata nella villa da parte del popolo in rivolta che lascia davvero spiazzati: dipinti (in senso letterale) come una sorta di zombie macchiati di vernice verde (colore simbolo della “rivoluzione”, ma anche dell’esercito che dovrebbe contrastarla), i rivoltosi irrompono nelle stanze dimostrando una rabbia ferina, un odio chiaramente pregresso e una crudeltà apparentemente gratuita che non si limita al saccheggio sistematico di tutto quello che trovano. Una rappresentazione animalesca che li accomuna drammaticamente ai gradi più bassi dell’esercito, a quei soldati che usano e abusano di una violenza ingiustificata verso quei prigionieri-ostaggi, che hanno rastrellato per le vie e le case di una Città del Messico piena cadaveri e di posti di blocco dove sono autorizzati a sparare a vista. Tutto questo, aggiunto a una completa, voluta mancanza di punti di riferimento, complica molto la decifrazione di quale sia l’approccio del film a una materia così complessa e allo stesso tempo delicata, tanto che bisogna ricorrere alle dichiarazioni del regista per capire che Nuevo orden «vuole essere un avvertimento: se la disuguaglianza non viene affrontata con metodi civili e le voci di dissenso vengono silenziate, allora subentra il caos».


Una scena del film
© Biennale Cinema 2020 

Ma è un avvertimento quantomeno confuso, perso nella freddezza di una messa in scena che appare concentrata a creare quasi esclusivamente tensione ed effetto spettacolare; un distacco che non risparmia neanche i personaggi, ai quali è preclusa qualsiasi complessità e possibilità di evoluzione, venendo così ridotti al ruolo di semplici pedine da spostare all’interno di una narrazione che si fa via via sempre più prevedibile. Non basta neanche una vaga eco di cupezze carpenteriane a risollevare il film dal suo sostanziale cinismo. Probabilmente è stata proprio questa sua innegabile ricerca della spettacolarità a conquistare la giuria e a spingere i giurati ad assegnare a Nuevo orden uno dei Leoni d’Argento della Mostra tra i più generosi degli ultimi anni. 

È innegabile che il cinema messicano sia, oggi più che mai, tra i più interessanti a livello internazionale (Iñarritu e Cuarón sono lì a dimostrarlo), ma è altrettanto evidente come questo cinema, soprattutto nei suoi rappresentanti più in vista, sembri talvolta privo di quel “calore” che dovrebbe essere sempre presente nei film, grandi o piccoli che siano.


Nuevo Orden
cast cast & credits
 


Il regista Michel Franco

 
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