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Prima come tragedia, poi come farsa

di Giuseppe Mattia
  Jenayat-e bi deghat (Un crimine sconsiderato)
Data di pubblicazione su web 06/09/2020  

Il regista Shahram Mokri ritorna alla Mostra nella sezione Orizzonti, proprio dove alcuni anni fa conquistò il premio per il miglior film con il suo Fish & Cat (2013). La sua quarta e ultima fatica Jenayat-E Bi Deghat, distribuita col titolo internazionale Careless Crime, alza il livello artistico della kermesse ragionando sul senso dell’immagine e sul potere del cinema (uno dei personaggi grida: «Ma io voglio andare a vedere il film!»). Un altro tema di riflessione riguarda l’Iran contemporaneo a confronto con un passato oscuro, prodromico della Enqelāb, la rivoluzione islamica. La storia affonda le radici nel 1978 quando, durante la rivolta per spodestare lo Scià in Iran, una sala cinematografica fu teatro di una strage in cui persero la vita più di quattrocento persone. 

Una scena del film
Una scena del film
© Biennale Cinema 2020

La pellicola, con un’intricatissima trama tra la fiaba e il thriller, inizia proprio in una sala cinematografica: con una geniale panoramica veniamo fiondati dentro il film che stanno proiettando, nel quale entreremo più volte (con tanto di cambio dell’ aspect ratio). L’introduzione dello spettatore in questa storia parallela, che ha come nucleo il ritrovamento di un missile inesploso e le vicende di un uomo (Babak Karimi) che per sbaglio ha ucciso la propria figlia, fa capire sin da subito che assisteremo a un’opera meta-cinematografica. Su sfondo nero appaiono, come strali, estratti dal fascicolo dell’inchiesta sull’incendio doloso divampato nel tristemente celebre Cinema Rex, avvenuta durante la proiezione del più volte chiamato in causa Gavaznha (The Deer, 1974) di Masoud Kimiai. Con una monodia incessante di sottofondo ci viene presentato il più giovane dei quattro inetti terroristi, piromane e tossicodipendente, che compie una discesa verso un’ideale Antenora incontrando personaggi doppi, tra cui una novella Beatrice che lo conduce da un inquietante, lynchiano personaggio in costume. Nel museo in cui si trova assiste alla proiezione del profetico cortometraggio The Crime of Carelessness (1912) diretto da Harold M. Shaw, che mostra l’incendio di un grande lanificio.



Una scena del film
© Biennale Cinema 2020

Il film cerca, non senza intoppi nel montaggio, di intrecciare più vite, più storie che tendono tutte verso lo stesso luogo, richiamando, con le dovute differenze qualitative, le otto donne del capolavoro Il cerchio (Dayereh, 2000) del connazionale Jafar Panahi. Questa scelta strutturale influisce molto sulla definizione dei personaggi che rischiano di essere tratteggiati senza un giusto spessore. Ogni personaggio di Careless Crime ha a suo modo a che fare col cinema, sia nel senso di luogo fisico sia di forma d’arte. La storia ripiega su sé stessa e traghetta lo spettatore per altra via, per altri porti, seguendo più personaggi, più storie, che lentamente si avvicinano al nucleo fiammeggiante degli eventi. Come non pensare a Elephant (2003) di Van Sant oppure al recentissimo Tenet (2020) di Nolan. Tutto ciò a discapito dell’andamento narrativo che procede claudicante, rendendo la visione molto impegnativa per lo spettatore, che a mo’ di sarto è chiamato a ricucire lembi sparsi sul tavolo da lavoro. 



Una scena del film
© Biennale Cinema 2020

L’autore iraniano, che poteva di diritto concorrere nella sezione principale della Mostra, tesse un’opera senza dubbio complessa e ambiziosa, che trova in un criptico finale al cardiopalma il coronamento di un lavoro audace, a suo modo memorabile. Il film si propone di scandagliare le pieghe della Storia, che sempre più dimostra la sua ciclicità, come nella reiterazione delle stesse scene mostrate da più punti di vista. Come disse Marx: «La storia si ripete sempre due volte: la prima come tragedia, la seconda come farsa».




Jenayat-e bi deghat (Un crimine sconsiderato)
cast cast & credits
 



Il regista
Il regista S. Mokri
 
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