Linizio di questa 77a
edizione della Mostra del Cinema di Venezia è stata nel segno del vuoto e della
sua antica paura, del dolore della perdita, della rottura di quelle corde
dellanima che ci mantengono sereni nel percorso di vita. Molecole, il documentario di Andrea
Segre posto in pre-apertura, parte con una riflessione sulla
pienezza (e poi vuotezza) di Venezia per poi approdare in una lunga, intensa
lettera daddio al padre del regista. Lacci, il film fuori-concorso diretto da Daniele Luchetti (lapertura
di questanno), ruota intorno allimpossibilità di una coppia di riattaccare i
devastati cocci della loro relazione decennale, costringendo i figli a subire
gli effetti collaterali delle loro mancanze e assenze. Stesso discorso vale
anche per la sezione Orizzonti inaugurata con Mila (Mele), lesordio nel lungometraggio del regista
greco Christos Nikou.
Il mondo sta affrontando
una misteriosa pandemia che causa amnesie improvvise e del tutto “randomiche”. Aris
è un uomo di mezza età
(Aris Servetalis) che sta attraversando un periodo doloroso di cui non si
conoscono (ancora) le cause. Una sera perde completamente la memoria. Insieme
ad altre persone colpite dalla stessa malattia viene coinvolto in un programma
di recupero pensato per aiutare tutti coloro che non sono stati reclamati da
nessuno a costruirsi una nuova identità. Il percorso riabilitativo prevede vari
compiti da svolgersi quotidianamente: a fine giornata ciascun compito deve
essere “immortalato” dal paziente con lo scatto di una polaroid, in modo da
poter documentare il percorso terapeutico e, di conseguenza, crearsi dei nuovi
ricordi. Durante la visione di un film al cinema Aris incontra Anna (Sofia
Georgovasili), a sua volta inserita nel programma di recupero.
Una scena del film © Biennale Cinema 2020
Per tutto il corso della pellicola Nikou
si guarda
bene dal dare informazioni di tipo temporale allo spettatore, anche se, data lassenza
di qualsiasi dispositivo o media digitale, si potrebbero avanzare delle ipotesi.
Fin da subito è chiaro lintento di mettere in piedi una “leggera” distopia che
sia non solo credibile ma anche possibile e tale scelta inserisce Mila sullonda
di quella fantascienza dautore (spesso indipendente) che introduce un piccolo
ma significativo stra-ordinario nellordinario, allo scopo di affrontare di
petto alcune delle domande cruciali delluomo contemporaneo (perché togliere
completamente dal discorso il digitale? forse perché gli si vuole dare maggiore
peso?). Tra i riferimenti più calzanti, giusto per rimanere in ambito greco, ci
sono senzaltro i primi film di Yorgos Lanthimos, di cui Nikou è stato
assistente alla regia nel “recuperato” Dogtooth (uscito nel 2009, in Italia è stato distribuito solo
pochi giorni fa). Ma rispetto alle opere a cui può essere accostato, in Mila
la distopia è solo un pretesto poiché devia il racconto verso lidi
molto più intimi (ma non meno comuni) e in questo è sintomatica la scelta del
formato dellinquadratura, un 4:3 retrò che richiama la struttura geometrica
delle polaroid su cui il racconto prende forma.
Una scena del film © Biennale Cinema 2020 Di fatto è nella sua superficie che si
gioca il senso e il fascino di questo modesto esordio, con un comparto
fotografico (Bartosz Swiniarski) che accompagna brillantemente le
numerose tappe del programma di recupero dalla malattia. Se inizialmente è più
facile riscontrare la tendenza a rendere fuori fuoco (quindi evanescente,
fluido, inconsistente) tutto quello che si anima intorno ad Aris, accentuandone
lalienazione rispetto a un mondo che continua il suo normale andamento, nel
corso del film questo stratagemma visivo va a perdersi, in concomitanza con
laccettazione del protagonista dellimprovviso, dellincontrollabile e del non
programmabile nella sua “nuova vita” (ovviamente aiutato da quelle mele che ama
e che, in teoria, aiuterebbero il recupero della memoria). Ecco che allora, dietro lapparente freddezza della narrazione, emerge
con forza lappassionato atto di denuncia di Nikou. In un presente digitale in
cui è tanto facile documentare il quotidiano quanto lo è dimenticarselo per laccumulo indistinto di dati visivi che possono essere condivisi e
archiviati nellarco di una giornata, il giovane regista greco decide di
riappropriarsi (consigliando allo spettatore di fare lo stesso) del valore
dellesperienza umana, dellemozione gioiosa o dolorosa che ne deriva, di
quegli attimi di pura spontaneità che devono essere apprezzati proprio per il
loro essere inevitabilmente fugaci e quindi impossibili da registrare: uno
scambio di sguardi, un gesto di cortesia, un giro in bici, un ballo
improvvisato, una canzone che passa in radio e che non si può fare a meno di canticchiare.
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Mila
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La locandina del film
Nominations for the 34th European Film Awards:
European University Film Award |
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