Di
fronte al tendone rosso di un circo pronto a mostrare le sue meraviglie, lo
spettatore del Teatro Argentina viene colto di sorpresa da ventitré attori che
man mano incedono dalla platea. Il pubblico è già circondato, inglobato,
costretto ad assistere:
La commedia della vanità è cominciata. La gabbia
non è solo quella che occupa la scena ma è lintero teatro, o meglio, lo
spazio-tempo che lo spettatore ha investito entrando in sala. Alcuni
decideranno di andarsene, altri resisteranno fino al termine dellimpegnativo
viaggio di
Claudio Longhi: un incubo
surrealista, in fin dei conti non troppo distante dalla prima pagina di un
qualsiasi giornale di oggi.
La
commedia della vanità
è un lungo saggio in forma teatrale scritto dal premio
Nobel Elias Canetti negli anni Trenta del secolo scorso, ma pubblicato
solo nel 1950. Tra i possibili motivi di odio o discriminazione, tanto “di moda”
in quegli anni presso i totalitarismi europei, un non identificato governo
decide di mettere al bando la vanità. La prima misura delloligarchia, che
conquista il consenso sullopinione pubblica di una massa ingenua e beota, è
quella di vietare – e poi distruggere in un grande falò celebrativo –, tutti
gli specchi, le fotografie, i ritratti. Lodio iconoclasta ingloberà infine
anche lautocelebrazione o ladulazione, divenuti droga e trasgressione di una
popolazione disperata che, perdendo la propria identità, si mostrerà alla fine
nella sua nuda bestialità.
Un momento dello spettacolo
@ Serena Pea
La
messinscena del regista si compone di tre parti (durata complessiva tre ore e quarantacinque minuti), stazioni che celebrano
la nascita del regime, la sua apoteosi con conseguenti sintomi di cedimento, la
caduta rovinosa. La prima parte, quella più frizzante e coinvolgente, è un rito
preparatorio alla celebrazione del nuovo governo per mezzo del grande fuoco
purificatore in cui specchi e ritratti vanno in frantumi insieme ai diritti e
alla libertà dei cittadini. Canetti prese spunto, per questo episodio, dal
tragico rogo dei libri avvenuto a Berlino il 10 maggio 1933. Il seguito del
nazismo è storia purtroppo nota; i due atti seguenti in cui si articola la Commedia
di Canetti-Longhi non saranno certo più felici.
Se
questa è a grandi linee la trama, lo spessore
delle riflessioni sociologiche, filosofiche e politiche di Canetti, le scelte
espressive e gli infiniti piani di significato che Longhi non ha voluto
tralasciare pongono lo spettatore, anche quello più attento, di fronte a un
prodotto-spettacolo di difficilissima comprensione e fruizione. Longhi pare
essere volutamente elitario e non dà spazio a una visione di superficie, che la
nota grottesca, vagamente comica, potrebbe prevedere. Insiste sui concetti, non
taglia i lunghissimi monologhi dei personaggi, reitera le azioni degli attori,
provocando così un senso di costrizione, di irritazione, di disorientamento e
fastidio, che forse è il fine ultimo della sua operazione. A tutti balza in mente
lanalogia con la nostra società schiava dellimmagine e selfie-dipendente, ma
non tutti hanno magari voglia di riflettere su come da ogni piccola azione
personale si possa giungere alla barbarie e su quanto il cittadino, la società
siano perennemente in pericolo.
Un momento dello spettacolo
@ Serena Pea
Lartigianato
teatrale di Emilia Romagna Teatro Fondazione è qui ribadita, ancora una volta,
attraverso tutti i codici espressivi che collaborano alla drammaturgia di
questo spettacolo: scena, costumi, musica dal vivo, attori, utilizzo dello
spazio. Longhi crea una situazione espressionista che ricorda i dipinti di Otto
Dix e della Nuova oggettività; la nota grottesca si insinua nel rosso dei
tendaggi, nella costruzione dei costumi e negli attori stessi. Trucco, mimica,
postura, cifra recitativa mostrano brechtianamente un certo grado di
distorsione, di “ghigno”.
La
scena di Guia Buzzi rappresenta un enorme circo con al centro una
gabbia. Il tendone fa da scatola a innumerevoli micro-ambientazioni, create
funzionalizzando passerelle e pedane sopraelevate di ronconiana memoria. Anche
la platea diventa spazio scenico, un altrove o una realtà che vomita sul palco
(e non viceversa) mostruosi personaggi. Gianluca Sbicca segue la scelta
circense anche per i costumi che, scuri e consunti, ingombranti e deformanti
non hanno nulla dellallegria della festa e costringono gli attori in posture
innaturali.
Un momento dello spettacolo
@ Serena Pea
La
prova attoriale è davvero intensa: la numerosa compagnia è quasi sempre tutta
in scena o impegnata tra palchetti e platea. Attori e attrici danno vita a un
coro da cui si differenziano alcuni personaggi principali; gli stessi
interpreti, inoltre, incarnano più
personaggi. Tra loro merita una lode particolare Fausto Russo Alesi, il
presidente Heinrich Föhn: soprabito scuro, cappello a cilindro e barba lunga e
nera riesce a interpretare con chirurgia freddezza i diversi stati della
follia, da quella che distrugge laltro a quella che annienta sé stessi.
Dal
19 al 23 febbraio La commedia della vanità sarà in scena al Teatro La
Pergola di Firenze: non è uno spettacolo semplice, ma è merce rara poiché,
avendo dietro un pensiero forte, mette lo spettatore seriamente alla prova.