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Danni irreparabili del giornalismo d’assalto

di Gianni Poli
  Danni irreparabili del giornalismo d’assalto
Data di pubblicazione su web 27/01/2020  

Rilevanti qualità letterarie e sociologiche motivano l’adattamento teatrale del romanzo di Heinrich Böll. Lo spettacolo visto al Teatro della Corte di Genova s’avvale d’una sceneggiatura bene aderente al racconto, nel suo procedere ad abile ricalco del linguaggio d’origine per serbarne anche i nodi più complessi. Il romanziere tedesco, che aveva presto denunciato il pericolo della prepotenza conformista dell’informazione nei confronti dei soggetti più deboli con Raccolta di silenzi del Dottor Murke (1955), era ritornato sul tema con il caso di Katharina Blum (1974).

Una prima riuscita del testo sta, oltre che nella suspense inerente al genere, nella capacità di raffigurare, a un alto livello d’immaginazione e d’espressione, situazioni sociali e storiche riconoscibili in Germania e nell’Occidente novecentesco. Personaggi di spiccata autonomia psicologica, affascinanti per la loro fragilità latente, esposti ai limiti della libertà e ai rischi d’errore delle proprie scelte. Così la semplice e onesta lavoratrice Katharina, fra ingenuità e ignoranza, viene coinvolta in una vicenda che finisce per stritolarla. Vicenda che dimostra come anche la sincerità, quando incontra un interprete in malafede, possa deviare fino alla menzogna. Non di una fatalità mitica e astratta, ma di azioni coscienti di persone responsabili, resta vittima la donna che – per l’occasionale frequentazione di un piccolo, insignificante pregiudicato, di cui s’innamora e che aiuta a nascondersi – diventa strumento della carriera d’un giornalista senza scrupoli. Saranno infatti gli articoli scoop del cronista Werner Tötges a distruggere la reputazione della governante dei coniugi Blorna, coppia matura dalle consolidate abitudini borghesi.

Una scena dello spettacolo
Un momento dello spettacolo
© Simone di Luca

Le fasi dell’inchiesta diffamatoria, tanto sagacemente articolate in Böll, trovano adeguata misura teatrale nel testo adattato da Letizia Russo che, nella scansione in scene a dissolvenza incrociata, prepara la messa in scena del regista Franco Però. Grazie alla scenografia di Domenico Franchi – “a zone” ora distinte ora interagenti fino alla sovrapposizione quali la camera di Katharina, la casa dei Blorna, il commissariato o l’esterno – quei luoghi diventano funzionali, mediante un’illuminazione combinata in diverse gradazioni contrastate. L’azione può procedere drammaticamente sia nella narrazione in prima persona della protagonista, sia nei dialoghi con gli interlocutori.

La recitazione ha dunque epicità e coinvolgimento negli attori: tanto più intensa quanto più sa moderare l’intimismo della confessione, l’enfasi dello sdegno o del dolore. Esemplare, in questo, Elena Radonicich (Katharina), quando racconta sé stessa e stabilisce un rapporto con un proprio “doppio” oggettivato, rispetto all’immediatezza della testimonianza della sua crisi e del tentativo di reagire. E accanto a lei Peppino Mazzotta (Hubert Blorna) ed Ester Galazzi (Trude Blorna), marito e moglie, cordialmente affettuosi con la domestica che assicura la gestione del loro ménage. Sottilmente uniti, i coniugi, da allusioni a discordie o in maliziose complicità; finché dal benessere goduto con signorilità precipitano nell’indigenza economica e morale per il coinvolgimento con le altre persone che si scoprono (ad effetto ritardato) connesse a Katharina, a partire dall’imprenditore e politico amico, Emanuele Fortunati (Alois Sträubleder). Il riconoscimento del loro fallimento costituisce un episodio clou del dramma, che esprime in grottesco, doloroso contrappunto le contraddizioni sottaciute e fatte deflagrare dalla rovinosa caduta.

Un momento dello spettacolo © Simone di Luca
Un momento dello spettacolo
© Simone di Luca

Il commissario Moeding di Francesco Migliaccio alterna umori e decisioni un po’ sorprendenti fra calcolo e scatto istintivo, inseguendo la soluzione più facile dell’indagine: un eccepibile agente della giustizia, plausibile nei difetti comportamentali assorbiti dalla normalità. Else, la madrina di Katharina, è resa da una Paola Bonesi sensibile e apprensiva, incapace però di aiutare la sua pupilla, perché anch’ella smarrita in eventi che non domina e non capisce. Il giornalista, motore della triste storia, ha in Riccardo Maranzana un interprete esuberante e spaccone, compiaciuto artefice del piano d’inchiesta e di cronaca scandalistica abilmente montato. Finirà ucciso dalla sua vittima.

L’andamento della rappresentazione è organizzato ciclicamente: inizia con la confessione di Katharina («L’ho ucciso io, vado a farmi arrestare…») e similmente finisce, con la donna che vaga per la strada, dopo avere sparato al suo implacabile aguzzino, proclamando la propria colpevolezza. Necessaria? Gli spettatori così la sentono, nell’applaudire con convinzione.      



L’onore perduto di Katharina Blum
cast cast & credits
 




Un momento dello spettacolo visto al Teatro della Corte di Genova 
© Simone di Luca
 
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