Uninaugurazione comme il faut, sembrerebbe: ottimo successo per gli interpreti,
direttore e regia; consensi generalizzati anche da parte della critica più
esigente, quella che di solito non perdona spettacoli di alta routine ai teatri di prima sfera. La Tosca dapertura per la stagione
2019-2020 della Scala parrebbe essere riuscita nel difficilissimo gioco
dequilibrio dellaccontentare tutti, senza neppure quelle timide ombre di
contestazione che pure avevano accolto lAttila
dellanno scorso. Tutto benissimo, si dirà?
Non del tutto; vediamo perché. Questa Tosca è stata annunciata come diversa
rispetto alle tante che vanno in scena ovunque nel mondo vi sia un teatro lirico.
Il direttore Riccardo Chailly ha
voluto proporre una ricostruzione della prima versione dellopera, come andata
in scena al Costanzi di Roma nel gennaio del 1900 – operazione già fatta in
passato (il citato Attila o la Butterfly e la Fanciulla del West del
2016). Come spiega in modo esemplare Roger
Parker in un saggio del programma di sala ( “As a stranger give it welcome”: la prima “Tosca”), non possiamo
definire con certezza lassetto testuale della prima Tosca, ma si possono formulare ipotesi. Chailly ha portato queste
ipotesi in scena, e così unopera conosciutissima ci sorprende per alcune novità:
le battute aggiuntive nel duetto Tosca-Cavaradossi nel primo atto; quelle alla
fine di «Vissi darte» nel secondo; la più lunga coda orchestrale che segue la
morte di Scarpia, sempre nel secondo atto; il finale dellopera, con una
ripresa sostanziosa di «E lucevan le stelle». Elementi in seguito modificati da
Puccini e non sempre in meglio (penso
ai primi tre citati), ammesso che facessero tutti parte della prima storica
romana (come giustamente sottolinea Parker).
Un momento dello spettacolo @ Brescia e Amisano
La novità non ha però riguardato
lallestimento. Per unopera collocata in tempi e luoghi così precisi come Tosca, Davide Livermore ha scelto di fondare la sua lettura scenica partendo
dalle indicazioni del libretto: «Roma: giugno 1800». Allapertura del sipario
si vede linterno di SantAndrea della Valle; si spalanca il portone principale
e con Mario Cavaradossi entra violenta e tagliente la luce di un mattino romano
destate. Si mette tutto in movimento: gira il palco, le pareti della chiesa si
scompongono e ricompongono salendo e sprofondando con un grande effetto. Sembra
quasi di essere a cavallo di un drone, tanto velocemente mutano le prospettive.
Nel corso dellatto i movimenti delle scene, la rotazione e linnalzamento del
palco continuano. Dopo pochi minuti, però, leffetto-drone si perde e
lanimazione vivacizza un quadro sostanzialmente statico: appare e scompare più
volte il dipinto della Maddalena cui Cavaradossi lavora; Scarpia fa alcuni giri
sul palco girevole mentre osserva Tosca rodersi di gelosia in seguito alle sue
insinuazioni. Col Te Deum si giunge poi
allapice spettacolare: Livermore allestisce la cerimonia intorno a una grande macchina
barocca sormontata da un enorme ostensorio, un altare con croci, stendardi e tante
candele che si accendono allimprovviso come un fuoco dartificio, mentre il
palco si solleva; Scarpia dal proscenio contempla la scena bloccata come in un
fermo-immagine. Il secondo atto non ha rotazioni, solo sollevamenti del pavimento
che scoprono le stanze della tortura di palazzo Farnese (dove i carnefici
vestono però lorbace come sgherri fascisti). Lelemento spettacolare e
tecnologico qui sono i dipinti sul registro superiore delle pareti di fondo, tableaux vivants che si animano lentamente
quando la gravità degli accadimenti giunge a livelli mostruosi (le profferte-ricatto
di Scarpia a Tosca, lassassinio che lei commette e così via). Nel terzo atto
siamo allaperto, sulla terrazza di Castel SantAngelo. Qui la scena è dominata
da una gigantesca torre-ala dangelo che in parte racchiude la prigione dei condannati
e che ospita una serie di proiezioni (vedute di Roma, piume colorate di rosso
che si disperdono al vento). Tale struttura è posta sul palco girevole:
Cavaradossi la attraversa diverse volte prima di scrivere la sua ultima lettera
alla donna amata. Sulla torre-ala si precipita Tosca per compiere il suo gesto
estremo, e muore sprofondando con la scena insieme ai suoi inseguitori, mentre sullo
sfondo al centro vediamo la sua immagine bloccata nellultimo volo in un cielo
notturno.
Un momento dello spettacolo @ Brescia e Amisano
Insomma, un grande dispiegamento di mezzi per
uno spettacolo realizzato con massima professionalità, come ci si aspetta da un
teatro come la Scala e in unoccasione importante come linaugurazione della nuova
stagione. Quello che è mancato, però, è stato proprio il teatro. Non si
comprende, in ultima analisi, il motivo dei movimenti di scena descritti, di
questi andirivieni di macchine, palco, pannelli che non sembrano avere altra ragione
dessere, se non quella di fare mostra di sé e creare azione laddove sembrava
non essercene abbastanza. Inoltre, in un palco costantemente indaffarato si
esaurisce presto leffetto sorpresa che le dotazioni del teatro, usate cum grano salis, avrebbero potuto garantire.
Va detto, poi, che alcune delle meraviglie scenotecniche non hanno avuto in
sala leffetto sperato. Immagino che nel secondo atto le riprese televisive
abbiano rivelato tutta lefficacia del rapporto tra i tableaux vivants e lazione principale, ma per chi era in teatro
questo effetto o è passato inosservato o non aveva un nesso evidente e
immediato la vicenda rappresentata, al punto da sembrare unulteriore superflua
decorazione. Dal punto di vista registico si è trattato di una Tosca di routine: di gran lusso, ma pur sempre di routine. Al netto della scenotecnica, linterazione tra i
personaggi è stata quella di una delle tante Tosche che si possono vedere di frequente allopera e che in fondo
riescono bene (e magari meglio) anche con molte meno macchine.
Come per ogni opera inaugurale, la Scala ha
messo in campo unottima compagnia di canto, con voci di alta qualità anche per
i ruoli più piccoli, come solo un grande teatro può e sa fare. Anna Netrebko è una diva vera che qui
veste i panni di unaltra diva (Tosca). Il ruolo è perfetto per la sua vocalità,
con acuti sicuri e ampi, e centri e gravi sonori. Netrebko non lesina in
finezze interpretative: memorabile la sua resa di alcune frasi, che ne scoprono
sensi arcani (come nel caso di «con scenica scienza / io saprei la movenza» del
terzo atto, detto esitante e pensosa, quasi avesse un presentimento dellorribile
inganno di Scarpia). Non cè però sempre ladesione al personaggio: specie nel
primo atto Netrebko è sembrata professionale ma in fondo distaccata. Luca Salsi (Scarpia) è un baritono
perfetto e canta tutto bene, senza ombra delle esagerazioni che a volte vengono
col ruolo. Anche per lui, tuttavia, il personaggio non emerge del tutto nella
sua luciferina cattiveria: manca insomma la seduttività malefica del villain. Di Francesco Meli (Cavaradossi) si ha spesso limpressione che canti
al limite delle sue possibilità, e forse questo ruolo è pensato per una voce di
altra caratura. Consapevole delle sue caratteristiche vocali, però, Meli
concentra lattenzione sulla tornitura delle frasi, sulluso curatissimo delle
dinamiche, e alla fine ci regala un Cavaradossi ricco di sottigliezze, deciso e
insieme nobile, fragile e amoroso, come invece i tanti i Cavaradossi dalla voce
eroica in genere non riescono ad essere. Benissimo i comprimari, tutti di
altissimo livello, con una menzione speciale per Alfonso Antoniozzi (sagrestano).
Un momento dello spettacolo @ Brescia e Amisano
Il direttore Riccardo Chailly ha speso molta
parte della sua carriera sulle partiture di Puccini: dalla sua concertazione
traspaiono sia lamore, sia la sua conoscenza approfondita dellopera del
compositore. È un lavoro di cesello, il suo, che mette in evidenza la ricchezza
e la complessità della scrittura orchestrale pucciniana. Di rado si ascolta Tosca con così tanti colori e dettagli; merito
anche dellorchestra della Scala in forma perfetta. Tutto però ha un prezzo, e in
questa resa a mancare a tratti è la tensione: si apprezzano le tante meraviglie
che arrivano dalla buca, ma non si sta molto col fiato sospeso (specie nel
primo atto).
Grande successo al termine della serata, con
applausi generosi per tutti. Curiosamente Chailly non si è presentato da solo a
ringraziare ma, dopo una veloce chiusura e riapertura di sipario, è apparso
schierato insieme al cast.
|
|