Un episodio in parte autobiografico,
narrato da Thomas Bernhard, fornisce
la materia drammatica allo spettacolo adattato da Patrick Guinand e interpretato da Umberto Orsini. Il testo
originale è il racconto in prima persona nel quale lo scrittore austriaco compone
un florilegio risentito dei casi in cui ha reagito alle offese e alle
ingiustizie patite nella sua carriera. Loccasione gli viene dagli incontri con
Paul Wittgenstein, nipote del famoso
filosofo Ludwig, come lui ricoverato
nello stesso ospedale. La messa in scena riprende
quella favorevolmente accolta nel 2001 (che seguiva alla creazione romana del
1992) e conferma, oltre alla validità delladattamento e della regia, la sorprendente
qualità dellinterpretazione. Orsini sceglie di identificarsi con lautore: «non “faccio Bernhard”, qui ho
deciso di “essere Bernhard” e quindi più che fare un personaggio sono me stesso
che parla con le parole di un autore grandissimo, che finirà comunque per
prevaricarmi e quindi rappresentarsi» (Programma
di sala). Lattore mantiene la massima lucidità intellettuale nel rinnovare
unesperienza creativa che, nella memoria dellautore, reclama un giudizio
arduo e reciso e lo fa con uninteriorizzazione sapiente ed emotiva, fino alla
commozione, propria e dello spettatore. La recitazione aderisce al testo come
lattore al personaggio, quando irrompono in scena i tormentati sedimenti
ideologici, le elucubrazioni fra autoanalisi e rancore del drammaturgo
austriaco. Se il suo mondo accumula amarezza e disillusione, in questa sorta di
bilancio testamentario, i moventi dellamicizia e della fraternità emergono
grazie allaffinità elettiva fra Thomas e Paul, persone destinate a specchiarsi
ed emularsi. Negli scambi in ospedale e allesterno, la sequenza degli eventi
capitali più intimi duna vita e di unopera tormentate sfociano in una pronuncia
retoricamente sostenuta, fino a far poesia della rabbia e del sarcasmo autolesionista. Un momento dello spettacolo @ Teatro Duse Allimpressionante effetto
concorre la traduzione di Renata Colorni,
linguisticamente atta a restituire il turbamento spirituale e mentale dello
scrittore. Alcuni episodi manifestano più violenta e puntuale la denuncia delle
ferite ricevute, come senza catarsi è il dolore da esse causato. Bernhard
riconosce in Paul la valenza creativa della “follia” per la quale è internato e
che quasi gli invidia, in un transfert
influente sul senso dellesistenza. Così la frequentazione consolida in amicizia
la passione comune per la musica e la letteratura, lo sprezzo per le onoranze e
le cerimonie pubbliche. Queste trovano esempio in una premiazione accademica
nella quale il drammaturgo è celebrato da persone sentite ignoranti e ipocrite;
o nei “caffé letterari”, meritevoli di sprezzo per la natura perversa dei loro
commerci intellettuali. E ancora, la rappresentazione duna sua pièce al Burgtheater di Vienna (a suo
dire, il “primo bordello” nazionale), sconfessata da una condanna inappellabile
degli attori che la recitano. Il bisogno, infine, di spostarsi dalla città alla
campagna (e viceversa) in cerca duna pace e un equilibrio introvabili. Lo spettacolo è organizzato nello spazio con sobrietà e
precisione di rapporti anche coreografici e luministici. Spostamenti, arresti,
gesti e verbigerazione costituiscono una partitura (la musica di scena è
sostituita dallascolto dei dischi cari al protagonista) lungo una tesa e
vibrante traccia sonora vocale, clamorosa per qualità e potenza di
penetrazione. La scena è ununica stanza, con poltrona, canapè, armadio a muro,
una porta, una finestra e un mobile da musica, con rari accessori. In apertura,
Thomas si presenta in veste da camera; gioca con un archetto e con il suo
violino e allude a una paradossale esibizione. Il suo narrare parte con una
velocità eccessiva, insostenibile dalla voce (parole triturate in sillabe come
inghiottite), sintomo duna nevrosi comunicativa che autodivora il proprio atto
e per la quale le forze psichiche seffondono in alterazione corporea. Mantiene
poi lintensità nel passaggio dalla drammaticità traumatica allepicità degli
impulsi successivi.
Un momento dello spettacolo @ Teatro Duse Nella performance strepitosa, il realismo non esclude la sensazione di essere
a teatro, luogo e momento dun confronto fra documento, storia ed esperienza
personale. La presenza interlocutrice di Elisabetta
Piccolomini, testimone servente muta, è preziosa nel frammentare le tirate del
protagonista, con luso dei vestiti, delle scarpe, del caffè e dei giornali, in
mutamenti concreti rievocativi del passato. La finestra, aperta a intervalli dalluomo,
richiusa dalla donna con pazienza, afferma una controvolontà; il bisogno irrefrenabile
di partire, in fuga, e ritornare. Nel finale, lopera di Berhnard prende
coscienza della promessa mancata (con senso di colpa e rimorso) dessere presente
alla morte e al funerale di Paul: in viaggio allestero, il sopravvissuto al
rientro non visiterà neppure la sua tomba. In scena, lattore passato
lentamente dallinvettiva alla constatazione, sarà assorbito da un silenzio e un
buio improvvisi, irrevocabili.
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