«Sembra
necessario rimescolare le carte, su un tavolo anchesso in movimento. In
effetti lincertezza circa lavvenire del mondo non è mai stata così alta. Allincertezza
cronica tipica dellazione umana e del corso della storia
si aggiunge ormai lincertezza sul divenire fisico del mondo. I cambiamenti in
corso nel sistema Terra, sintetizzati nella parola Antropocene, potrebbero
sfociare in un notevole degrado della sua abitabilità, già in atto», scrive il
filosofo Dominique Bourg in Une nouvelle terre (Bilbao, Desclée de
Brouwer, 2018, p. 11). «NellAntropocene la minaccia non è più della categoria
rischio. Anzitutto non si tratta più semplicemente di incertezza. Certo, si può
sempre dire il solito di un ciclone particolarmente violento, unondata di
calore o uninondazione particolarmente micidiali, resi però possibili da
processi di continuo degrado, come la modificata composizione chimica dellatmosfera.
Degradi di lungo corso che possono portare a infrangere soglie, e sfociare in
un mutamento di stato del sistema Terra. Perciò, non si può più imputare a un
evento unorigine dei danni che lo trascende. Danni legati a una evoluzione del
sistema Terra per nulla circoscritta nel tempo o nello spazio». «La
compensazione o lindennizzo pecuniari sono consustanziali alla società del
rischio. Ma non può esservi indennizzo o compensazione a fronte di danni di cui
si ignora lorigine» (ivi, p. 60).
Così
pure per la crisi del 2008. «Descrivere il contesto globale, restituirne la
complessità e le sfide: è lambizione del nuovo libro di Adam Tooze, noto per i suoi lavori sulleconomia del Terzo Reich.
In Crashed. Comment un décennie de crise
financière a changé le monde (Paris, Les Belles Lettres 2018), decifra i
meccanismi del trauma dei subprime. E come londa di choc di dieci anni fa ha
scosso lEuropa e favorito lelezione di Donald
Trump». «Prima di evocare i debiti sovrani del 2010, ricorda che la crisi
del 2008 è almeno tanto europea che americana». «Detto altrimenti: le banche
europee non sono state più virtuose, anzi, e questo la dice lunga sul mondo
economico-finanziario di oggi. Se si esamina la meccanica delle crisi, deficit
e avanzi dei paesi contano ormai meno dei bilanci delle grandi banche
internazionali su cui gli stati non hanno alcuna presa». In Europa «le
politiche dopo la crisi del 2008, incapaci di frenare ineguaglianze ed eccessi
della globalizzazione, hanno screditato i partiti di centro-sinistra e
centro-destra favorevoli al mercato, minando le basi delle democrazie liberali,
precisa. Combinate con i timori legati allimmigrazione, alimentano la
legittima collera dei popoli. Inoltre, la cattiva gestione della crisi ha
accelerato il declino dellEuropa, mentre lAsia si sviluppa. Perciò, come
individuare i rischi che comprendiamo male? Come uscire dalla stagnazione?
Queste domande, conclude lo storico, ricordano sorprendentemente quelle di fine
guerra 1914-1918. Sono quelle delle grandi crisi della modernità» (M. Charrel, Comment la crise de 2008 a changé le monde,
in «Le Monde», “Éco & Entreprise”, 11 ottobre 2018, p. 1). Un altro mutamento di stato. Perché?
«La
Fair, Isaac & Co. di San Francisco ha dato il nome al punteggio FICO,
importante ma spesso ignorato nella crisi subprime 2008. Assegnato a ogni
famiglia americana e frutto delle riflessioni di due matematici applicati dello
Stanford Research Institute, FICO ha dato aura scientifica alla valutazione del
rischio di credito nel prestito per il consumo alle famiglie americane. È
calcolato sui versamenti mensili delle famiglie, raccolti da tre grandi enti di
credito privati in gigantesche banche dati. Va da 300 a 850 punti. Studi
statistici avevano convinto i prestatori che 620 discriminasse tra mutuatari prime, con punteggio più alto e perciò
solventi, e subprime, a rischio, con
nota inferiore». «La scientificità dellapproccio confortava una visione
culturale tipica degli USA, che la capacità delle famiglie di rimborsare i
debiti non dipende da fattori economici globali, ma individuali, la forza di
carattere del mutuatario. Questo a priori “psicologizzante” traspone la logica
del quoziente intellettuale come misura del talento a quella della capacità di
gestire un bilancio familiare, e quando lepidemia di fallimenti mise in crisi
la notazione, gli enti di credito preferirono alzare la soglia da 620 e 650. Si
lasciava così intendere che il livello iniziale era stato mal calibrato, invece
di riconoscere nello stato di salute generale delleconomia lelemento
determinante della capacità di rimborso delle famiglie». «Ora si riparla di FICO
per lannuncio nel 2019 di UltraFICO». «Risponde al desiderio del settore del
prestito al consumo di aumentare il giro daffari, benché il FICO medio
familiare sia passato da 690 nel 2012 a 702 nel 2018». «Quali conclusioni
trarne? Le notazioni quali quelle di Fair, Isaac & Co non servono tanto a
misurare un rischio di credito pericoloso per leconomia, quanto a giustificare
con razionalità apparente, matematica, il desiderio degli enti di credito di
fare prestiti più o meno grandi, e sapere a chi» (P. Jorion, La notation du risque, faux nez de lindustrie
bancaire, in «Le Monde», “Éco & Entreprise”, 6 novembre 2018, p. 1).
E
tuttavia. «Nuovi trattamenti medici, lotta allinquinamento, soccorso a popoli
colpiti da catastrofi naturali, valutazione del limite di velocità a 80 km/h:
in molte decisioni politiche si richiede di stimare il valore duna vita,
salvata o persa. Se può sembrare eticamente cinico e contestabile, un nuovo
intervento pubblico non si fa più senza confrontarne i costi coi benefici
attesi in termini di vite tutelate». «A fine anni Quaranta, per massimizzare i
danni dei potenziali raid aerei sullURSS, lUS Air Force si rivolge a un
gruppo di ricerca della RAND Corporation. La proposta è di fare volare molti
aerei poco costosi, ingannando le difese russe. Scontenti, i generali dellAir
Force rilevano che nei calcoli non vè cenno alle vite dei piloti sacrificati!
Ci vollero ventanni alla RAND per risolvere il problema». «Il problema attirò
lattenzione dello specialista di modelli economici dei conflitti Thomas Schelling, Nobel 2005, e del suo
studente Jack Carlson, ex pilota
militare». «Allora fiorivano ovunque negli USA movimenti per la “sovranità del
consumatore”. Ispirandovisi, propose che i cittadini stessi stimassero il
valore della loro vita. Se non sapevano rispondere, si poteva comunque usare il
metodo Carlson: chiedere a un campione di persone quanto pagherebbero, ad
esempio, un airbag o un trattamento medico per diminuire dell1% il rischio di
morte e calcolare di conseguenza il valore da loro attribuito alla propria
vita». «Se questo metodo fa discutere, perché riduce il valore sociale di una
vita a una valutazione individuale del rischio di morte, è tuttavia ancora il
più diffuso nelle decisioni pubbliche» (B. Cherrier, Calculer le prix dune vie humaine, in «Le Monde», “Éco &
Entreprise”, 1° ottobre 2018, p. 1).
E
tuttavia. Il mercato si impone alla legge, come nel caso di Elon Musk e Brett M. Kavanaugh. Il primo dirige lindustria dellauto
elettrica Tesla ed è stato condannato dalla Securities and Exchange Commission,
il gendarme della borsa americana, a unammenda di venti milioni di $ dollari
e a lasciare la presidenza dellazienda, rimanendone però direttore generale,
per avere falsamente dichiarato di disporre dei fondi per ritirare la società
dalla borsa, pena giudicata leggera e probabilmente senza strascichi penali. Il
presidente della SEC «Jay Clayton ha
giustificato la clemenza argomentando che le condanne a imprese e dirigenti
alla fine colpiscono gli azionisti». «Presa alla lettera, laffermazione di
Clayton garantisce di fatto unimpunità di principio ai dirigenti dimpresa,
poiché ogni accusa nei loro confronti avrebbe un impatto negativo sul valore di
borsa dellimpresa. Il corollario è che ogni capo dimpresa ha interesse a
personalizzare al massimo la sua conduzione». «In tuttaltro ambito è la nomina
del giudice Kavanaugh alla Corte suprema; in una tribuna libera del 30
settembre sul “New York Times”, lex capo FBI James Comey scrive: “Viviamo in un mondo in cui un giudice federale
in carica fa eco al presidente scagliandosi contro il comitato senatoriale che
ne esamina la nomina, un mondo in cui il presidente è accusato di essere
predatore seriale di donne, registrato mentre vanta la sua capacità di aggredirle
e compara le accuse al suo candidato giudice alle fake news di cui si afferma vittima. La cosa più inquietante è che
viviamo in un mondo in cui milioni di repubblicani e i loro rappresentanti
pensano che tutto ciò non ha importanza”». «Non si sente qui leco, ma inversa,
della giustificazione fornita dal presidente SEC? Basta sostituire “azionisti”
a “repubblicani” e “Elon Musk” a “Brett Kavanaugh”». «In un quadro “alla Milton Friedman”, per cui unica
responsabilità dimpresa è aumentare i profitti, il principio direttivo
diverrebbe: “Se qualcuno la pensa come me, che infranga o no la legge importa
poco”, e la nozione di interesse generale si dissolverebbe del tutto perché
ognuno cercherebbe di impadronirsi di una parte del mercato dellopinione, rivendicandone
lindifferenza a questa o quella parte della legge. La relativa impunità dei
capi dimpresa è generalizzabile alla società civile?» (P. Jorion, Quand la loi du marché simpose à la loi,
in «Le Monde», “Éco & Entreprise”, 9 ottobre 2018, p. 1).
La
legge del mercato dellopinione si impone alla democrazia, alla giustizia e
alla stessa economia di mercato, un ulteriore mutamento di stato in cui «non
può esservi indennizzo o compensazione a fronte di danni di cui si ignora lorigine»
(D. Bourg, Une nouvelle terre, cit.,
p. 60).
«Tira e molla» è
la cifra dei nostri rapporti con lUE (Mario
La Torre, economista alla Sapienza di Roma a Radio3Mondo il 14 novembre 2018),
da noi identificata con la Commissione, che però esegue le decisioni del
Consiglio dEuropa: i capi di governo degli stati membri, i ministri per le
politiche di settore, lEurogruppo per larea euro. Già assistente dellolandese
Herman Van Rompuy durante la sua
presidenza del Consiglio dEuropa, il filosofo e politologo Luuk van Middelaar «esamina la
vulnerabilità e soprattutto la trasformazione caotica in un ambiente sempre più
ostile in Quand lEurope improvise. Dix
ans de crises politiques, Gallimard 2018». «Questa crisi decennale porta
una mutazione profonda: “lEuropa regolatrice”, in origine sotto la tutela
della Commissione a Bruxelles, specialista di quote e norme, cede via via il
posto a una “Europa di fatto”, più politica e pilotata dagli stati componenti».
«I dirigenti europei si coalizzano per gestire le questioni più calde» (Ph.
Ricard, La mutation de lUE à lépreuve
des crises, in «Le Monde», “Éco & Entreprise”, 20 novembre 2018, p.
21).
Stiamo
facendo i bulli con tutti gli altri
stati europei, a rischio nostro di cittadini italiani e, in logica di mercato,
a profitto di Lega e 5Stelle che si spartiscono il nostro stato e le sue
ipotetiche finanze, e con bullismo anche reciproco (i più scaltri coi loro
amori) occupano lo spazio mediatico e unItalia disarticolata a nord con la
Lega in maggioranza, alla pari in Centro, coi 5Stelle in maggioranza a Sud, in
coerenza con la geografia clientelare (tasse, influenza, soldi).
Anche
Brexit ci penalizza. «Per anni, i sovranisti hanno disegnato luscita dalleuro
e dallUe come la più semplice delle prospettive. Solo pochi giorni fa, un
esponente del governo mi spiegava privatamente che lItalia potrebbe ambire a
diventare come la Svizzera o Singapore, usando la maggiore flessibilità
derivante dalluscita per competere contro Francia e Germania. Sono le stesse
argomentazioni che usavano politici britannici come Boris Johnson e David Davis prima
di incartarsi in un negoziato da incubo», nonostante sterlina, bomba atomica,
tre paradisi fiscali (F. Giugliano, Londra
e Roma alla fiera delle illusioni, in «La Repubblica», 18 novembre 2018, p.
1). AllItalia che conta il governo giallo-verde offre pace fiscale dopo i
condoni 2003 e 2009 di Berlusconi,
spremitura festosa delleuro nel declino neoliberale della nostra economia
(niente tasse). In un sondaggio 2008 di Banca dItalia, era «ampiamente diffusa
lopinione secondo cui il condono corrisponde ad un segnale di debolezza dello
Stato (un italiano su due lo ritiene ingiusto e solo il 17% lo ritiene comunque
necessario)» (in «Adnkronos», 10 giugno 2018).
La
pensano così anche in Europa. Due condoni e una pace fiscali in quindici anni
testimoniano il degrado del nostro stato che, dietro la foglia di fico
giallo-verde, è la causa del nostro distacco non solo dallUE, ma anche dallEuropa.
Lanomalo rifiuto a contribuire secondo i nostri mezzi al sistema di beni
comuni chiamato stato disarticola questultimo in territori governati da chi li
controlla di fatto e, in nome del territorio, può aprire la strada a nuove
regioni (quelle ricche) a statuto speciale. Con le recenti elezioni è entrata
in Parlamento una generazione giovane e forse innovativa. Intanto brancoliamo
nel sequel volutamente confusionario
degli eventi a trazione politica, e allocchio disgustato e stanco si apre la
vista di una sovranità latina che invita i capitali esportati (poi condonati e,
se ritorna la lira, moltiplicati di valore) allo shopping nel temporary outlet del nostro patrimonio
pubblico, già annunciato ufficialmente.
E
della parte del nostro patrimonio privato messo sul mercato dalleventuale
crisi del credito e delle banche, ricche di titoli del nostro debito pubblico
pencolante oltre la categoria del rischio: senza «indennizzo o compensazione a
fronte di danni di cui si ignora lorigine» (Une nouvelle terre, cit., p. 60), nel nostro caso volutamente, vale
a dire la renitenza fiscale sistematica e assecondata come in USA, ma senza
dollaro e potenza.
Più
sveltamente e concretamente, la sovranità latina riforma la giustizia contro i
nostri diritti di cittadini e la sicurezza contro i diritti umani, creando
sommerso e uno stato brado in deriva sudamericana. Lega e 5Stelle lo vendono a
colpi di comunicazione come una start-up,
in unUE che è già innovazione di sistema sviluppata in decenni dalla vera start-up della Comunità Europea del
Carbone e dellAcciaio. Di questo stato brado, abbiamo ogni interesse a non
pagare ulteriori rate, a cominciare dalla prossima nelle elezioni europee.
Spendiamo meglio la sola sovranità che malvolentieri il mercato neoliberale
ancora ci riconosce, quella del consumatore.
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