Se nè andata con discrezione, il 21 giugno, allinizio di questa estate,
nella sua casa di Milano, dove era nata il 5 agosto 1928, Valentina Fortunato, che si era ritirata dalle scene allinizio
degli anni Ottanta lasciando che la memoria di lei sbiadisse a poco a poco,
come accade per gli attori di teatro dopo lultima alzata di sipario. E noi vogliamo
ricordarla come attrice di talento, dal particolare percorso artistico, e per
le sue scelte rigorose.
Aveva iniziato partecipando alla gloriosa impresa del Carrozzone,
una sorta di Carro di Tespi nato per portare il grande teatro classico in giro
per lItalia del secondo dopoguerra. E in quellimpresa, animata dalla forte
personalità di Fantasio Piccoli che
di lì a poco avrebbe fondato il Teatro Stabile di Bolzano, la Fortunato a
ventanni debuttò ne La dodicesima notte
di Shakespeare, avendo come compagni
Romolo Valli, Adriana Asti, Aldo Trionfo.
Già a partire dalla stagione 1954-1955 viene scritturata al Piccolo
Teatro di Milano: ne La trilogia della
villeggiatura di Goldoni è Giacinta,
la figlia di Filippo interpretato da Sergio
Tofano (debutto il 23 novembre 1954), ed è subito notata da Silvio dAmico («Giacinta è una nuova, eccellente
recluta del Piccolo Teatro, Valentina Fortunato, che alle tenere contraddizioni
delle sue irrequietudini dà i caratteri duna assai grata mobilità: teniamo
docchio questa giovane attrice», in Cronache,
1914-1955, a cura di A. dAmico e L. Vito, Palermo, Novecento, 2005, vol.
V, to. III, p. 712). A
questo debutto segue una fitta galleria dinterpretazioni, puntualmente
registrate nel bel volume celebrativo dei primi dieci anni dello Stabile
milanese (1947-58 Piccolo Teatro, Milano,
Moneta, 1958): Varia, figlia adottiva della Liubòv Andrièievna di Sarah Ferrati ne Il giardino dei ciliegi di Čechov (13 gennaio 1955); Processo a Gesù di Diego
Fabbri (Una signora irrequieta, 2
marzo 1955); La casa di Bernarda Alba
di Lorca (21 aprile 1955), nella
quale interpreta Martirio, una delle figlie di Bernarda (Sarah Ferrati); Elisa in Tre
quarti di luna di Luigi Squarzina
(24 maggio 1955), nelledizione diretta
da Strehler, dove Luca Ronconi pugnalava Tino Carraro, anziché Vittorio Gassman, come era avvenuto due anni prima al debutto romano al
Teatro Valle.
Nella stagione 1955-1956 partecipa ad alcuni allestimenti storici
del Piccolo Teatro, con ruoli sempre più centrali: Nina in El nost Milan di Carlo
Bertolazzi (3 dicembre 1955); unaltra Nina, questa volta figlia del Barone
Navarra di Salvo Randone in Dal tuo al mio di Verga (2 aprile 1955); Ortensia ne I vincitori di Bettini e
Albini (8 febbraio 1956); Eleonora Duplay ne I giacobini di Federico
Zardi (13 aprile 1956); la madre ne La
favola del figlio cambiato di Pirandello
(24 maggio 1956). Ma è nella stagione 1957-1958 che coglie il suo maggiore
successo personale: infatti, dopo aver interpretato Maria Nicoletta, moglie del
Carlo Goldoni di Carraro in Goldoni e le
sue sedici commedie nuove di Paolo
Ferrari, è Scen Te / Sciui Ta, la protagonista de Lanima buona di Se-zuan di Bertolt
Brecht (22 febbraio 1958), uninterpretazione
che le vale il Premio San Genesio per la migliore caratterizzazione femminile.
Nel volume testé citato, esemplare per rigore documentario, si
legge: «Nella parabola
ascendente della sua carriera al Piccolo Teatro, Valentina Fortunato ha
raggiunto il punto più alto con la creazione dei due personaggi di Scen Te e di
Sciui Ta. Molta fatica e molto impegno le costarono le due parti nellopera di
Brecht: i risultati furono, per riconoscimento unanime, i migliori possibili» (ivi, p. 231). Un vero e proprio attestato, anche nel tono
ufficiale, nelle intenzioni dei curatori del volume, Arturo Lazzari e Sergio Morando, sotto la supervisione
di Paolo Grassi e Strehler, che si
concludeva con un estratto della cronaca di Salvatore Quasimodo: «La tenerezza di Scen Te e laspra anima di
Sciui Ta si sono spalancate e chiuse nelle duplice prospettiva recitante di
Valentina Fortunato, attrice ormai di grande, singolare rilievo: la sua
recitazione, sia delle parti metafisiche che liriche, non è solo conquista
tecnica, ma espressione duna intelligenza consapevolmente drammatica».
Ancora uno spettacolo in chiusura di stagione (Delia
Corsi in Una montagna di carta di Guido Rocca, 23 aprile 1958) e si
conclude la permanenza dellattrice al Piccolo Teatro di Milano. Nella stagione
successiva 1958-1959 la ritroviamo, al fianco di Giancarlo Sbragia, allo Stabile di Genova, chiamati a riempire il
vuoto lasciato dallaccoppiata Enrico
Maria Salerno-Valeria Valeri: Anne
in Un istante prima di Enrico Bassano (3 marzo 1959); Josie
Hogan in Una luna per i bastardi di Eugene ONeill (24 marzo 1959).
Nel 1961 sposa Sergio Fantoni dal quale ha una figlia,
Monica. Il primo agosto 1966 veste i panni di Giulietta detta Agata nella Commedia degli straccioni di Annibal Caro, regista Ronconi. Di lì a
poco, insieme al marito, dà vita alla Compagnia Fortunato-Fantoni-Ronconi che
il 12 agosto 1966, nel cortile del Palazzo Ducale di Urbino, mette in scena I lunatici di Middleton e Rowley, per
la regia dello stesso Ronconi, pièce
nella quale lattrice interpreta la parte di Beatrice Joanna. Successivamente, fermo
restando il binomio Fortunato-Fantoni, i nomi in ditta variano alloccorrenza e
il 25 novembre successivo, al teatro SantErasmo di Milano, sempre con Ronconi regista,
la compagnia Fortunato-Fantoni-Brignone presenta Lucrezia?... (Pour Lucrèce) di Jean
Giraudoux (Lucile Blanchard); il primo ottobre 1968 alla Fenice di Venezia,
nel quadro della Biennale Teatro, la neo formazione
Fortunato-Fantoni-Ronconi-Scaccia, ancora sotto la direzione di Ronconi, mette
in scena il Candelaio di Giordano Bruno, scene di Mario Ceroli e costumi di Enrico Job (la Fortunato è la bella
Carubina); il primo dicembre dello stesso anno, al Carignano di Torino, la compagnia
priva di Scaccia è nuovamente in scena con Le
mutande di Carl Sternheim
(Luisa).
Ma la vera svolta nella carriera della Fortunato avviene
nel 1969, quando fonda la cooperativa teatrale “Gli Associati”. Ne sono soci
promotori, oltre al marito Fantoni, Sbragia (che svolge anche attività di
regista), Ivo Garrani, il regista Virginio Puecher, lo scenografo Gianni Polidori, lorganizzatore Fulvio Fo e il tecnico Nunzio Meschieri. Nel 1970 entrano a
far parte della neonata compagine Luigi
Vannucchi (attore e regista), Antonio
Ballerio (aiuto regista, nonché scenografo e attore), Vittorio Rossi (scenografo) e Pietro
Formentini (autore e attore). Nel 1972 si aggiungono altri attori – Renzo Giovampietro, Paola Mannoni, Valeria Ciangottini – e questo consente agli Associati di dare vita
a due compagnie, che crescono ulteriormente nel 1975 con lingresso di ulteriori
soci: Paolo Giuranna (regista e
attore) e i più giovani attori Laura Fo
e Mattia Sbragia. Dalla stagione
1973-1974 Giancarlo Sbragia è direttore artistico, mentre Fulvio Fo è direttore
organizzativo (cfr. A. Bergamini, Sei
anni [Associati 1969/75], Roma, Gli Associati, 1975).
Sin dallo spettacolo di esordio – un Don Carlos di Schiller, per la regia dello
stesso Sbragia, andato in scena al Teatro Romano di Verona nellestate del 1969
– gli Associati, che affiancano agli spettacoli unattività editoriale, si
segnalano come compagnia di alto livello e dal deciso impegno civile, le cui
scelte artistiche spazieranno dai classici ai contemporanei: dal Faust (Urfaust) di Goethe (1969, Margherita) allOtello
di Shakespeare (1970, Desdemona); dal Caligola
di Camus (1970, Cesonia) a Strano interludio di ONeill (1971, Nina); dallIliade (1970, Giunone, Elena, Ulisse,
Andromaca) a Inferni (1970); da Porte chiuse di Sartre e Canicola di Rosso di San Secondo (Ines) al Vizio assurdo di Fabbri e Lajolo (1973,
Gaspera), con lintensa interpretazione di Luigi
Vannucchi, nei panni dello scrittore Luigi Pavese: spettacolo contestato,
ma premiato da un vasto consenso di pubblico, con oltre trecento repliche, e
destinato a proiettare unombra lunga sul suicidio del popolare attore,
avvenuto nel 1978.
A differenza di Fantoni, la Fortunato, pur
lavorando anche per la televisione, rimase fedele al teatro, senza farsi
tentare dal cinema, rifiutando una proposta di Gillo Pontecorvo per Kapò e
limitandosi al doppiaggio di Annie
Girardot nel viscontiano Rocco e i
suoi fratelli. Abbandonate anzitempo le scene, il teatro continuò a
frequentarlo in platea, da spettatrice, fino allultimo, seguendo in
particolare le stagioni del milanese Teatro Carcano, il cui direttore artistico
è quello stesso Fantoni da cui era ormai separata da tempo. Anche in questo particolare
ci pare di scorgere quellinteresse reale verso il teatro che fece di Valentina
Fortunato unattrice non affetta da smanie di protagonismo, ma sempre al
servizio del personaggio che, di volta in volta, si trovò a interpretare.
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