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Il peso del vuoto

di Matteo Citrini*
  Giants Being Lonely
Data di pubblicazione su web 02/09/2019  

Quello della solitudine e dello smarrimento adolescenziale è uno dei temi maggiormente affrontati dal cinema d’autore statunitense degli ultimi decenni. Giants Being Lonely di Grear Patterson si inserisce in questo fortunato filone che attinge a piene mani dai fatti di cronaca americana abbracciando, nei casi migliori, una più ampia riflessione sul senso di vuoto che accomuna le vite di molti giovani.

Bobby (Jack Irving) e Adam (Ben Irving) sono compagni della squadra di baseball. Fisicamente sembrano uno il gemello dell’altro, ma la loro somiglianza nasconde una complementarità di storie e caratteri. Se il primo, seducente e straripante, sembra essere baciato dalla dea fortuna, il secondo, dai modi gentili, appare schiacciato dall’insicurezza. Parimenti, le rispettive famiglie sono l’una l’opposto dell’altra: Bobby è cresciuto senza madre e con un padre quasi amebico, mentre Adam è figlio del carismatico coach di baseball (Gabe Fazio) e di una donna (Amalia Culp) convinta di aver realizzato il sogno della “famiglia felice.” Tuttavia, dietro tale superficie, si cela un padre violento e tiranno e una madre del tutto incapace di affrontare le sofferenze del figlio (ma che beffardamente s’infatua di Bobby, tradendo con lui il marito).



Una scena del film
© Biennale Cinema 2019

Con un montaggio originale, che spesso alterna momenti in apparenza diversi tra loro ma che si bilanciano nelle emozioni suscitate (così un urlo di disperazione si trasforma in un silenzio altrettanto squarciante), Patterson intreccia le storie di questi adolescenti con uno sguardo nostalgico che non cela però le crudeltà di cui è capace la giovinezza.

Circondati da una pletora di personaggi a loro volta spesso scissi e contraddittori (come la giovane Caroline, interpretata da Lily Gavin), Bobby e Adam rappresentano quella rottura tra ciò che appare e ciò che cova nell’animo. Il film lo mostra fin da subito con una suggestiva carrellata di ville tipiche della provincia americana. Insistendo sulle loro facciate perfettamente curate il regista ci mette in guardia: dietro ogni stanza si cela un segreto, un tradimento, una tortura che inevitabilmente verrà a galla. Le fondamenta di queste case, che altro non sono se non l’immagine stessa della famiglia statunitense, sono tanto smaltate fuori quanto marce e corrose dentro.


una scena del film
Una scena del film
© Biennale Cinema 2019

Le insopportabili falsità e ipocrisia del mito familiare conducono fatalmente il film a un finale truce, che vede Adam arruolarsi nelle schiere di quei giovani che hanno trovato nella violenza sanguinaria la sola possibilità di sfogo e liberazione. Corpi che sì, si muovono, ma nascondono un’apatia insopportabile che il cinema, nel suo essere al contempo simulacro fisico e spirituale di una persona, riesce con tragica forza a restituirci.

Pur debitore di analoghe esperienze autoriali precedenti, nonostante una sceneggiatura a tratti dispersiva, Giants Being Lonely si contraddistingue sia per l’acutezza di sguardo sul mondo adolescenziale sia per il coraggio di un montaggio non soggiogato alla narrazione bensì capace di spingersi oltre per cercare analogie e differenze tra modi di esprimersi differenti.


* Dottorando in Storia dello spettacolo presso l’Università di Firenze.

Impaginazione di Antonia Liberto, dottoranda in Storia dello spettacolo presso l’Università di Firenze.



Giants Being Lonely
cast cast & credits
 


La locandina del film



 
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