Nel dilagante, aggressivo femminismo del “me too”, The perfect candidate di Haifaa Al Mansour acquista un valore particolare al di là dei meriti cinematografici. Perché parla di realtà difficili, vere, di condizioni storiche di regioni in cui le antiche tradizioni sono state soffocate da più moderne brame; ma questa modernità non ha toccato gli antichi tabù, anzi, sradicandoli dal loro contesto storico, li ha resi ancor più anacronistici e inaccettabili. Parla cioè di donne in Arabia saudita, donne costrette a subire il peso di pregiudizi offensivi e stupidi, tanto stupidi da ritorcersi contro coloro che più li sostengono. Girato interamente in terra saudita, paese gonfio di petrolio e di interessi materiali, di aggiornamenti disarmonici, il film è fin troppo didattico nel suo impianto narrativo, privo però di bellurie virtuosistiche e di rivendicazioni ad alta voce. Anzi per certi versi è un film intimista, con un impianto quasi cechoviano, con tre sorelle inquiete e un padre inetto e debole come un Vanja del deserto.
Una scena del film © Biennale Cinema 2019
Le storie maschile e femminile procedono quasi parallele, nella più vistosa incomprensione. Incomprensione che però viene messa alla prova dalla sorprendente e battagliera protagonista (Mila Alzahrani), medico in un ospedale di provincia (e già questo è il segno di un risveglio inarrestabile). La giovane è una donna impavida, generosa e ricca di fantasia; gli ostacoli che si frappongono al suo progetto di ottenere una strada di accesso decente al pronto soccorso nel quale lavora diventano stimolo a un impegno più alto: allingresso nella vita politica del suo villaggio, al rifiuto del velo integrale. Questa prima battaglia sarà, ovviamente, perduta, ma i segni lasciati nella coscienza degli uomini e delle donne che la attorniano sembrano promettere spiragli di speranza. Haifaa Al Mansour © Biennale Cinema 2019
Spiragli di speranza che si allargano nel parallelo e apparentemente estraneo, sommesso ma non meno incisivo, percorso paterno. Mentre la figlia, affiancata dalle sorelle sempre più coinvolte, procede nel suo esplicito impegno, lanziano vedovo sembra vagare in una inconcludente e autoreferenziale ricerca del tempo perduto: passa di villaggio in villaggio, suonando le antiche melodie compagne della sua vita e facendo rinascere negli ascoltatori emozioni annebbiate dal ritmo sempre più convulso di una modernità raffazzonata. Forse proprio nella conciliazione di queste due forze non antitetiche la regista intravede con discrezione la strada di un faticoso ma non impossibile futuro.
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The perfect candidate
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La regista Haifaa Al Mansour |
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