Dichiaratamente ispirata al dramma, e soprattutto
allanima cechoviana, la trasposizione della vicenda di tre sorelle, dalla
campagna russa senza speranza allAnatolia senza tempo, vissuta in prima
persona dal regista, è certamente tra i film più belli e più risonanti di
questa edizione berlinese.
Una scena di Kiz Kardesler © Emre Erkmen
Nonostante
lapparente modestia della vicenda individuale dentro una microscopica comunità
isolata dal resto del mondo (lisolamento diventa prigionia durante i lunghi
mesi invernali in cui il paese è irraggiungibile), la formazione storica del
regista trapela prepotentemente dando alla vicenda per piccoli tocchi
progressivi un valore politico nitido che travalica laspetto più vistoso di
una sorta di antropologia drammatizzata. Poiché se la storia sembra essersi
fermata con la complicità di una natura impervia (e magnificamente restituita
dalla macchina da presa), laltrove è invece sempre presente ed è laltrove di
una fuga verso la città, Ankara (succedaneo dellaspirazione moscovita sempre
frustrata nelle eroine cecoviane), mitico luogo di emancipazione e feroce
matrigna che respinge ad una ad una le fanciulle in fiore. A turno illuse di
poter mutare la propria vita nella grande città dove si avventurano senza
alcuna esperienza, vengono poi rigettate nel paese dorigine: Reyhan, ventenne,
tornerà incinta e sposerà uno sciocco del paese (sognando però per il figlio
una fuga più fortunata della propria); Nurhan (sedicenne, la più ribelle)
tornerà segnata dalla malattia che la porterà alla tomba. Solo per Havva,
tredicenne, la strada forse non è ancora segnata.
Una scena di Kiz Kardesler © Emre Erkmen
Non sono però solo le donne ad essere smarrite,
fuori posto, in una società di cui stanno perdendo i connotati. Gli uomini,
certo più forti ma in certo modo più vittime della ripetizione dei loro valori
nella società che sta comunque cambiando, sono anchessi fuori posto. Forse
ancor più fuori posto, incapaci di quella solidarietà sororale che comunque
sostiene le donne. Solo la pazza del paese è al suo posto: incapace di
comprendere si perde caprioleggiando nellinfinita vanità del tutto. Il
discorso politico può con piena efficacia diventare poesia.
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