Jacopo Godani, ballerino e dancemaker, fa parte di quella “scuola
di pensiero” coreutica e coreografica che non prescinde, anche in ambito
contemporaneo, dal verbo della cosiddetta “danza-danza”.
Di questa scelta di
campo ci eravamo già accorti quando avemmo loccasione di vederlo al XXIX
Cantiere Internazionale dArte di Montepulciano nel luglio 2004 e poi al Teatro
Comunale di Ferrara nel febbraio 2005. A Montepulciano Godani tributava un
omaggio al maestro William Forsythe e al suo Frankfurt Ballet – di cui egli
stesso era stato membro dal 1991 al 2000 – con il trittico Approximate Sonata di Forsythe, Disingenio
e Statico Confuso radunando
ballerini del Frankfurt Ballet, del Nederlands Dans Theater, del Royal Danish
Ballet, dei Ballets de Montecarlo e dellAterballetto. Si rilegga quanto
scrivemmo sullo spettacolo del 31 luglio 2004.
A Ferrara, chiamato
da Mauro Bigonzetti allepoca direttore di Aterballetto, Godani riproponeva Baby Gang. Una coreografia con cui
aveva debuttato al Festival Reggio Emilia Danza nel maggio 2004 con quella
stessa compagnia e che lì veniva ripresa e abbinata a Next di Fabrizio Monteverde. Anche in questo caso
rimandiamo alle nostre osservazioni sull evento
del 5 febbraio 2005.
A distanza di
tredici anni lartista spezzino è per la prima volta al Teatro Valli di Reggio
Emilia in qualità di direttore della Dresden Frankfurt Dance Company. Lo
splendido organico se da un lato raccoglie leredità del Frankfurt Ballet e
della Forsythe Company di Dresda – e non poteva essere altrimenti visto il
legame con Forsythe –, dallaltro esprime il “credo” artistico di Godani, al di
qua e al di là di rigide classificazioni stilistiche.
La sua danza – lo si
è visto chiaramente nellapplauditissimo trittico Metamorphers, Echoes from a
Restless Soul, Moto Perpetuo presentato
al Valli – è danza vera; una danza che richiede ai ballerini di ballare, non di
muoversi sovrapponendo e/o intrecciando figurazioni pseudodanzate, con o senza
musica, per “fare cose”.
Un momento dello spettacolo © Paolo Porto
I danzatori di Godani non “fanno cose”, fanno danza
mostrando una rigorosa preparazione tecnica, mai disgiunta dalla necessità di
forgiare il “corpo artistico” in una continua e costante ricerca espressiva.
Ricerca che sfuma i confini tra i linguaggi e contribuisce alla nascita di uno
stile dinamico, elegante, sinuoso, fisico, forte, in cui alla studiata
frantumazione delle linee classiche risponde unimperiosa spinta contemporanea.
Un codice estetico maturato
in anni di studi presso il Mudra di Béjart, con esperienze professionali
in compagnie contemporanee come ballerino e autore, nonché grazie alle prestigiose
committenze di complessi internazionali quali il Royal Ballet, il Corpo di
Ballo della Scala, Les Ballets de Montecarlo, Le Ballet du Capitole de Touluse,
il Royal Ballet of Flanders, la Sydney Dance Company (solo per citarne alcuni).
Questo bagaglio di
esperienze, unito a intelligenza e sensibilità creativa, ha portato Godani a
fare della Dresden Frankfurt Dance Company, che dirige dal 2015, una formazione
dautore a trecentosessanta gradi, occupandosi lui stesso anche delle luci,
delle scene, dei costumi, e individuando nella musica linterlocutore
privilegiato di un serrato “dialogo” tra protagonisti e deuteragonisti.
E proprio la stretta
relazione tra musica, coreografia ed interpreti sta alla base dei lavori messi
in scena a Reggio Emilia a cominciare da Metamorphers
sul Quartetto per archi n.4 di Béla
Bartok. Un Quartetto eseguito dal
vivo con grande maestria da Jagdish Mistry (violino), Diego Ramos
Rodrígurez (violino), Aida-Carmen Soanea (viola) e Michael M.
Kasper (violoncello) dellEnsemble Modern. In Metamorphers, creato nel
2016, i ballerini appaiono in scena in aderenti e trasparenti costumi
neri trasparenti che accentuano l'androginia del gruppo e danno vita sulla
musica di Bartok a un incessante fluire dei moduli figurativi dellassolo, del
duo, del trio, del quartetto, del quintetto, del sestetto, fino allensemble,
che raggruppa i componenti prima dellepilogo affidato a un unico ballerino.
Una coreografia che nellessenzialità dellallestimento, nelle posizioni off balance e nella simmetria musicale dei legati riecheggia gli stilemi di
Forsythe, mentre la chiusa con il danzatore a terra e di spalle, che si
agguanta la punta del piede e arcua corpo e gamba in un esasperato cambré, ricorda Bigonzetti. Tratti compositivi e coreografici che
Godani conosce bene e che cita “reinventadoli” nel proprio stile.
Un momento dello spettacolo © Paolo Porto
Uno stile “alla
Godani” che si coglie anche in Echoes
from a Restless Soul: una creazione del 2016 sui brani per
pianoforte di Ravel Ondine e Le Gibet tratti da Gaspard de la Nuit e interpretati dal vivo in modo impeccabile da Svjatoslav
Krolev. Il pezzo parte con un passo a due classico-contemporaneo di grande
impatto visivo ed emotivo. Un lui e una lei sulle punte, in pantaloncini e
maglietta color bronzo, che per il gioco delle luci sembrano immersi nellacqua
e nel “naufragar”, si fondono con la musica e con lo spazio in una sorta di “panismo
scenico”. Una fusione accentuata dalla flessuosità degli arti, dai morbidi
intrecci, dalla potenza felina con cui lui avvolge lei e lei avvolge lui,
aggrovigliandosi per poi liberare in un infinito virtuale il corpo artistico.
Un pas de deux straordinario la cui
cifra ritorna nella seconda parte della coreografia con nuovi passi a due e
quartetti nei quali, tra ondulazione e liquidità, musica e danza, entrano in
simbiosi.
In chiusura va in scena Moto Perpetuo, sempre del 2016, su musica elettronica di 48nord (Ulrich
Müller & Siegfried Rössert). Qui esplode il vitalismo
coreografico che coinvolge lo spettatore: ipnotizzato dallenergia
sprigionata dalla musica sperimentale, dalla danza “godaniana” e dalla Dresden
Frankfurt Dance Company. In questo lavoro Godani privilegia la coralità, il
movimento incessante e mette in luce la compattezza della sua compagine
tersicorea. Un corpo artistico unico, omogeneo, androgino, in cui la
danza-danza la fa da padrona esaltata dallavvolgente nudità della scena e dallabbacinante
light design.
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