drammaturgia.it
Home | Cinema | Teatro | Opera e concerti | Danza | Mostre | Varia | Televisioni | Libri | Riviste
Punto sul vivo | Segnal@zioni | Saggi | Profili-interviste | Link | Contatti
cerca in vai

Ricordo di Gian Franco Padovani

di Alessandro Tinterri
  Ricordo di Gian Franco Padovani
Data di pubblicazione su web 26/03/2018  

Un carro trainato a braccia su una pedana circolare al centro della scena brechtiana di Gian Franco Padovani per la Madre Coraggio di Lina Volonghi: quel carro si è fermato definitivamente, il girevole non gira più, le luci di scena si sono spente il 28 gennaio 2018, a Cortona.

Gian Franco Padovani era nato a Venezia nel 1928, ma aveva studiato all’Accademia di Belle Arti di Brera, abitando all’interno della stazione centrale di Milano, nell’alloggio riservato al direttore, suo padre. Aveva assistito alla gogna di Piazzale Loreto di cui conservava un ricordo indelebile. Dopo il diploma in scenografia, conseguito nel 1950, aveva partecipato all’avventura del Carrozzone di Fantasio Piccoli al Teatro Stabile di Bolzano, dove era rimasto sino al 1955, per passare poi al Teatro Stabile di Trieste. Ed è lì che avviene l’incontro con Luigi Squarzina. Lo Stabile triestino mette in scena Tre quarti di luna, con le scene di Padovani; Squarzina, autore della pièce, che è appena stato chiamato da Ivo Chiesa a co-dirigere il Teatro Stabile di Genova, invita lo scenografo, insieme con due giovani attori, Margherita Guzzinati e Omero Antonutti, a lasciare Trieste per trasferirsi a Genova.

Il debutto allo Stabile genovese avviene con uno spettacolo esemplare: I due gemelli veneziani, protagonista uno strepitoso Alberto Lionello (Squarzina ebbe a definirlo un attore «immenso»). Per quello spettacolo, ambientato a Verona, Padovani immagina una scena evocativa dell’atmosfera della città scaligera che, con quelle palafitte montate sul palcoscenico e la ruota di un mulino che si staglia davanti al fondale, sembra fondere le acque dell’Adige con la memoria della città lagunare, trasmettendo la quintessenza della teatralità goldoniana. È solo il primo di una fortunata stagione di allestimenti goldoniani, firmati da Squarzina e Padovani che, oltre alle scene, disegna anche i costumi per la più bella compagnia goldoniana di quegli anni comprendente una schiera di attori affiatati, alcuni veneti per davvero, altri che lo divennero per elezione: Lina Volonghi e Lucilla Morlacchi, la citata Guzzinati e Grazia Maria Spina, Esmeralda Ruspoli e Elsa Vazzoler, Wanda Benedetti e Toni Barpi, il già menzionato Antonutti ed Eros Pagni, Giancarlo Zanetti e Giampiero Bianchi, Sebastiano Tringali e Gianni Fenzi (anche storico regista assistente di Squarzina), Gianni Galavotti e Camillo Milli, Sebastiano Tringali e Alvise Battain, senza dimenticare quel grande caratterista che è stato Enrico Ardizzone. Seguono Una delle ultime sere di carnovale (1968, cui collaborò in veste di drammaturgo Ludovico Zorzi, che ne ha fissato il ricordo nel saggio Les Adieux, I rusteghi (1969) e La casa nova (1973). Tre spettacoli che, secondo Siro Ferrone, fecero avanzare la riflessione critica su Goldoni intorno a due temi principali: la critica alla borghesia e l’autobiografismo.

Gli anni genovesi, che comprendono altri allestimenti memorabili, da La coscienza di Zeno di Tullio Kezich da Svevo (1964, condensato scenografico del ricordo dell’amata Trieste) al Tartufo di Molière-Bulgakov (1971), coincidono con la stagione della maturità di Squarzina e costituiscono, al tempo stesso, l’età dell’oro del Teatro Stabile di Genova che Padovani lascia nel 1987 per raggiungere al Teatro di Roma Squarzina che ne aveva assunta la direzione. Nel frattempo intensifica le collaborazioni con le maggiori compagnie di prosa, sino alle scene di In principio era il trio (1990) di Lopez-Marchesini-Solenghi per i quali aveva già realizzato scene e costumi per l’edizione televisiva dei Promessi sposi interpretati in chiave umoristica dal Trio.

Per la Rai Padovani lavorava già dai primi anni ’60, e superano trenta i titoli cui ha collaborato. «Tutto quello che sapevo sul costume teatrale l’ho dovuto rivedere e adattare al mezzo televisivo; ai tessuti bianchi facevamo sempre dei bagni nel tè molto diluito per ottenere un color panna che la camera leggeva come bianco. Ma il maggior apporto luminoso richiesto dai set ha comportato anche una diversa e più accurata scelta dei materiali impiegati per la loro costruzione» (Omaggio a Gian Franco Padovani scenografo e costumista, catalogo della mostra a cura di Eleonora Sandrelli [Cortona, 9 novembre 2008-6 gennaio 2009], Cortona, Comune di Cortona, 2008, pp. 49-50).

Non meno ricca la sua produzione lirica. Dal 1992 al 2001 è direttore degli allestimenti scenici al nuovo Teatro Carlo Felice di Genova, e dal 2001 al 2003 ricopre lo stesso incarico all’Arena di Verona.

Oltre all’indubbio talento, ha contribuito alla sua ricca carriera professionale anche il suo carattere, sempre incline al sorriso: «ottimista, spiritoso, generoso» lo ha definito Squarzina, legato a lui da un sodalizio durato tutta una vita (Oedipus Rex di Stravinsky al Teatro dell’Opera di Roma nel 2005 è l’ultimo spettacolo che li ha visti insieme). Significativa la testimonianza rilasciata da Sergio Fantoni nel 2008, in occasione della mostra realizzata a Cortona per i suoi ottant’anni: «per mia fortuna io, di Gian Franco, ho conosciuto, molti anni fa, prima le qualità umane e solo più tardi quelle artistiche. E questo in un ambiente, quello teatrale, che per come è organizzato non lascia troppo spazio ai rapporti di amicizia, sballottati come siamo di qua e di là, rappresenta un’eccezione».

Alieno da ogni protagonismo, amava definirsi uno scenotecnico, inteso come tecnico della scena. «Guai se qualcuno esce dallo spettacolo dicendo “Che bella scenografia”, significa che lo si è prevaricato. È troppo facile fare una bella scenografia, il difficile è fare un buon appoggio, una scena pertinente a quello che viene rappresentato. Se questo vale in teatro è ancor più vero nella lirica. Lo stazione dell’opera lirica è immenso e quindi è difficile creare una scenografia, questo vasto spazio va riempito e per farlo servono tanto pudore e rispetto per gli attori e per l’opera stessa» (ivi, p. 43).



 


Bozzetto per La coscienza di Zeno (1964, regia di L. Squarzina)



 
Firenze University Press
tel. (+39) 055 2757700 - fax (+39) 055 2757712
Via Cittadella 7 - 50144 Firenze

web:  http://www.fupress.com
email:info@fupress.com
© Firenze University Press 2013