Utøya 22. Juli
Il 22
luglio 2011 cinquecento giovani partecipanti al campo estivo nellisola di
Utøya sono stati attaccati da un uomo pesantemente armato, rivelatosi legato,
almeno ideologicamente, alla destra estremista. Lattentato è costato la vita a
sessantanove vittime. Un trauma che ha scosso la Norvegia in profondità,
producendo una ferita che ancora oggi continua a sanguinare.
Il
regista Erik Poppe ha avuto il
coraggio di raccontare per primo quei drammatici eventi in un film. Il
lavoro si apre con riprese documentaristiche di Oslo, negli istanti
immediatamente prima che lattentatore facesse esplodere unautobomba provocando otto morti. La
scena si sposta quindi nellisola di Utøya, dove la camera segue la
diciannovenne Kaja che si trova lì per trascorrere qualche giorno di vacanza
insieme alla sorella più piccola Emilie. Le due litigano per futili motivi,
quando improvvisamente esplode il primo colpo di arma da fuoco. Lo sparo segna
linizio di una sequenza mozzafiato di settantadue minuti in cui il regista, con
ununica ripresa, ricostruisce la tragedia dal punto di vista delle vittime.
Col cuore in gola partecipiamo alla disperata ricerca di Emilie da parte di
Kaja, tocchiamo con mano la paura negli occhi dei ragazzi, fuggiamo con loro
nei boschi nella speranza dellarrivo di un qualche soccorritore, mentre lo
sconosciuto assassino si avvicina sempre di più…
Proiezioni:
Lunedì 19 febbraio, ore 15:00, Berlinale Palast Martedì
20 febbraio, ore 09:30, Friedrichstadt-Palast Martedì
20 febbraio, ore 12:30, Haus der Berliner Festspiele Martedì
20 febbraio, ore 18:00, Friedrichstadt-Palast Una scena di Utøya © Agnete Brun Erik
Poppe
Nato a
Oslo nel 1960, inizia la sua carriera come fotografo per la stampa, conseguendo
numerosi premi. Dopo lo studio al Dramatiska Institutet di Stoccolma, lavora
come direttore della fotografia in numerosi lungometraggi, prima del suo
debutto alla regia con Schpaa,
proiettato nella sezione Panorama della
Berlinale 1999. Il film è il primo episodio della pluripremiata trilogia di
Oslo, che comprende Hawaii, Oslo e DeUsynlige (Troubled
Water). Il suo penultimo film Kongens Nei (The Kings Choice)
è stato ospitato nella sezione Panorama della
Berlinale (2017).
3 Tage in Quiberon
Le
fotografie di Romy Schneider
catturate dallobiettivo di Robert
Lebeck sono famose in tutto il mondo. La loro eccezionalità è dovuta
principalmente alla capacità di cogliere la natura contraddittoria di questa
immensa attrice, la sua personalità esuberante e allo stesso tempo il suo velo
di malinconia e sofferenza. Allo stesso Lebeck si devono anche le foto a
corredo della leggendaria intervista che la Schneider, nonostante lo scarso feeling con la stampa tedesca, concesse
al giornalista della rivista «Stern» Micheal
Jürgs, a Quiberon, nel 1981. In quel periodo lattrice si era ritirata
nella città termale bretone, giovandosi della compagnia di Hilde, sua cara
amica di lunga data.
Lintervista
e le foto in bianco e nero costituiscono il cuore pulsante del film. Il regista
riesce a restituire latmosfera di quei tre giorni in cui la Schneider mette
gradualmente a nudo la propria anima fino a un punto di rottura. Il progressivo
rivelarsi della persona dietro la maschera della diva è destinato a innescare
inquietudini e reazioni veementi negli astanti. E mentre Hilde cerca di
proteggere lamica da sé stessa, il cinico riserbo del giornalista viene meno
di fronte alla disarmante onestà della
donna.
Guidato
dalle rivelazioni di Romy, Lebeck fa emergere il ritratto multi sfaccettato di
unattrice fascinosa e al tempo stesso di una donna incompresa.
Proiezioni:
Lunedì
19 febbraio, ore 18:15, Berlinale Palast Martedì
20 febbraio, ore 12:00, Friedrichstadt-Palast Martedì
20 febbraio, ore 21:00, Haus der Berliner Festspiele Mercoledì
21 febbraio, ore 21:30, filmkunst 66 Domenica
25 febbraio, ore 12:45, Berlinale Palast Una scena di 3 Tage in Quiberon © Rohfilm Factory/ Prokino/ Peter Hartwig Emily Atef
Nata a
Berlino nel 1973, è cresciuta tra la Germania, Parigi e Los Angeles. In
seguito, ha intrapreso la propria carriera teatrale a Londra. Dal 2001 ha
studiato regia alla German Film and Television Academy (dffb). Il suo primo
lungometraggio Mollys Way ha vinto
il premio esordienti al Munich Film Festival, mentre il successivo The Stranger in me ha esordito a Cannes,
ottenendo numerosi riconoscimenti. Allaltrettanto premiato Kill me è seguita la serie televisiva Queen of the Night, quindi il film per
la TV Wunschkinder, per finire con Dont Worry Im Fine.
7 Days in Entebbe
Il 27
giugno 1976 quattro uomini sequestrarono un volo Air France. Laereo,
proveniente da Tel Aviv, era diretto a Parigi. Due dei dirottatori erano membri
del PFLP (il Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina); gli altri
due, entrambi tedeschi, appartenevano allorganizzazione di estrema sinistra
Revolutionary Cells. Più di cento gli ostaggi trattenuti – per lo più
israeliani – per una settimana. Tra le richieste dei terroristi cera il
rilascio di quaranta combattenti palestinesi prigionieri.
Il film
ricostruisce gli avvenimenti seguiti allatterraggio del velivolo a Entebbe,
dove i dirottatori furono aiutati dal dittatore dellUganda Idi Amin. Sulla base di nuove indagini,
José Padilha propone la sua versione
del dirottamento, in particolare del rilascio dei prigionieri non ebrei, nonché descrive dettagliatamente gli sforzi del governo israeliano per
la liberazione degli ostaggi, avallando la possibilità che le forze di commando
del paese abbiano svolto un ruolo chiave nella risoluzione tuttaltro che
pacifica della vicenda. Come nei suoi precedenti lavori, il regista si serve di
fatti realmente accaduti per esplorare i temi della paura, della violenza e
della (auto)distruzione.
Proiezioni:
Lunedì 19 febbraio, ore 22:00, Berlinale Palast Martedì
20 febbraio, ore 10:00, Haus der Berliner Festspiele Mercoledì
20 febbraio, ore 15:00, Friedrichstadt-Palast Giovedì
20 febbraio, ore 18:30, Haus der Berliner Festspiele
Una scena di 7 Days in Entebbe © Liam Daniel José
Padilha
Nato a
Rio de Janeiro nel 1967, ha lavorato come produttore cinematografico, scrittore
e regista, ed è conosciuto in patria anche per la collaborazione con le pagine
culturali del quotidiano «O globo», uno dei più letti in Brasile. Ha vinto un
Emmy e un Peabody Award per il documentario Bus
174, mentre il suo The Elite Squad,
Orso doro a Berlino nel 2008, ha riscosso un grande successo al botteghino.
Dopo aver lavorato al sequel Elite Squad:
The Enemy Within, ha diretto nel 2014 il remake di RoboCop. È regista dellepisodio pilota della serie Netflix Narcos, nominata ai Golden Globes nel 2015. Sempre per Netflix è attesa
luscita della sua nuova serie TV, O
mecanismo.
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