La prima redazione del dramma di Claudel, La jeune fille Violaine, è del 1892; col titolo LAnnonce faite à Marie il testo viene
riscritto fra il 1909 e il 1911, a dimostrare i ripensamenti del poeta. Teatro
nato in clima simbolista, coevo a quello di Maeterlinck, di Jarry e
di DAnnunzio, eppure ricco
delementi scenici molto concreti, a partire dalla funzione dello spazio,
definito soprattutto dalla luce e dagli oggetti indicati quali acteurs permanents o objets catalyseurs. Aspetti che i rari
allestimenti italiani (quelli diretti da Fabio
Battistini e Antonio Sixty risalgono agli anni Novanta del
Novecento) non valorizzano quanto ai moventi morali o ideologici connessi alle
implicazioni più confessionali dellautore. Per contro, in Francia sono
recuperati nelloriginalità del gioco scenico claudelliano i rapporti dinamici,
visivi e sonori, oltre che sentimentali, fra i personaggi.
Lallestimento di Paolo Bignamini intende storicizzare il
dramma e avvicinarlo ai tempi nostri: «un
Medioevo confuso, in subbuglio, tra le cui pieghe si annidano i tratti della
nostra contemporaneità: tutto è lotta e
sommossa, leconomia è in crisi, la società si sfalda. Le evidenze di un
tempo tremano opache. In questo orizzonte sconvolto, va costruendosi la storia
– straordinaria e dolorosa – di una famiglia» (dal programma di sala). Una
famiglia esemplare soprattutto per i destini attribuiti ai suoi membri dettati
da missioni (o vocazioni religiose) fattesi modello utopico animato dal sacro.
«Un tempo in cui il sole tarda a sorgere – postula nelle Note il regista – e la notte persiste al di là di ogni ragionevole
alternanza con il giorno: abbiamo immaginato una scena fatta di campi di spighe
luminose e, in alto, fioche luci di stelle, uniche speranze lontane alle quali
gli uomini devono tenacemente voler credere, nellattesa che accada ciò che non
possiamo conoscere».
Un momento dello spettacolo © Fabio Zavatteri
La soluzione rappresentativa, adeguata alle istanze trascendenti dellopera, richiede un adattamento nel quale i personaggi, i più immersi nella realtà davvero immaginaria di Claudel, siano interpellati dalle domande esistenziali più ardue e tentino di dare una risposta adeguata, pure nelle limitazioni umane. La visione perentoria del poeta causa allo spettatore un trauma per cui savverte più distante quella spiritualità radicale e ossimorica, che non il momento convenzionale dellazione. Vengono cancellati i personaggi comuni – i cittadini di Chevoche costruttori duna strada che conduce il Re (scortato da Giovanna DArco) verso lincoronazione di Reims – e lambientazione storica di cornice.
Il capofamiglia Vercors vive e
governa nel feudo-convento di Montevergine con la moglie Elisabeth, le due
figlie Violaine e Mara e il garzone Jacques. Un incontro già decisivo si svolge
fra Violaine e larchitetto Pierre de Craon, che a suo tempo ha tentato di
farle violenza. Questi, colpito dalla lebbra, parte per dare compimento
allennesima cattedrale. La giovane, donandogli lanello ricevuto da Jacques,
lo bacia vista di nascosto dalla sorella. Quel gesto spontaneo e generoso le
sarà causa sia del contagio sia della condanna. Parte anche Vercors ma per una Crociata,
disponendo il matrimonio di Violaine con Jacques. È lirica la grande scena
dellincontro fra gli sposi promessi, mentre sullo slancio damore incombe il
dramma, nella rivelazione che la donna ha contratto la lebbra. Jacques, già
avvertito da Mara dellabbraccio con Pierre, ripudia la fidanzata e la esilia
fra gli intoccabili. Quindi sposa Mara e i due hanno una bambina, che però
muore. La madre disperata invoca dalla sorella la resurrezione. Il miracolo
avviene nella notte di Natale.
In tale contesto mistico e
favoloso, discutibile persino sul piano teologico, emerge un linguaggio
poeticamente ispirato ai testi sacri in cerca di
corrispettivi drammatici per una visione ascetica dei rapporti fra luomo e
Dio. Le relazioni interpersonali scoprono comunque, sotto la mitologia della
fede cristiana, dimensioni plausibili di perenne valenza psicologica e
antropologica.
Un momento dello spettacolo © Fabio Zavatteri Lestetica di Claudel cercava i segni più autentici ( in contraddizione rispetto al copione pubblicato) quando apprezzava la rarefazione scenografica, suggeritagli da Jaques-Dalcroze, e lazione duna luce creativa sui corpi degli attori. Bignamini pare condividere tali criteri ponendo uno schermo reticolato sullo sfondo, muro di casa che occulta gli interpreti fuori scena. Il paesaggio esterno è reso da mobili aiuole di spighe luminose esposte sul proscenio. Un tavolo apparecchiato funge anche da altare, poi da tomba, quando riceverà Violaine agonizzante e ne custodirà il cadavere. I costumi distinguono i personaggi in ruoli bene individuati, a partire dalla bianca veste virginale di Violaine e da quella nera, mascolina, simbolicamente opposta di Mara. La sonorizzazione esclude clangori di trombe, cori angelici e canoniche liturgie, diffondendo brevi episodi musicali e un Salve Regina cantato da Paola Romanò: lattrice dà alla moglie-madre Elisabeth la condizione duna donna succube e svuotata, che esprime in una dolorosa balbuzie la sua inferiorità.
Vercors, il
padre-padrone di Antonio Rosti,
sembra fuggire alle sciagure incombenti nellassicurarsi un credito per
leternità, motivato con lobbedienza a un comando superiore che gli impone la
partenza per la Crociata. Federica
DAngelo interpreta con decisa asprezza lindole di Mara e la dimostra fino
allassassinio della sorella, con lei così generosa. Il Jacques interpretato da
Matteo Bonanni rende bene la cecità
allevidenza damore e la confusione generata dalle apparenze intessendo con la
protagonista i duetti dellamore misterioso, iniziale e finale, in un
concertato che ricorda sia brani di Tristano
e Isotta, sia di Partage de midi
dello stesso Claudel. Ksenija Martinovic
è una Violaine liricamente contenuta, in equilibrio fra profezia e accettazione
del dolore. Sa mutare voce dalla gioia ingenua e cristallina alla tonalità
rauca consumata dal male.
Il finale si stacca ulteriormente dalloriginale, quasi ignorandolo,
perché la riconciliazione generale, compreso il ritorno di Pierre risanato, non
sinserisce nellelegiaca riunione dei superstiti in armonia con la natura, ma
viene sintetizzata in uno sguardo rivolto alla luce che emana dalla figura
sacrificale di Violaine. La voce di Edith
Piaf che canta Hymne à lamour reimmerge
nellattualità uneterna fiaba, vicenda damore e di morte di sei umili,
compassionevoli persone.
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