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“Rudens” condita con “italum acetum”

di Diana Perego
  Rudens/Ridens… tutto in una tempesta!
Data di pubblicazione su web 02/11/2017  

È una tipica palliata plautina Rudens. La commedia di fine III sec. a.C. è contraddistinta da argomento, ambientazione e costumi greci con frequenti riferimenti alla civiltà romana. I caratteri sono quelli tipici della κωμῳδία νέα a cui il Sarsinate si ispirò: intrecci complicati e personaggi convenzionali. Caso unico, nel prologo il poeta cita il commediografo greco cui attinse: Diphilus (v. 32), uno dei maggiori rappresentanti del genere teatrale insieme a Menandro e Filèmone. Così l’argomentum: «Un pescatore con la sua rete tirò su dal mare un bauletto in cui erano custoditi i giocattoli della figlia del padrone. Questa era stata rapita ed era andata a finire in mano a un lenone ma, sbalzata fuori dalla nave in seguito a un naufragio, fu gettata a terra e capitò senza saperlo proprio sotto la protezione di suo padre. Viene riconosciuta e può sposare il suo amico Plesidippo» (vv. 1-6).

Lo spettacolo Rudens/Ridens… tutto in una tempesta! del regista Girolamo Angione, che ha debuttato il 5 ottobre al Teatro Erba di Torino in occasione della XIX edizione del Festival di cultura classica, cerca con difficoltà di mantenere l’aurea mediocritas tra rispetto dell’originale e attualizzazione. Funzionano gli elementi plautini: la spiaggia greca di Cirene, il nodus, i personaggi, i costumi. Le contaminazioni invece non riescono sempre a trovare la giusta misura.



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Un momento dello spettacolo
© Torino Spettacoli

La scenografia di Gian Mesturino rispetta le didascalie sceniche presenti nel prologo originale. Qui Arturo, «splendens stella candida» (v. 3), descrive i tre edifici presso i quali si svolgerà la vicenda: il fanum Veneris, l’ara e la villa di Demone. Nello spettacolo la stella del Grande Carro è proiettata sul fondale e la voce è fuoriscena. Soluzione facile e funzionale. Le costruzioni, davanti e dentro alle quali i personaggi si muovono in un continuo andirivieni, sono essenziali e monocrome. Il tempio di Venere presenta sulla facciata il signum stilizzato della divinità. L’ara, presso cui trovano rifugio e protezione Palaistra e Ampelisca, è una semplice panca all’esterno del fanum secondo le consuetudini architettoniche dell’antichità. A sinistra la villa di Demone presenta in facciata una porta usata dagli attori per l’entrata e l’uscita.

Il color sabbia degli edifici evoca lo scenario marino, unicum tra le commedie cittadine di Plauto. Le onde blu increspate sul fondale ricordano un’ambientazione da favola. Gli oggetti di scena hanno particolare rilevanza: la rudens, la gomena trascinata da Gripo che dà il titolo alla commedia e il vidulus con all’interno la cistella contenente i giocattoli di Palaistra che permettono l’agnitio e il lieto fine.


Un momento dello spettacolo
© Torino Spettacoli

Anche la scelta di alternare parti recitate e parti cantate è riconducibile al testo plautino in cui sono presenti deverbia e cantica. Gli assoli del servus callidus Gripo, interpretato dal bravo Elia Tedesco, sono convincenti e apprezzati dal pubblico che applaude a scena aperta. Lo schugnizzo Gripo rende omaggio a Totò. L’attore interpreta con maestria le canzoni napoletane: Geppina Gepi, Il bel Ciccillo, Miss mia cara Miss accompagnandole con la mimica facciale, i gesti e la danza proprie del pantomimo.

La contaminazione Plauto-Totò è apprezzabile e insaporisce la commedia con il cosiddetto italum acetum (Orazio, Satire, I 7,32), il condimento a base di arguzia e mordacità tipicamente italico. Il commediografo latino e il principe della risata hanno in comune la derisione della società, i “lazzi” ripetitivi, i “tipi”, oltre che alcune drammaturgie. Basti qui citare quelle della beffa di Asinara vs Totòtruffa 62 e del sosia di Amphitruo vs Un turco napoletano.



Un momento dello spettacolo
© Torino Spettacoli

Non reggono il confronto i canti corali anch’essi orientati al recupero della romanità. L’interpretazione delle canzoni popolari Alle terme di Caracalla (1949) e La biga (1952), in cui non mancano le allusioni sessuali («Viva la biga, viva la biga. Ai romani piaceva la biga più dinamica della lettiga»), si riduce a una caricatura posticcia. Ammessa la difficoltà di evocare il sermo plautinus – ricco di espressioni popolari, proverbi, intonazioni farsesche, allitterazioni, anafore – alcuni giochi di parole risultano banali: “Palaistra/palestra” su tutti. Anche i riferimenti all’attualità, come la questione dello ius soli o la responsabilità del comandante Schettino nel naufragio della nave Concordia, sembrano “buttati lì” anziché essere utilizzati in modo dissacrante e consapevole.

Il rischio di un condimento eccessivo è alto. Ma la bravura degli attori mantiene l’equilibrio dei sapori. Il cast professionista regge il ritmo veloce, alterna scene divertenti e patetiche, padroneggia con disinvoltura diversi dialetti, canta e danza con competenza. Lo spettacolo ha il merito di trasmettere la vis comica plautina, il tono leggero e divertente della commedia, anch’essa derisa in modo metateatrale. Il pubblico numeroso ride e applaude con convinzione: Rudens ridens ha raggiunto il suo scopo.   



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Rudens/Ridens… tutto in una tempesta!
cast cast & credits
 



La locandina dello spettacolo visto al Teatro Erba di Torino il 5 ottobre 2017
 
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