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Il Cinema Ritrovato 2017

di Eleonora Sforzi
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Data di pubblicazione su web 16/07/2017  

Nuovi restauri, proiezioni di pellicole rare e poco conosciute, incontri con registi e studiosi internazionali, ma soprattutto esperienze di visione uniche. Questi gli ingredienti principali del festival bolognese Il Cinema Ritrovato, che con la sua XXXI edizione recentemente conclusa si conferma un vero e proprio «paradiso dei cinefili» (così il suo storico direttore artistico Peter von Bagh), oltre che una delle più importanti manifestazioni dedicate alla settima arte.

Organizzata dalla Cineteca di Bologna, in collaborazione con altre importanti istituzioni nazionali ed estere, la manifestazione ha proposto ancora una volta un programma fitto e diversificato, sviluppato quest’anno nell’arco di nove giornate (24 giugno-2 luglio), una in più rispetto al calendario usuale. Un numero sempre più alto di partecipanti da tutto il mondo ha potuto scegliere da un ricco carnet di incontri e proiezioni ospitati in contemporanea nelle storiche sale del festival: il cinema Lumière, il cinema Arlecchino, il cinema Jolly, ma soprattutto il grande cinema all’aperto allestito in Piazza Maggiore.

Ventidue le sezioni dedicate a molteplici approfondimenti sulla storia del cinema diversificati a livello cronologico, geografico, autoriale e tematico. Oltre agli incontri con i professionisti del restauro e della conservazione filmica, hanno tenuto lezioni di cinema noti studiosi e critici quali Jean Douchet, Bernard Eisenschitz, Kevin Brownlow, Adriano Aprà e Emiliano Morreale. Hanno incontrato il pubblico registi quali Bernardo Bertolucci, Marco Bellocchio, Dario Argento, Bill Morrison, Jacques Rozier, Jacqueline Gozland, D. A. Pennebaker e Agnès Varda.


Blow Up, Michelangelo Antonioni (1966)
Blow Up di Michelangelo Antonioni (1966)

Icona maschile di questa edizione è stata Robert Mitchum, controversa star hollywoodiana celebrata con un’ampia rassegna e con l’anteprima del documentario biografico ancora incompleto (Nice Girls Don’t Stay for Breakfast) del regista Bruce Weber. Figura femminile centrale è stata Colette (1873-1954), nota scrittrice francese, mima e attrice, alla quale è stata dedicata una sezione che ne ha fatto conoscere le molteplici collaborazioni con il mondo del cinema.

Particolarmente ricca la storica sezione Ritrovati e Restaurati (a cura del direttore della Cineteca di Bologna Gian Luca Farinelli), dove sono confluiti i migliori restauri, realizzati in tutto il mondo, sia in pellicola sia in digitale. Per il bianco e nero si segnalano le bellissime versioni di Scarface (Howard Hawks, 1932), Mancia competente (Ernst Lubitsch, 1932), Cenere e diamanti (Andrzej Wajda, 1958), La verità (Henri-Georges Clouzot, 1960) e Frankenstein Jr. (Mel Brooks, 1974). Tra le pellicole a colori spiccano le nuove versioni di Blow Up (Michelangelo Antonioni, 1967), Bella di giorno (Luis Buńuel, 1967), Il laureato (Mike Nichols, 1967), L’uccello dalle piume di cristallo (Dario Argento, 1970), Effetto notte (François Truffaut, 1973) e La febbre del sabato sera (John Badham, 1977).

Tra le proiezioni più suggestive riservate alle serate in Piazza Maggiore ricordiamo L’Atalante (1934), capolavoro sognante di Jean Vigo, cui è stata dedicata un’intera rassegna, cui si aggiungono alcuni capolavori del cinema muto restaurati con l’accompagnamento strumentale dal vivo. L’Orchestra del Teatro Comunale di Bologna ha eseguito le musiche sia per il prologo dell’epico La rosa sulle rotaie (Abel Gance, 1923), sia per una delle pellicole più emblematiche del cinema d’avanguardia quale La corazzata Potëmkin (Sergej M. Ejzenštejn, 1925),  sia, infine, per il geniale Io e il ciclone (Charles Reisner, 1928) con Buster Keaton. Particolarmente coinvolgente la proiezione dell’esilarante commedia Fascino biondo (King Vidor, 1930), accompagnata dalla partitura composta ad hoc da Maud Nelissen ed eseguita dalla pianista insieme a The Sprockets Film Orchestra.

The Patsy, King Vidor (1928)
Fascino biondo di King Vidor (1928)

Il vasto panorama del cinema muto è stato indagato nella rassegna 1897 – Cinema anno due, attraverso le vedute realizzate in America e in Inghilterra dalla Mutoscope Biograph, le attualità ricostruite in studio da Méliès, ma soprattutto l’ampio materiale documentario filmato in Europa da importanti operatori dei fratelli Lumière (Alexandre Promio, Paul Génard e Constant Girel), ma anche in Africa, in Palestina e in Giappone.

La sezione Cento anni fa – 1917 ha ripercorso mediante il cinema uno degli anni più turbolenti del “secolo breve”: dalla Russia della Rivoluzione (Stop Sheeding Blood!, Jakov Protazanov) alle ipocrisie delle piccole comunità nella prima pellicola di Victor Sjöström (La ragazza della torbiera); dalla fuga fantastica dall’incubo della guerra nel film d’animazione (La guerra e il sogno di Momi, Segundo de Chomón) fino alla paura per il mistero e l’ignoto al centro di una delle prime interpretazioni di Conrad Veidt (Fear, Robert Wiene).

Alla ricerca del colore dei film ha proseguito l’approfondimento iniziato lo scorso anno sulle pellicole in Kinemacolor, primo processo di colorazione attuato attraverso la mescolanza additiva di due filtri colorati e usato per numerose vedute di paesaggi italiani e non. Posseduti dalla Cineteca di Bologna e recentemente restaurati, tali film (confluiti nel cofanetto I colori ritrovati. Kinemacolor e altre magie) sono stati mostrati in anteprima. Nella stessa sezione, i colori accesi del Technicolor hanno brillato nei restauri di Rancho Notorious (Fritz Lang, 1952), La più grande avventura (John Ford, 1939), ma soprattutto di alcuni dei più noti film di Douglas Sirk prodotti dalla Universal negli anni Cinquanta: La magnifica ossessione (1954), Secondo amore (1955) e Come le foglie al vento (1956).

All That Heaven Allows, Douglas Sirk (1955)
Secondo amore di Douglas Sirk (1955)

Approfondimenti specifici hanno permesso di scoprire (e riscoprire) registi quali l’iraniano Samuel Khachikian, autore di thriller finora mai proiettati fuori dal suo paese; l’americano William K. Howard, operativo a Hollywood tra gli anni Venti e Trenta; e Nicole Vedrès, autrice francese di documentari e film di montaggio realizzati con materiali d’archivio, quale Paris 1900 (1946-1948), un originale affresco della vivace atmosfera della belle époque parigina interrotta dall’inizio del ricordato “secolo breve”. Ampio spazio è stato dedicato ad Augusto Genina, spesso associato ai suoi film bellici nel periodo fascista, la cui versatilità, riscoperta da Morreale, è dimostrata da Miss Europa (1930) e Maddalena (1954). Degno di attenzione anche il regista tedesco Helmut Käutner, che sul finire del periodo nazista affronta la tematica d’amore con un realismo venato di poesia in Sotto i ponti (1945-1948), per poi dipingere con toni più cupi la lotta per la sopravvivenza di un paese moralmente distrutto quale la Germania del dopoguerra (Asfalto nero, 1961).

Tra le sezioni di questa edizione anche la seconda parte della rassegna dedicata alle produzioni della Universal degli anni Venti e Trenta, iniziata lo scorso anno. Inoltre sono state approfondite cinematografie lontane nello spazio e nel tempo attraverso carotaggi sul Film storico nel Giappone degli anni bui, ma soprattutto su Il cinema messicano dell’età d’oro, dove oltre a pellicole storiche, politiche e commedie relative all’attualità, trova spazio anche un thriller drammatico notevole per la gestione chiaroscurale e per gli echi espressionisti come I due monaci (Juan Bustillo Oro, 1934).

Infine, è doveroso citare almeno la sezione relativa al The Film Foundation’s World Cinema Project promosso da Martin Scorsese e finalizzato al sostegno delle cinematografie più fragili, che ha permesso agli spettatori di vedere altri film “invisibili” come quello sulla resistenza delle comunità africane al colonialismo in Sarraounia (1986), presentato dal regista Med Hondo.




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Bologna, 24 giugno-2 luglio 2017





 
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