È elegante Lucinda Childs
quando riceve il Leone dOro alla carriera al Teatro alle Tese per linaugurazione
dellundicesimo Festival Internazionale di Danza Contemporanea di Venezia. Presenti
il presidente della Biennale Paolo
Baratta, la direttrice della sezione coreografica Marie Chouinard e un folto ed emozionato pubblico.
In completo nero ravvivato dal caschetto di capelli color argento,
simbolo delle sue settantasette primavere splendidamente portate, laristocratica
signora della Post Modern Dance statunitense
appare, come direbbe il poeta latino Orazio, simplex munditiis. Ovvero semplice nella raffinatezza con cui ringrazia
e lascia la scena alla Lucinda Childs Dance Company per presentare in prima
nazionale Dance, un suo lavoro paradigmatico del 1979, su musica di Philip Glass, riproposto nel 2009.
Che sia questo il segreto dei maestri? Che sia questa la loro capacità
di essere grandi senza presunzione e immuni da eccessivi egotismi e sterili agonismi?
Forse sì.
Baratta parla di «premio ad una vita dedicata alla danza» e Chouninard, nel leggere le
motivazioni del Leone dOro, sottolinea come la Childs abbia segnato la storia
dellarte coreutica dellultimo scorcio del ventesimo secolo: «è stata la prima
a introdurre i concetti di minimalismo e di ripetizione» in nome di una danza
controcorrente mai disgiunta dalla perfezione formale. Perfezione ricercata anche
in gesti e movimenti semplici, banali e perfino quotidiani come mangiare una
mela, correre, sedersi, esibirsi in spazi non canonici, indossare scarpe da
tennis e confrontarsi con oggetti e materiali inusuali.
Paolo Baratta consegna il Leone d'oro a Marie Chouinard © Andrea Avezzù
Questa è Lucinda Childs, icona della minimal dance, di cui è doveroso ripercorrere per sommi capi la carriera
e fare riferimento all intervista concessa a
«Drammaturgia».
Formatasi allo sperimentalismo del Judson Dance Theater di New York,
da cui ai primi anni Sessanta prese avvio la Postmodern Dance, è subito complice di artisti del calibro di Bob Wilson e Philip Glass, con i quali realizza
creazioni topiche come Einstein on the
Beach nel 1976 e I Was Sitting on My
Patio nel 1977.
Prodromi di altri importanti pezzi come Dance, Relative Calm dell81
e Available Light dell83, a cui
fanno da corollario la fondazione nel 1973 della Lucinda Childs Dance Company, le
incursioni nel teatro musicale (Don Carlo
e Macbeth di Verdi, Lohengrin e Parsifal di Wagner, Salomè di Strauss), la ripresa di titoli del
repertorio ballettistico novecentesco (Daphnis
et Chloé di Fokin-Ravel, Il Mandarino meraviglioso di Millos-Bartòk, Luccello di fuoco di Stravinskij).
A cui si aggiungono le collaborazioni con organici come lOpéra di Parigi, lOpera
di Berlino, i Balletti di Montecarlo, la Rambert Dance Company, MaggioDanza, la
White Oak Dance Company di Mikhail Baryshnikov,
i numerosi premi e riconoscimenti.
Il terzo millennio la vede ideare per Baryshnikov Largo, il celebre assolo del
2001, cui seguono nel 2015, per il medesimo ballerino russo, gli interventi
danzati per Lettre to A Man di Wilson,
ispirata a Nijinskij e rappresentata
in prima mondiale nel 2015 al Festival dei Due Mondi di Spoleto.
Ma Childs non si ferma e affronta anche la regia, nel 2014 con Dr. Atomic di Adams per lOpéra di Rhin, Athys
di Lully e Orfeo ed Euridice di Gluck
per lOpernhaus Kiel in Germania, per poi tornare alla coreografia nel 2016 con
Grosse Fuge di Beethoven per lOpéra di Lione e vedere rinascere la nuova Lucinda Childs
Dance Company grazie al SummerScape Festival del Bard College. Festival che le
commissiona nel 2009 la ripresa tecnologica di Dance. Uno spettacolo tuttora
in cartellone negli Stati Uniti e in Europa, seguito dalla riedizione di Available Light.
Un momento dello spettacolo © Andrea Avezzù E proprio la “seconda” e motivata Lucinda Childs Dance Company si esibisce con successo al Teatro alle Tese in Dance assieme alla “prima”, quella originale del 79, capitanata da una giovane Childs e videoproiettata nella ricostruzione digitale della scenografia di Sol LeWitt. Una coreografia reale e virtuale sulla adamantina musica di Glass, luci soffuse di Beverly Emmons e costumi bianchi di Christina Giannini. Fascianti tute in lycra a mezza manica, scollo a barca e pantaloni a campana, tipici degli anni Settanta. Manifesto della danza minimalista, lo spettacolo è anche un classico della poetica della dancemaker americana per quel formalismo cinetico e gestuale che affonda le radici nella tradizione della danse décole e della modern dance a cominciare dalla struttura del pezzo e dalla postura dei ballerini. La Childs costruisce Dance sulla base di quattro o cinque passi, restituiti con ritmo e velocità differenti, e sulluso orizzontale, verticale e diagonale dello spazio allinsegna del motto lart pour lart di Théophile Gautier, che traslittera in dance for dance per la brevità del dettato coreografico, lassenza di décor, se non quello delle immagini, e lastrattismo musicale di Glass. La creazione reitera gli stessi geometrici enchaînements ripetuti dai danzatori di oggi che ballano “sopra” o
“sotto” quelli di ieri, mentre lei, in video, campeggia su tutti eseguendo le medesime
ripetizioni e variazioni con le famose scarpe da tennis bianche. Guizzanti jetés tagliano lo spazio, piccanti petits jetés e pas de bourrée lo attraversano,
leggeri petits sautés e sissonnes assamblés lo “mangiano”, veloci scenées lo “frullano”. Tutti accompagnati dalla precisa posizione
delle braccia à la seconde, en demi-seconde o in first position, che abbinate al preziosismo delle variate combinazioni dei passi e
al marcato epoulement riecheggiano lo
stile della danza barocca. Quella disciplina protagonista
del ballet de cour da cui ha avuto
origine la storia del genere balletto e del sistema danza della cultura
occidentale.
Un momento dello spettacolo © Andrea Avezzù
Stimolante davvero vedere dal vivo e rivedere in filmato Dance, uno spettacolo che, se non
nasconde i suoi anni – e perché mai dovrebbe farlo se ha inciso così tanto –,
dimostra ancora intatti la qualità, loriginalità e il valore che sono propri
di quei lavori che è necessario conoscere, apprezzare e applaudire come ha
fatto il pubblico al Teatro alle Tese.
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