Howard Jones Una classe immensa. Come
cantautore, come pianista, come interprete. Howard Jones ha fatto parte a pieno titolo della pattuglia di
musicisti inglesi degli anni Ottanta che hanno avuto la fortuna di trovare nei
videoclip una forma di diffusione della loro produzione. Un repertorio meno
rock e più legato alla melodia rispetto al decennio precedente, ma con molta
creatività e gusto. Proprio questi due aspetti sono alla base del songbook di Howard Jones con album come One to One che hanno fatto storia. La data alla Union Chapel di
Londra era forse la più attesa del tour che il musicista aveva programmato nel
Regno Unito. La bellezza del luogo, una chiesa con unacustica perfetta votata
come miglior sala da concerto di Londra nel 2016, ha contribuito molto
alla riuscita della serata con molti appassionati che negli anni Ottanta erano
giovanissimi. Un concerto introdotto dalla cantautrice di New York Rachael Sage, che ha presentato alcuni
brani dallultimo album Choreographic, perfetti per introdurre levento dedicato
a un cantautorato di qualità.
Poi è stata la volta di Howard
Jones, che ha tenuto il palco per ben due ore da solo con il suo pianoforte.
Alternando i brani con la lettura delle richieste del pubblico e con alcuni
racconti relativi agli anni doro (dove comparivano Mick Jagger, Pete Townshend,
George Harrison e anche lamico George Michael), il cantautore ha
proposto non solo i suoi pezzi da novanta, ma anche brani meno eseguiti dal
fascino immutato. Come Little
Bit of Snow, Sleep My Angel, Ordinary Heroes. Poi i classici cantati anche
dal pubblico come No One Is to Blame (tre milioni di copie vendute negli
Stati Uniti), Everlasting Love, Hide and Seek, What Is Love.
La voce è ancora perfetta, anche nei toni alti. La tecnica e il tocco
pianistico invidiabili. Una serata dove la professionalità ha trionfato,
facendo passare due ore indimenticabili a un pubblico molto motivato e che ha
festeggiato a lungo il suo protagonista.
Jack Savoretti La parabola di Jack Savoretti è sicuramente
interessante. Fino a pochi anni fa si esibiva in piccoli club, oggi è una
rockstar a tutti gli effetti. Perché riempire uno spazio da duemilatrecento posti
come la Royal Festival
Hall di Londra non è una cosa da tutti. Spettatori che lo hanno festeggiato
dallinizio alla fine, alzandosi in piedi, ballando, cantando i suoi brani.
Ovvero tutto ciò che si conviene a un musicista di successo. Lo stile di Jack, inglese dal
sangue italiano e che visita spesso e volentieri il nostro paese, proviene dal
blues e dal rhytmnblues virando verso un rock molto immediato in alcuni casi
con caratteristiche pop. Un linguaggio musicale che sta in piedi se si hanno
buone idee e propensione alla creatività, caratteristiche che non mancano a
Savoretti. Il suo ultimo album Sleep No More, con il brano omonimo presentato in apertura di concerto, è daltra
parte in testa alle classifiche inglesi ed è messo bene in evidenza nei negozi
di dischi. © Pip Il set dal vivo ha mostrato unenergia
e una presenza scenica invidiabili. Accompagnato da una band di quattro
(talvolta cinque) elementi, Savoretti è a suo agio sia nei brani più rock
(ricordiamo We are Bound, Im Yours, Other Side of Love, When
We Were Lovers, le conclusive Written in Scars e Knock Knock), sia nelle ballate. A questo
proposito è da segnalare lintermezzo con Tight Rope e specialmente Breaking
The Rules dove il musicista è
stato protagonista di un pezzo di bravura con la voce. Unemissione sempre
sicura e piena di venature soul. La serata, aperta da Joseph J. Jones (un nome da tenere a
mente per le qualità vocali), si è chiusa nel segno di un divertimento ottenuto
grazie alla classe. Ora per Savoretti viene la parte più difficile: quella di
mantenere lo stesso livello creativo senza indulgere a facili compromessi con
lo showbiz. Ma avendolo ascoltato a
inizio carriera, quando suonava nei già ricordati piccoli club, lo riteniamo
troppo intelligente per farlo.
The Swingles Lesperienza dei The Swingles
(ovvero gli Swingle Singers, gruppo vocale fondato nel 1963) si è arricchita di
un nuovo capitolo. Una tappa non solo discografia, ma anche stilistica. Folklore
è infatti un disco che ha una doppia valenza, quella di un repertorio che
va oltre i confini britannici, e quella dellaggiunta di musicisti ospiti per
un gruppo che generalmente incide e si presenta al pubblico nella versione a cappella.
La scelta del luogo per lanciare lincisione era inoltre ben chiara: ovvero la Cecil Sharp House,
sede della English Folk Dance &
Song Society, dove ha sede un archivio importante (quello del
compositore Ralph Vaughan Williams)
e in cui tutto lanno viene approfondita la cultura popolare. Sul palco, insieme agli Swingle
sono saliti proprio due gruppi folk, il trio strumentale Effra e il duo
scozzese Twelfth Day, con due giovanissime musiciste che hanno dato vita a un
repertorio basato sulla ricerca. Non solo danze dunque, ma un percorso
attraverso strumenti (violino e arpa) e voci che pongono le musiciste a livelli
già eccellenti.
The Swingles © Nedim Nazerali Con i The Swingles le Twelfth Day
hanno condiviso la traccia iniziale di Folklore, The Undutiful Daughter,
brano recuperato nellarchivio della Cecil Sharp House. Un disco che fa
viaggiare lascoltatore in tutto il mondo: dalle Filippine con la ninna nanna,
al Portogallo (bellissima Nem As Paredes Confesso conosciuta per la
versione di Amalia Rodrigues e
interpretata come voce solista da Joanna
Goldsmith-Eteson) fino allAfghanistan, con la danza Lovers Desire
che ha visto tutti i cantanti e i musicisti sul palco. In mezzo classici del recente
repertorio Swingles: le originali Unmade, Burden e Piper, After
The Storm (Mumford & Sons), America (Simon & Garfunkel), Couldnt
Love you More (John Martyn), Libertango
(Astor Piazzolla). Il Bach jazzato che li ha resi famosi
(specialmente in Italia per la sigla di Superquark) è stato lasciato una
volta tanto da parte. Ma un futuro nuovo è inevitabile. E forse non cè un
genere più attuale della musica folk anche se viene dal passato. su arıtma cihazı
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