Irina Brook aveva allestito latto unico di Marivaux nel 2005
a Parigi. Ora, direttrice del Théātre National de Nice,
collabora con il Teatro Stabile di Genova alla sua produzione italiana, una
versione ludica e fantasiosa, frutto dun adattamento che ambienta la vicenda
nellattualità.
Lo spettacolo inizia con un Prologo inventato, molto mimato e
ritmato da canzoni sudamericane, che sostituisce il naufragio, raccontato nel
testo originale, con un incidente aereo, a seguito del quale i sopravvissuti si
ritrovano su unisola immaginaria della Grecia. Vige colà un regno, fondato da
una colonia di schiavi rivoltosi e il cui governo impone
ai cittadini lo scambio dei ruoli fra servo e padrone. I malcapitati, i signori
Ificrate ed Eufrosina, accompagnati dai servi Arlecchino e Cleante, debbono
quindi scambiarsi abiti e nomi, per sperimentare a proprie spese lo strano regime,
gestito dal governatore Trivellino con saggezza inflessibile e calma impassibile.
Sarà un esercizio rieducativo, un iter di “redenzione”, affinché i privilegiati,
superbi e prepotenti, riconoscano gli eccessi e i subalterni si liberino dagli
stereotipi e dai rancori di vittime.
Il programma pedagogico è svolto
con immagini e relazioni dalla teatralità vivace e divertente. Forse ne risente
il discorrere raffinato e acuto dei personaggi di Marivaux, in perenne tenzone verbale,
mentre prevalgono individui duna fisicità immediata e coinvolgente. La regista
ha intonato le situazioni drammatiche alle doti degli interpreti, così da
incarnarle in azioni forti e precise. Il risultato dimostra un allenamento
integrale sia allazione parlata sia allespressione mimica e corporea.
Un momento dello spettacolo © Caroli
Nello spazio scenico aperto e
libero, una spiaggia arretra dal proscenio verso un fondale azzurrato. Al
centro, larchitrave che regge una tenda è un resto darchitettura antica. Dai bagagli
sparsi saltan fuori i costumi e altri oggetti di recupero, quali una radio, un
salvagente, dei bastoni da sci. Gli abiti sono vivaci e ordinari, per i poveri;
deleganza vistosa, per i ricchi.
Il giovane attore nero Martin Chishimba interpreta Arlecchino ed
è più facile ottenere la coincidenza fra il rango inferiore e il tipo esotico e
selvaggio. La sua recitazione che sfoggia agilità e disinvoltura, unite allautoironia
sprizzante dalla dizione nitida e sciolta, è simpaticamente irresistibile. Della
“maschera” tradizionale conserva ormai soltanto la consapevolezza duna
funzione di contrasto, di demistificazione delle idee correnti; rende immediato
lelemento dalterità perturbante nel confronto con figure di radicato
conformismo.
Trivellino ha in Andrea Di Casa un autorevole tessitore
di mozioni al vivere civile. In forma di consigli, dà voce a comandi dun moralismo
bonario e rigoroso, motivando a livello profondo le ragioni duna “conversione”,
in visione utopica, ma necessaria, a un più elevato umanesimo. Funge pure da
“regista” degli incontri pedagogici, che scandisce con un gong, quasi fossero
le riprese di un match. Duilio Paciello è un Ificrate
disorientato e imbranato negli insoliti panni servili. Non rassegnato,
velleitario nella prospettiva del recupero del proprio stato, arreso
allevidenza dimostrata delle sue debolezze e dei suoi vizi.
Un momento dello spettacolo © Caroli
Le protagoniste offrono due facce convincenti e complementari della femminilità messa a nudo. Cleante ha in Marisa Grimaldo vigore ed entusiasmo: passionale, spontanea, controllata nella facile tentazione verso una vendetta crudele. Descrive i comportamenti della rivale con un crescendo di energia, finezza e verve comunicativa. Elena Gigliotti, con una grazia un po esibizionista, mai leziosa, è duttile e sensibile nel rendere Eufrosina un modello di signora, bersagliata e svelata fino allintimità, ma degna duna classe, anche morale, da riconquistare con sopportazione.
La prima metamorfosi istiga la
lotta fra Arlecchino padrone e Ificrate servitore, sfogata in una schermaglia a
colpi di racchette puntute. Allora, lo sdegno di Ificrate spodestato e
insultato scatena una rissa che rispecchia quelle fra italiani ed
extracomunitari. Il duello fra le donne è teso e sospeso, durante il ritratto psicologico
che Cleante traccia della sua padrona, in sua presenza. La sequenza, che nel
testo costituisce il clou nel
processo sperimentale di rieducazione, pare qui scorciata e ha momenti
giustamente anacronistici, frutto di fantasia e stato danimo sovraeccitato, quali
il déshabillé e la discesa in piscina
di Eufrosina, dove rischia dessere affogata dalla vendicativa Cleante. Sono invenzioni
in clima onirico, del resto derivanti dallimpulso immaginario dellautore sui
sentimenti tradotti in azione, suggeriti come “sogno” dei protagonisti.
Lanalogo confronto fra uomini, nel
quale Arlecchino dipinge i difetti del padrone, si conclude con lattrazione
sessuale scoccata fra travestiti: Arlecchino diventa una maliarda adescatrice,
a cui Ificrate cede, fino a un approccio che il gong interrompe allapice
grottesco. Poi ci sono scherzi e dichiarazioni damore, riportati al clima
sentimentale giocoso caro a Marivaux. Gioco arduo e pericoloso, se non
perverso, eccitato dagli scambi.
Un momento dello spettacolo © Caroli
La vicenda si svolge dunque
canonica, per scontri e digressioni scherzose di coppia. Ma il finale offre una
notevole variante a sorpresa quando, tutti assolti e liberati dalla prova che
rappacifica e rende pari, si scopre la novità della coppia formatasi tra
Ificrate che sceglie Cleante quale sua compagna nuova. Non so valutare quanto
la traduzione di Carlo Repetti sia
corresponsabile dello scarto linguistico dal testo originale, comunque sulla
scena sostanzioso e condizionato dallattualizzazione. Anche le musiche, non
originali e di matrice contemporanea anglosassone e sudamericana, assicurano lo
sfasamento dal clima depoca.
A volte, se lo stile, la scrittura
marivaudiani appaiono filologicamente strapazzati, lesattezza della sua
visione critica sui rapporti di classe e sui sentimenti individuali interviene
a contrappeso. Lo spettacolo è sintesi intelligente di sollecitazioni antiche
duno spirito raffinato e di evidenti, forse a volte cattivanti, ma non banali,
corrispettivi comportamentali del presente. La creazione del 1725 fu interpretata
a Parigi dalla troupe degli Italiani
e oggi piace riassaporarne in fantasia il gusto dellimprovvisazione, il
disegno dei contrasti sapientemente convenzionali, nella gioia dun azzardo
giocato con i sentimenti e con il caso, quandanche si tratti di civiltà e di
morale.
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