Il nuovo film del poliedrico Jim Jarmusch, presentato in anteprima
(e in concorso) al 69° Festival di Cannes, è una dichiarazione damore alla
poesia intesa come capacità intima ed emozionale di osservare e interpretare il
mondo.
La vicenda, sviluppata nellarco di una settimana, ha come protagonista Paterson
(Adam Driver), un giovane conducente di autobus con la passione per la
scrittura in versi, cui si dedica nei ritagli di tempo lasciandosi trasportare
da percezioni e impressioni quotidiane che “imprime” sulle pagine di un
taccuino. Le sue giornate si susseguono con un ritmo costante scandito su due
livelli: da un lato limpegno lavorativo, che lo porta a muoversi di continuo
in città; dallaltro la situazione sentimentale, cui corrisponde la modesta
abitazione dove vive insieme alla compagna Laura (Golshifteh Farahani), dalla
creatività estroversa, contraltare della sensibilità riservata e riflessiva di lui.
Il quotidiano di Paterson è segnato da attività reiterate di cui fa parte
anche la passeggiata serale con Marvin (il bulldog inglese della coppia),
durante la quale il giovane si ferma a bere una birra nel pub del quartiere,
cogliendo loccasione per conversare con il barista (Barry Shabaka Henley)
e osservare da vicino la variegata umanità riunita nellatmosfera familiare del
locale. La routine, seppur per certi aspetti rassicurante, è tuttavia interrotta
da banali incidenti, quali un improvviso guasto allautobus, e da scherzi del
destino, come la perdita del prezioso taccuino proprio dopo aver deciso di
farne delle copie.
Una scena del film
Il film è disseminato di allusioni e riferimenti espliciti alla cultura
americana degli anni Cinquanta e Sessanta. Incarnazione dello spirito poetico,
profondamente legato ai luoghi dove si ambienta la vicenda, il protagonista non
per caso porta il nome della propria città: Paterson, che ha dato i natali,
oltre a importanti letterati del secondo dopoguerra (tra cui Allen Ginsberg),
a William Carlos Williams, grande sperimentatore della poesia americana
che proprio alla sua città dedicò lomonimo poema pubblicato tra il 1946 e il
1958.
Con Williams il personaggio Paterson condivide alcuni aspetti distintivi:
entrambi non sono letterati di professione; entrambi hanno come luogo di
ispirazione le Grandi cascate locali. Non è quindi un caso che lautore dei
versi attribuiti a Paterson sia il poeta americano Ron Padgett, compagno
di Jarmusch ai tempi del college e tuttora suo stimato amico. Le sue poesie,
alcune composte appositamente per il film, seguono lo stile di autori come Ginsberg
e Williams attraverso la mescolanza di impressioni sensoriali ed emotive con
aspetti concreti della vita quotidiana. Ispirato da unosservazione emozionale
del viavai cittadino, la poesia di Padgett privilegia semplici momenti, sguardi
e oggetti, attribuendo loro un profondo valore affettivo al punto da elevarli a
metafora delle proprie sensazioni. Lo dimostra la suggestiva poesia damore che
trae spunto dalla marca dei fiammiferi comprati abitualmente dalla coppia per
le necessità domestiche, dove limmagine della loro combustione evoca la passione
che lo lega alla compagna (Ron
Padgett, Love Poem).
La dimensione poetica riguarda anche gli aspetti stilistici e visivi del
film, come dimostrano le numerose sovraimpressioni che riuniscono in ununica
inquadratura versi e immagini, in grado di attestare la natura complementare
delle impressioni visive e sensoriali, entrambe legate alla percezione
sensibile della realtà.
Una scena del film
In un film dove anche le comparse sembrano scelte per il physique du rôle, i due giovani protagonisti
aderiscono perfettamente ai rispettivi personaggi, attraverso la cura dei
dettagli, anche costumistici. Se il meditabondo Adam Driver veste la divisa da
lavoro o camicie sobrie, il campionario di particolari abiti indossati da
Golshifteh Farahani ne rappresenta iconograficamente la personalità creativa,
oltre che la passione per le composizioni in bianco e nero, con le quali è
decorata anche la loro casa.
Il film si caratterizza per un andamento delicato e trasognato, dove limpressione
di realtà viene messa continuamente in dubbio dallaspetto rituale delle
azioni, da coincidenze e déjà-vu, oltre che dalla sua stessa costruzione
episodica scandita dai giorni della settimana. In alcuni casi sono gli stessi
personaggi a svelare e a riconoscere la finzione filmica, mediante brevi
battute non motivate soltanto da semplici necessità di trama.
Riflettendo sul tempo quale dimensione soggettiva legata alla percezione
della realtà, la macchina da presa di Jarmusch riesce a trasmettere sensazioni
che vanno al di là delle impressioni contingenti, evidenziando come per
Paterson il tempo dedicato alla poesia sia vitale. Il finale ciclico, dal
carattere auto-riflessivo, sembra dirci che lunica vita veramente vissuta è
quella rivolta alla bellezza e allarte, sia essa in forma verbale o visiva. Il
regista americano dimostra ancora una volta che il cinema, attraverso la
composizione delle immagini, può veicolare un personale sguardo sul mondo e
sullindividuo.
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