Con gli ultimi colpi di martello al teatrino, allestito
nella tenuta di Sorin, sannuncia la recita della commedia di Konstantin
Treplev, dedicata allamata Nina. Vi assiste la famiglia riunita, la madre del
poeta, Irina Arkadina, attrice, suo fratello Petr Sorin e qualche ospite. I luoghi scenici comprendono,
oltre al palco, il lago sullo sfondo (dipinto con effetto rétro) e
una duna davanti alla casa padronale. Lepisodio metateatrale richiama al senso
e al valore dellarte, che Čechov estende a riflessione
globale sulla vita della sua epoca, in rapporto ai suoi simili umani.
Il giudizio intempestivo della madre sullopera del
figlio provoca linterruzione dello spettacolo e dallora dilagano i turbamenti
e le angosce più o meno sopiti dei protagonisti.
Una scena: al centro Francesco Sferrazza Papa © Giuseppe Maritati
Alice Arcuri dà subito
alla giovane Nina lesitante e commovente immaturità della passione espressiva
nascente, velleitaria e sincera. Sarà Trigorin, un Tommaso Ragno figura dun affascinante signore
anziano dai capelli lunghi imbianchiti, pronto a cogliere la freschezza
disponibile della giovane, così da indurla alla fuga verso unignota,
avventurosa carriera. Elisabetta Pozzi introduce la sua Irina con toni gai e leggeri,
incosciente delleffetto sul figlio del giudizio avventato. Anche in lei
affiorano debolezze e paure. Con intelligenza contiene lenfasi emotiva e
lesuberanza da mattatrice, ridona coerenza alle contraddizioni del
personaggio, le armonizza rendendole naturali. Le relazioni complesse toccano,
oltre al figlio, il fratello malato (che sfrutta anche come responsabile della
tenuta) e il compagno, scrittore affermato, sostegno nel temuto declino. Quando
sente che è attratto dalla nuova bellezza di Nina, non sopporta labbandono e
si umilia e lo implora. Sintrecciano altri rapporti di coppia, come quello
centrale fra Konstantin e Nina, o quelli fra Maša e Semen, il maestro che la
ama e che finirà per sposare per ripicca e infine fra Polina, moglie
dellamministratore Šamraev e il dottor Dorn, suo amante segreto.
«La feroce denuncia del nostro nulla – suggerisce il
regista Sciaccaluga nel programma di sala – coniugata
in una continua altalena di ridicolo e patetico, diventa uno stringente invito
a compatire, ad amare questi esseri inutili che siamo. Il palcoscenico di
Čechov è la forma più gentile, condivisa, ironica di spietatezza. Il suo
“Teatro della crudeltà” è il più “umano” che io conosca».
Eva Cambiale, Giovanni
Franzoni © Giuseppe Maritati Questo lecito pre-giudizio influenza le immagini mentali
e sceniche con le quali il regista modella la sua rappresentazione. Anche perché,
affascinato dalle potenzialità di un sottotesto per lui inesauribile, lo
alimenta in ogni interprete, definendolo nei dettagli. Ha adottato la prima
versione dellopera (1896, un insuccesso), ora tradotta da Danilo Macrì e pubblicata nel programma con scaltra
intuizione ed eccellente esito linguistico. Il testo include infatti, fra
piccole varianti, quella più importante della presenza di Sorin durante
lincontro di Treplev e Nina nel quarto atto.
Questi i tratti più immediati: leleganza capricciosa di
Irina, la grazia spontanea di Nina e la suscettibilità ferita di Maša (una
bravissima Eva Cambiale,
ripiegata in sé fino al masochismo), la malattia di Sorin, uomo deluso «che
voleva e non ha avuto», un Federico
Vanni che appoggia sul corpo pesante e sul bastone la sua stanchezza.
Tutti sinterrogano e si spiegano in variazioni pertinenti, ma ridondanti,
sullessenza della loro natura. Causano qualche disattenzione, forse
stanchezza, nello spettatore che sappassiona comunque a quel mondo lontano,
pervaso da unangoscia resa attuale.
Certi momenti, invece, colpiscono per una bellezza
autonoma, riflessa sullambiente e sulla sua dimensione figurativa e
datmosfera. Paiono più intensamente significativi i duelli giocati a distanza
che non gli scontri diretti fra personalità discordi.
Kabir Tavani, Eva Cambiale,
Mariangeles Torres, Roberto Alinghieri, Elisabetta Pozzi, Tommaso Ragno © Giuseppe Maritati Si nota la rabbia frustrata di Treplev, un Francesco Sferrazza
Papa con folate dentusiasmo, struggenti crolli mascherati dironia, quasi
alter ego dellemergente Čechov che invocava «forme nuove». Quando
lautore deluso ritrova Nina (in presenza dello zio addormentato), partecipa al
riepilogo dei loro destini, grazie a una Alice Arcuri che attinge alle migliori
risorse espressive per riassumere la sua vocazione e confermare lamore per
Trigorin, che lha resa madre e lha lasciata.
Memorabile, ancora, la rivelazione di Maša a Trigorin del
metodo crudele con il quale ha represso lamore vero cercando il suo surrogato.
Linterno della casa è reso più intimo dalla riduzione dello spazio mediante le
luci ravvicinate e formanti una parete della sala. Così il momento della tombola e la riapparizione del
gabbiano impagliato (opera originale di Desirée
Tesoro) rinviano infine non soltanto alla simbologia cara a Nina, ma alla
sorte del suicida: la morte di Treplev è avvolta da significativa discrezione,
segnata appena dallo sparo, assorbito dal rumore della festa. È preziosa la musica
di Andrea Nicolini,
composta di note continue e allarmanti, il corno in lontananza e quella
ritornante cadenza di danza che dal folklore resuscita lugubri fremiti e
presentimenti tragici, da esorcizzare in sarabanda.
Alla
fine delle tre ore del complesso lavoro, il pubblico acclama gli attori,
stanchi e soddisfatti, nella bella prova duna moderna compagnia
“allitaliana”.
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