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Ricordo di Giannandrea Poesio

di Gabriella Gori
  Giannandrea Poesio
Data di pubblicazione su web 21/02/2017  

Giannandrea Poesio, illustre studioso e critico di danza fiorentino, non è più tra noi. Ci ha lasciato nella amata Inghilterra in questo febbraio 2017 e il mondo del teatro coreutico e coreografico è rimasto attonito e stupito per l’improvvisa scomparsa. Un vuoto ascrivibile al venir meno della sua forbita penna, dell’acume del suo giudizio, degli incessanti studi e della sua innovativa “ricercAzione” che costituiscono il suo imperituro lascito.

Come dice Orazio nella celebre ode a Taliarco, pulvis et umbra sumus (“siamo polvere e ombra”) e le tristi dipartite, sebbene in questo caso precoci – Giannandrea era nato il 25 marzo 1959 – rientrano nell’ordine naturale di quelle cose che accettiamo con sconsolata consapevolezza.

Eppure se mi soffermo a pensare a Giannandrea a distanza di anni e di percorsi di vita e professionali differenti, riaffiorano alla mente ricordi che inquadrano e illuminano la sua figura e si riverberano nel mio personale sentire e vedere la danza e il balletto.  

Chi sia Giannandrea Poesio e l’importanza che ha rivestito, riveste e rivestirà nel campo degli studi sull’arte tersicorea “dir non è mestieri”: basti pensare alle numerose pubblicazioni (in https://www.beds.ac.uk), alla sua docenza presso la Bedfordshire University, dove era professore di danza e direttore de Research Institute for Media, Arts and Performance; presso la London Metropolitan University, l’University of Surrey e il Roehampton Istitute.

Un’intensa attività didattica a cui si aggiunge il ruolo di esperto critico di danza per le riviste «The Spectator’s Ballet», «Danze Europe», «Danza e Danza», «Drammaturgia»; la collaborazione con AIRDANZA, l’associazione italiana per la ricerca sulla danza; la direzione della European Association of Dance Historians, e la consulenza per ricostruzioni filologiche di balletti del repertorio ottocentesco. Un lavoro svolto per prestigiose istituzioni come la Royal Opera House, il Kirov Ballet, la Scala di Milano, o per compagnie statunitensi e accademie di danza di Parigi, Londra e Roma.

Quello che però, forse, si può aggiungere a tutto questo nutrito curriculum vitae et studiorum sono due cose. Due novità che lui, proprio lui, ha rappresentato nella temperie artistica e culturale degli anni Ottanta del Novecento in una città come Firenze.

Giannandrea all’epoca era uno dei pochi maschi a studiare danza in un momento e in un contesto in cui fare danza era ancora prerogativa delle ragazze. Nell’immaginario collettivo della Firenze di quegli anni lui era una mosca bianca, uno stravagante, uno troppo fuori dagli schemi. E anche il fatto di essere figlio del grande e famoso critico teatrale fiorentino, Paolo Emilio Poesio, e dunque l’appartenere per genia ad un certo côte intellettuale più illuminato e aperto, non lo salvava dagli strali del pregiudizio e dell’ignoranza.

L’altro aspetto innovativo è stato quello di aprire le porte alla “ricercAzione” sulla e della danza sentendola e considerandola una disciplina al pari di altre appartenenti alla Storia dello spettacolo. Un modo di iniziare un percorso di studi di cui le sue indagini sul mimo italiano come origine e fonte del lessico del balletto classico ne sono un fulgido esempio.

Queste sono le due cose che mi restano di Giannandrea Poesio di cui sono stata e mi sento orgogliosa testimone. Ricordo ancora con piacere le lezioni che frequentavamo insieme presso la scuola di danza in via Sant’Egidio diretta da Daria Collin, una delle migliori insegnanti della città e grande amica di Giannandrea.

Rammento i pomeriggi passati alla sbarra con lui in mise neoclassica, davanti o dietro a me, accompagnato sempre da Gianfranco Morandi, il compagno di una vita; e la felicità che traspariva dai suoi occhi fin dai pliés e i tendus iniziali per poi, dopo aver completato gli esercizi alla sbarra, passare al centro e ballare o misurare il fiato nei grandi e piccoli salti.

Molto tempo abbiamo trascorso insieme alla comune amica Sabrina Cappelli – altra competente in materia – discutendo di danza, di balletto e della necessità di ritenere le due discipline parti di un’arte di tutto rispetto, degna di essere studiata con un approccio metodologico innovativo.

Giannandrea era iscritto alla Facoltà di Lettere e frequentava il Dipartimento di Spettacolo dell’Università di Firenze proprio negli anni in cui professori come Ludovico Zorzi insegnavano ad osservare e ad appropriarsi del fenomeno dello spettacolo attraverso testimonianze iconografiche dirette e cartacee indirette, e a considerarlo un genere vivo, riflesso della realtà sociale e culturale e non un prodotto da museo. Poesio aveva compreso appieno il significato di questo insegnamento e aveva avvertito l’esigenza di coinvolgere il settore coreutico e coreografico conseguendo la laurea in Storia della danza presso l’ateneo fiorentino.

Poesio parlava benissimo l’inglese. L’Inghilterra era una delle patrie del balletto: quindi è stato logico andarsene e iniziare al di là della Manica la sua carriera di studioso e critico iscrivendosi all’Università del Surrey per conseguire poi il titolo di dottore di ricerca.

Una carriera che però non lo ha mai allontanato dall’Italia e da Firenze se consideriamo quante volte è venuto a tenere lezioni e interventi in importanti teatri, università e fondazioni o addirittura in scuole di danza come quella tenuta da Maria Grazia Nicosia, prima ballerina del Corpo di ballo del Maggio Musicale Fiorentino, sua cara amica.

È vero, Giannandrea non è più tra di noi, ma indelebili restano i ricordi, il metodo di lavoro, il coraggio di amare la danza e di “frequentarla” al di là di pregiudizi e vuoti oscurantismi. 




 



 
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