Giannandrea Poesio, illustre studioso e critico di danza fiorentino, non è
più tra noi. Ci ha lasciato nella amata Inghilterra in questo febbraio 2017 e
il mondo del teatro coreutico e coreografico è rimasto attonito e stupito per limprovvisa
scomparsa. Un vuoto ascrivibile al venir meno della sua forbita penna, dellacume
del suo giudizio, degli incessanti studi e della sua innovativa “ricercAzione”
che costituiscono il suo imperituro lascito. Come dice Orazio nella celebre ode a Taliarco, pulvis et umbra sumus (“siamo polvere e
ombra”) e le tristi dipartite, sebbene in questo caso precoci – Giannandrea era
nato il 25 marzo 1959 – rientrano nellordine naturale di quelle cose che
accettiamo con sconsolata consapevolezza. Eppure se mi soffermo a pensare a Giannandrea a distanza
di anni e di percorsi di vita e professionali differenti, riaffiorano alla
mente ricordi che inquadrano e illuminano la sua figura e si riverberano nel
mio personale sentire e vedere la danza e il balletto. Chi sia Giannandrea Poesio e limportanza che ha
rivestito, riveste e rivestirà nel campo degli studi sullarte tersicorea “dir
non è mestieri”: basti pensare alle numerose pubblicazioni (in https://www.beds.ac.uk), alla
sua docenza presso la Bedfordshire University, dove era professore di danza e
direttore de Research Institute for Media, Arts and Performance; presso la
London Metropolitan University, lUniversity of Surrey e il Roehampton
Istitute. Unintensa attività didattica a cui si aggiunge il ruolo
di esperto critico di danza per le riviste «The Spectators Ballet», «Danze
Europe», «Danza e Danza», «Drammaturgia»; la collaborazione con AIRDANZA, lassociazione
italiana per la ricerca sulla danza; la direzione della European Association of
Dance Historians, e la consulenza per ricostruzioni filologiche di balletti del
repertorio ottocentesco. Un lavoro svolto per prestigiose istituzioni come la Royal
Opera House, il Kirov Ballet, la Scala di Milano, o per compagnie statunitensi e
accademie di danza di Parigi, Londra e Roma. Quello che però, forse, si può aggiungere a tutto questo
nutrito curriculum vitae et studiorum sono
due cose. Due novità che lui, proprio lui, ha rappresentato nella temperie
artistica e culturale degli anni Ottanta del Novecento in una città come
Firenze. Giannandrea allepoca era uno dei pochi maschi a studiare
danza in un momento e in un contesto in cui fare danza era ancora prerogativa
delle ragazze. Nellimmaginario collettivo della Firenze di quegli anni lui era
una mosca bianca, uno stravagante, uno troppo fuori dagli schemi. E anche il
fatto di essere figlio del grande e famoso critico teatrale fiorentino, Paolo Emilio Poesio, e dunque lappartenere
per genia ad un certo côte intellettuale
più illuminato e aperto, non lo salvava dagli strali del pregiudizio e dellignoranza. Laltro aspetto innovativo è stato quello di aprire le
porte alla “ricercAzione” sulla e della danza sentendola e considerandola una
disciplina al pari di altre appartenenti alla Storia dello spettacolo. Un modo
di iniziare un percorso di studi di cui le sue indagini sul mimo italiano come
origine e fonte del lessico del balletto classico ne sono un fulgido esempio. Queste sono le due cose che mi restano di Giannandrea
Poesio di cui sono stata e mi sento orgogliosa testimone. Ricordo ancora con
piacere le lezioni che frequentavamo insieme presso la scuola di danza in via
SantEgidio diretta da Daria Collin,
una delle migliori insegnanti della città e grande amica di Giannandrea. Rammento i pomeriggi passati alla sbarra con lui in mise neoclassica, davanti o dietro a me,
accompagnato sempre da Gianfranco Morandi, il compagno di una vita; e la felicità che traspariva dai suoi
occhi fin dai pliés e i tendus iniziali per poi, dopo aver
completato gli esercizi alla sbarra, passare al centro e ballare o misurare il
fiato nei grandi e piccoli salti. Molto tempo abbiamo trascorso insieme alla comune amica Sabrina Cappelli – altra
competente in materia – discutendo di danza, di balletto e della necessità di
ritenere le due discipline parti di unarte di tutto rispetto, degna di essere
studiata con un approccio metodologico innovativo. Giannandrea era iscritto alla Facoltà di Lettere e frequentava
il Dipartimento di Spettacolo dellUniversità di Firenze proprio negli anni in
cui professori come Ludovico Zorzi insegnavano ad osservare e ad appropriarsi del fenomeno dello spettacolo
attraverso testimonianze iconografiche dirette e cartacee indirette, e a
considerarlo un genere vivo, riflesso della realtà sociale e culturale e non un
prodotto da museo. Poesio aveva compreso appieno il significato di questo
insegnamento e aveva avvertito lesigenza di coinvolgere il settore coreutico e
coreografico conseguendo la laurea in Storia della danza presso lateneo
fiorentino. Poesio parlava
benissimo linglese. LInghilterra era una delle patrie del balletto: quindi è stato
logico andarsene e iniziare al di là della Manica la sua carriera di studioso e
critico iscrivendosi allUniversità del Surrey per conseguire poi il titolo di
dottore di ricerca. Una carriera che però non lo ha mai allontanato dallItalia
e da Firenze se consideriamo quante volte
è venuto a tenere lezioni e interventi in importanti teatri, università e fondazioni o addirittura
in scuole di danza come quella tenuta da Maria Grazia Nicosia, prima ballerina del Corpo di ballo del Maggio Musicale
Fiorentino, sua cara amica. È vero, Giannandrea non è più tra di noi, ma indelebili
restano i ricordi,
il metodo di lavoro, il coraggio di amare la danza e di “frequentarla” al di là
di pregiudizi e vuoti oscurantismi.
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