Esilarante
e musicale la riduzione teatrale del romanzo del 1996 di Alan Bennett, Nudi e crudi,
curata da un abilissimo Edoardo Erba
e allestita da Serena Sinigaglia (classe
1973), regista new generation che
continua a fare collezione di platee entusiaste. Per la messinscena di questo
testo la regia spinge sul grottesco e amplifica il risvolto onirico e surreale
della commedia della quotidianità dellautore inglese contemporaneo. Lo spazio
mentale dei personaggi, le loro allucinazioni e distorsioni invadono lo spazio
scenico.
Lambiente
dazione è, per tutto il corso della narrazione, la scenografia stessa – ideata
da Maria Spazzi –, letteralmente
abitata dagli attori-personaggi: prima appartamento “svaligiato” da presunti
ladri dei coniugi Ransome, poi rimessa (teatrale) nella quale lo stesso
“interno di casa” viene ricostruito. Il luogo del furto altro non è che la
scena “nuda”. Una pedana rialzata ritaglia una porzione di palcoscenico, corde
di servizio ne delimitano il perimetro. Con la risoluzione dellenigma
scopriamo poi il soggiorno classicheggiante e finto della coppia, costituito da
un fondale e quinte dipinte.
Un momento dello spettacolo
Rincasando
dopo una serata a teatro per vedere una terribile versione del Così fan tutte di Mozart, Mr e Mrs Ransome trovano il loro appartamento completamente
ripulito dai ladri. Nulla è rimasto: dallo sformato un po secco nel forno agli
interruttori, dalla stella di natale nellarmadio allarmadio stesso. Tutto è sparito
e questo senso di vuoto innesca reazioni opposte che scardinano il quieto,
piatto vivere di una tipica coppia inglese. Lavvocato Maurice Ransome/Paolo Calabresi si lancia in una
battaglia legale con polizia e assicurazioni, badando a preservare le proprie
abitudini. Al contrario, la casalinga Rosemary/Maria Amelia Monti, sulle
allegre note mozartiane di Sandra
Zoccolàn, subisce un positivo scossone da questo inconveniente che
movimenta le sue giornate e pare svegliarla dal torpore matrimoniale.
Terzo
elemento delloperetta bennettiana è un personaggio jolly, interpretato dallandrogino Nicola Sorrenti, figura molto particolare di cantastorie e prologo
(psicologo transessuale, giovane sbalestrato dal linguaggio televisivo, vicino
di casa radical chic). A lui è
affidata la vena grottesca della commedia: quel ghigno vagamente noir, espressione di chi sa come andrà a
finire. È ancora lui ad inserire, tra i tanti spunti di riflessione del dialogo,
la questione, tanto cara a Bennett, dellomosessualità.
Chiamiamole
macchiette, clichés, archetipi, i
personaggi di questa commedia ci lasciano intravvedere un fondo di umanità, o,
meglio, linsopportabile immobilità di certe esistenze che si perdono dietro
impegni di lavoro, rassegnazione, regole comportamentali che non si ha la
fantasia di sovvertire. La liberazione della fantasia sembra essere la novella
conquista della Signora Ransome/Monti, tanto bene denunciata nelle venature di
squillante allegria del registro vocale dellattrice. Desideri, fantasie
celate, istinti sessuali sono gli stessi che, a causa dello sforzo opposto di
reprimerli, porteranno il Signor Ransome/Calabresi, rigido e affettato in
contrappunto comico con la compagna di scena, alla “tomba”.
Paolo Calabresi (Maurice Ransome) e Maria Amelia Monti (Rosemary)
La
prematura dipartita del marito, da intendersi in senso simbolico, come morte
del vincolo costrittivo, rottura della morsa delle convenzioni sociali da lui
rappresentate, conduce alla rigenerazione finale del personaggio femminile, non
più moglie ma donna: sulle note e tra le scene liriche del Così fan tutte cala il sipario e comincia La nuova vita della vedova Rosemary.
Tre
interpreti e un romanzo che diventa commedia, veloce e divertente, dal gusto un
po retrò che gioca, intermittente,
tra il distacco e la vicinanza per cogliere il gusto amaro della risata:
lumorismo. Loperetta di Bennett-Senigaglia produce
nello spettatore la smorfia tipica di chi capisce di essere pienamente coinvolto
nel discorso: muscoli del collo contratti, denti stretti, labbra in giù ma
tanti applausi per questo teatro che diverte straordinariamente.
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