Sono
passati quasi trentanni da quando Martin
Scorsese si è cimentato per la prima volta nella trasposizione del libro di
Shūsaku Endō, Silence, pubblicato nel 1966. Nel 1987, dopo le polemiche scatenate
allindomani delluscita de Lultima
tentazione di Cristo, il regista italoamericano riceve una copia del libro
di Endō da parte di un sacerdote colpito dalla forza iconoclasta del film.
Scorsese ama a tal punto quel libro che diviene la sua ossessione. Un primo progetto di adattamento però
non va in porto e falliscono anche i successivi tentativi di traduzione per il
grande schermo. Quando finalmente la
sceneggiatura prende corpo, comincia la battaglia per accaparrarsi i diritti.
I produttori, inizialmente incuriositi, abbandonano limpresa e molti attori
accreditati nei ruoli principali vengono sostituiti nella turbolenta
gestazione. Solo adesso, dopo anni di diatriba, vede la luce la storia dei due
padri gesuiti portoghesi che nel Seicento partono per il Giappone alla ricerca
del loro mentore che ha abiurato alla vista delle torture inflitte ai cristiani.
Silence si riallaccia
idealmente alla citata Ultima tentazione
di Cristo e, insieme a Kundun
(1997), chiude unideale trilogia sulla religione. In realtà la dicotomia fede/violenza
attraversa tutta la filmografia del regista italoamericano. Dagli inferni
urbani dipinti in Mean Streets (1973)
e in Taxi Driver (1976) fino alle parabole
di ascesa e caduta dei gangsters
ritratti in Quei Bravi Ragazzi (1990)
e Casinò (1995), la visione
tormentata della fede è una costante del suo cinema accompagnata dalla
rappresentazione morale ambigua di un mondo dominato dalla violenza.
Una scena del film I
protagonisti di Silence, Padre
Rodrigues (Andrew Garfield) e Padre
Garrupe (Adam Driver), compiono un
viaggio che parte come unindagine attraverso una cultura a loro sconosciuta
fino a trasformarsi in una sfida alle proprie incrollabili certezze. Oltre alla
ricerca del prete apostata (Liam Neeson),
la missione dei padri gesuiti consiste nel portare la parola di Dio in un
Giappone ostile e povero, riluttante ad abbracciare il credo occidentale.
Larroganza dei missionari è considerata pericolosa dagli inquisitori
giapponesi, che allazione di evangelizzazione rispondono con la forza,
ricorrendo alle più efferate e ingegnose torture dellepoca. Il proselitismo
auspicato dai gesuiti non solo è destinato al fallimento, ma la loro opera è
messa a dura prova quando dovranno scegliere di abiurare in favore della
misericordia verso i cristiani torturati. Dapprima inseparabili, Rodrigues e
Garrupe sono costretti a imboccare strade che porteranno a conclusioni
divergenti: rinnegare o abbracciare il proprio credo.
I
lunghi anni di gestazione, i continui ripensamenti e la frustrazione di non
veder realizzato un progetto accarezzato da troppo tempo si riflettono nel film.
Ne consegue unopera che sicuramente va aldilà delle contingenze temporali, e
apparentemente sembra evitare ogni richiamo allattualità, puntando piuttosto a
una ricerca personale che aspira a un sentimento universale. La preoccupazione
di comunicare al meglio i numerosi interrogativi spirituali porta Scorsese e il
suo collaboratore Jay Cocks a un uso
fortemente marcato del monologo e della voce over, che determina una eccessiva verbosità a discapito dellazione.
Il film, dai ritmi dilatati, è ostico ma anche realizzato con precisione
chirurgica dal punto di vista dalla messa in scena.
Una scena del film Benché
la ricerca della perfezione formale possa essere scambiata per eccessivo
distacco dalla materia narrata, Silence
evita il rischio di rimanere una preghiera fine a sé stessa. I dilemmi morali
che pone allo spettatore sono brucianti e universali. Fino a che punto difendere
le proprie credenze, se queste portano sofferenza agli altri uomini? È
eticamente giusto imporre una verità assoluta in un contesto culturale
totalmente estraneo? Il regista non nega la via del martirio, anzi mette in
scena con devozione e rispetto le sofferenze atroci per cui i cristiani furono
disposti a morire in nome della Chiesa.
Tuttavia,
come sembra suggerire il finale, rinnegare la propria fede è in alcuni casi
necessario, soprattutto per amore delluomo. Sarebbe preferibile occultarla,
rinunciando così anche alla pratica della condivisione e dellindottrinamento,
che sfociano nel proselitismo. La fede deve restare confinata in un contesto privato,
meglio ancora se personale. In questo senso il silenzio evocato dal titolo
acquista un significato ancora più ambiguo: si tratta della frustrante risposta
che il credente è destinato a ricevere dal proprio Dio o indica il carattere di
una fede che deve essere vissuta nellintimità della propria solitudine? Scorsese
evita risposte semplici e scorciatoie ideologiche, optando per soluzioni più
estreme. I casi antitetici dellabiura e del martirio esprimono pur sempre delle
scelte strettamente individuali, che investono la dignità dellessere umano in
misura maggiore rispetto alladerenza incondizionata ai principi della fede.
Una scena del film La scelta di relegare i
concetti teologici sullo sfondo, sottolineando gli aspetti terreni della
cristianità, è il valore aggiunto del film. Il carattere laico della preghiera
di Scorsese emerge maggiormente ponendo laccento sul primato dellindividuo
rispetto alla religione. Silence, con
il suo andamento ieratico pieno di omaggi al cinema giapponese, specialmente a
quello di Akira Kurosawa, si delinea
come il definitivo testamento spirituale del regista italoamericano. Ma forse
non ancora quello cinematografico.
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