Come
mettere in scena le complicate vicissitudini che portarono il Vecchio
Continente allo scoppio della Grande guerra e la Germania guglielmina alla
nascita del Terzo Reich? Gli americani ne farebbero un kolossal, il regista Claudio Longhi preferisce la formula
della mise en espace. Un teatro nudo
e crudo che manda in pensione scenografia e mimetismo professando
esplicitamente il “brechtismo” (vedere il programmatico sottotitolo).
Bastano
la voce e il gesto di attori affiatati e un pugno di poltrone di velluto rosso
per raccontare la “resistibile ascesa” del teutonico nazionalista Diederich
Hessling, un borghese piccolo piccolo che si fa grande a suon di nefandezze e
patti col diavolo (la fonte è un romanzo satirico di Heinrich Mann rivisto
alla luce delle riflessioni del fratello Thomas).
La sua scalata al potere inizia quando, morto il padre, diventa capo
dellazienda di famiglia a Netzig, suo paese dorigine. In un crescendo di
intrighi e corruzione, limprenditore gioca sporco nello scontro con i
filo-repubblicani Buck alleandosi con un operaio socialdemocratico della sua
ditta (prefigurando le origini di quel fronte nazional-socialista che darà una
piega fatale alla Storia). Dopo aver sposato una
nobildonna per interesse, segue da buon “suddito” limperatore nel suo viaggio
in Italia, finendo tragicomica vittima del suo zelo vigliacco.
Una scena dello spettacolo © Filippo Manzini
Materia
tanto fitta è difficile da dipanare, specie quando si è costretti a rispettare
tempi ed esigenze dei tradizionali teatri di prosa (otto erano le ore
complessive dello spettacolo che nel gennaio scorso Longhi ha presentato al
teatro Storchi di Modena nellambito del progetto Carissimi padri). Pensata per le scene del rinnovato Niccolini di
Firenze, la storia regge grazie allistrionismo degli interpreti e a una regia
calcolata e sempre vigile che pilota cortocircuiti continui. Attori che entrano
ed escono instancabilmente dal palcoscenico, si arrampicano sui palchi di
proscenio, si mischiano tra il pubblico prendendo di mira questo o quello
spettatore, fanno capolino dal fondo della platea o dal parapetto della
piccionaia in un flipper di luci e di voci. Interpretando più di un
personaggio, un po si calano nei suoi panni, un po lo guardano dallesterno,
un po lo raccontano e un po lo deridono, straniandosi e divertendo. Cè chi
dà istruzioni su come agire e chi quelle istruzioni esegue, o non esegue, o esegue
in ritardo. Chi canta (gli immancabili songs,
accompagnati alla fisarmonica dalla brava Olimpia
Greco) e chi ammicca in sala lasciandosi andare a irresistibili imitazioni
linguistiche. Un gioco allo scoperto che conquista poco a poco le simpatie del
pubblico, e pazienza se alcune tessere del complicato puzzle che si va
delineando si perdono per strada.
Un
intarsio la cui lettura non è sempre immediata, quello intessuto da Longhi,
modulato sulle riflessioni filosofiche dei Mann e increspato sul filo del citazionismo
(si strizza locchio perfino a Mary
Poppins) e dellautocitazionismo (La
Resistibile ascesa di Arturo Ui è un modello dialettico costante). Le coprotagoniste sono
le poltrone: strumento per costruire drammaturgie e insieme una metafora del
potere. Gli attori le allineano, le azionano, le librano in aria. Ora sono
leggere come piume, ora acquistano tragica corporeità quando si fanno scranni
di un tribunale che puzza di polvere e corruzione.
Olimpia Greco alla fisarmonica © Filippo Manzini
Tutto
lo spettacolo è collocato in ununica grande aula di giustizia che vede
imputata la Storia in un “processo” in cui si chiede ai nostri “carissimi
padri” di dar conto del loro operato, individuando nella belle époque le ferite che sanguineranno a fiotti nella prima
guerra mondiale (e nella seconda). E se è vero che il presente può essere
compreso solo attraverso la lente del passato, le interferenze con lattualità
abbondano, comprese le frecciate alle dinamiche di casa nostra («Aspetti, quel
mio operaio appartiene al sindacato? Bene, lo caccio fuori! Tutti i miei operai
sono iscritti al sindacato? Allora li caccio tutti!» tuona un presuntuosetto
Hessling in crisi di onnipotenza).
Il
lavoro di Longhi prosegue, rigoroso, nel solco del citato progetto Carissimi
padri avviato sul principio del 2015 e culminato con la trilogia “modenese”
Istruzioni per non morire in pace
(che sarà di scena alla Pergola il prossimo aprile). I pugni ricolmi doro sono un altro capitolo di questo percorso,
ribadendo come, in fondo, le “magnifiche sorti e progressive” dellumanità non
siano che lillusione dei tanti “venditori di almanacchi” di ieri e di oggi.
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