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“Ballare il corpo”

di Gabriella Gori
  Passione
Data di pubblicazione su web 21/12/2016  

Emio Greco e il suo sodale Pieter C. Scholten amano la danza. Quella danza che vive per sé stessa e che, come sostengono nel manifesto programmatico Le Sette Necessità del 1996, identifica il suo «punto di partenza» nel gesto. «Qualcosa di minimo che, rendendolo più grande, in certo senso più artificiale», si trasforma «nel gesto della danza».

La danza di Emio e Pieter è infatti buona, sana, riconoscibile, e se l’abusato slogan “il corpo che danza” si adatta alla loro poetica, di fronte alla mise en scène al Comunale di Ferrara di Passione, firmata da entrambi per il Balletto di Marsiglia, viene d’istinto parlare di “ballerini che ballano il corpo”, spostando l’attenzione dal soggetto all’oggetto dell’agire coreutico.

Nel primo caso è il corpo che si esprime, nel secondo, quello riferibile ai più che bravi danzatori della compagnia marsigliese, sono loro stessi a “ballare” il corpo che diventa l’oggetto interno di un verbo intransitivo. Quindi mentre nel “corpo che danza” la simbiosi è tra corpo e ballerino, nel secondo caso il protagonismo è nei danzatori che ballano, appunto, il loro corpo.


Un momento dello spettacolo © Alwin Poiana
Un momento dello spettacolo 
© Alwin Poiana

E questo “ballare il corpo” porta con sé l’altro caposaldo del pensiero orchestico di Greco e Scholten i quali, uniti dal 1995 con la nascita della Compagnia EG/PC e poi ancora di più dal 2009 con la fondazione del centro multidisciplinare ICKAmsterdam, mirano a reificare la danza rendendola materica e materiata. “Materica” per la fisicità della materia umana di cui è formata, “materiata”, cioè sostanziata dalla peculiarità tersicorea di chi la incarna. 

Tutto questo per dire e ribadire che la danza dei direttori del Balletto di Marsiglia, storica compagine fondata nel 1972 da Roland Petit e dal 2014 guidata da Emio e Pieter dopo Marie-Claude Pietragalla e Frédéric Flamand, è danza-danza e non il semplice movimento di tanta coreutica contemporanea di oggi, borderline tra vera arte cinetica e pura attività motoria sulla musica.

Quella di Greco e Scholten è arte cinetica perché ha nel suo genoma un corredo di cromosomi classici e moderni che, lungi dall’essere costrittivi o limitativi, sono punto di partenza del loro modo di intendere il gesto e di reificare la danza.


Un momento dello spettacolo © Alwin Poiana
Un momento dello spettacolo 
© Alwin Poiana

Un modus operandi visibile in Passione, in cui non sono pochi i passi accademici a cominciare dai rondes de jambe en l’air à la seconde, ai grands battements, alle pirouettes, agli arabesques, alle batterie, ai petits sautés, ai ports de bras; ma non sono pochi neppure i passi moderni come gli esasperati pliés à la seconde, gli splits, i turns, i flicks, gli chassès, i launchs, tutti però transcodificati per creare un solido linguaggio contemporaneo che si riverbera nella scelta della forma balletto. Un genere in cui la classicità della danza di scuola si vede nel rigore con cui i “ballerini ballano il corpo”, unito alla cura dedicata all’aspetto esteriore di ciò che viene presentato, e la dinamicità dell’idioma moderno si coglie nel libero fluire del dettato cinetico e coreografico definito exstremalism.

Passione prende spunto dalla Passione secondo Matteo di Bach, un iter di purificazione in sette tappe iniziato da Emio e Pieter nel 2008 con IN VISIONE. Un pezzo dedicato al Purgatorio di Dante e inserito in un progetto sulla Divina Commedia in cui Greco si confronta con i sette peccati capitali (superbia, invidia, ira, accidia, avarizia, gola, lussuria) sulla partitura bachiana riletta dal musicista Franck Krawczyk ed eseguita da un’orchestra di trenta elementi.

Da questa Passione si arriva nel 2012 a Passione in due dove Krawczyk è alla prese con pianoforte e fisarmonica e Greco indossa un naso posticcio di colore rosso, come il sangue della Passione di Cristo, che porta dritto alla terza Passione creata nel 2015 per il Balletto di Marsiglia e presentata con successo a Ferrara.


Un momento dello spettacolo © Alwin Poiana
Un momento dello spettacolo 
© Alwin Poiana

Una rinnovata “edizione” messa in scena da sette interpreti: Denis Bruno, Vito Giotta, Gen Isomi, Nanoka Kato, Angel Martinez-Hernandez, Aya Sata, Valeria Vallei, che richiamano l’espiazione corale delle anime del Purgatorio e la dolcezza del secondo regno nella musica di Bach, riadattata dal vivo da Krawczyk al piano e alla fisarmonica. 

Il lavoro, aperto dalla fuga della Toccata e fuga in re minore e chiuso con la Passacaglia e fuga in do minore del Tempo di coda, a cui si aggiunge il 2° Preludio in do minore per piano nella parte centrale, è costruito sul numero sette. Sette sono le cornici dantesche, fra l’altro ricollegabili alla Tavola delle sette Beatitudini del Discorso alla Montagna dell’apostolo Matteo; sette sono i tempi della Passione secondo Matteo di Bach; sette sono le Necessità del manifesto di Greco e Scholten e sette sono gli interpreti. A loro volta richiamati da sette bottigliette posizionate su un tavolo di lato al palcoscenico e raffiguranti altrettanti umori emotivi medievali.

Un numero ricorrente, il sette, che tiene unite le performances dei ballerini, accarezzati dalle morbide luci di Henk Danner, fasciati dai semplici costumi di Clifford Portier e protagonisti di una scrittura coreografica in cui costante è il dialogo tra musica, gesto, parola e danza.

Un “testo” che prende avvio da un rigoroso assolo, accoglie le toccanti scene del Cristo addolorato e della ballerina con un palloncino azzurro, si intreccia negli energici terzetti, nei lirici duetti, nei vorticosi ensemble, vivacizzati dal rosso fuoco dell’abito di una coreuta, fino a completarsi nel lavorìo terre à terre di una danza materica e materiata e in quel “ballare il corpo” fatto di grazia e consapevolezza.




Passione
cast cast & credits
 

La copertina
La locandina



 
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