Arrivano
gli alieni, o forse sarebbe meglio dire “tornano”, perché se cè un topos che
ha attraversato e continua ad attraversare la storia del cinema (fin dai tempi
di Méliès) è proprio quello dellinvasione
o dellarrivo o al limite del contatto con creature di altri mondi. Con Arrival Denis Villeneuve
ci offre la sua versione. Dopo la presenza in concorso a Cannes nel 2015 con Sicario, ecco che anche Venezia accoglie
nel cartellone principale il regista canadese, proprio mentre sta girando uno
dei film più “pericolosi” degli ultimi trentanni: il sequel di Blade Runner.
Una scena del film
Arrival si apre con la
storia del rapporto di una donna (Amy
Adams) con sua figlia, dal parto alla morte della ragazza per una rara
malattia; poche, intense inquadrature che già potrebbero essere un film. Ma è
solo linizio. La donna è Louis Banks, una linguista che insegna alluniversità.
Proprio prima di una sua lezione arriva la notizia dellatterraggio, in varie
parti del mondo, di dodici oggetti non identificati, altissimi monoliti neri
che fluttuano a pochi metri da terra. Lesercito le piomba in casa e la recluta
per tradurre i messaggi che le creature stanno mandando da questi monoliti. Insieme
a lei cè Ian Donnelly (Jeremy Renner),
un fisico-matematico che dovrebbe occuparsi dellapproccio “scientifico” con
gli alieni. I due entrano nellastronave, si spogliano delle mute spaziali e
iniziano a interagire con i due membri dellequipaggio: due enormi piovre con
sette tentacoli che reagiscono positivamente alle sollecitazioni di Louis,
ignorando Ian. Mentre il resto del mondo sta impazzendo tra grandi potenze
interventiste e popolazioni terrorizzate, i due alieni iniziano a comunicare,
scrivendo i loro messaggi in uno strano alfabeto circolare. Ben presto ci si
accorge che la storia procede su più binari temporali e più il tempo stringe
intorno al lavoro di Louis, più in lei diventa chiara la percezione di un
passato (forse) e di un futuro (forse), che diventano la soluzione dellenigma.
Tantissime
sono le suggestioni contenute in Arrival:
dal monolite nero e le “luccicanze” di Kubrick
agli alieni “buoni” di Spielberg,
passando per il Prometheus di Scott e il Solaris di Tarkovskij, fino
ad arrivare alle pieghe temporali di Interstellar,
risolte semplicemente con il cinema, senza bisogno di complicate spiegazioni
scientifiche. Sebbene non sia privo di difetti (su tutti gli alieni-piovra, ennesima
dimostrazione dellimpossibilità di immaginare entità davvero “diverse”) e di cliché
(le sostanze sconosciute contenute nellastronave, i cinesi cattivi, Forrest Whitaker colonnello
dellesercito), il film avvolge lo spettatore nella sua circolarità (si apre e
si chiude con la stessa inquadratura), trasportandolo allinterno di più storie
che appoggiano tutte sulla minuta figura di una grande Amy Adams.
Una scena del film
La
novità di Arrival è che la sua
fantascienza non è legata alla fisica e alla matematica ma alla lingua e alla
scrittura, dove spazio e tempo sono categorie lineari perché ingabbiate in un
pensiero e una comunicazione lineari; cambiare lapproccio comunicativo è
cambiare la percezione stessa del tempo e dei suoi “ricordi”. E noi saremmo
disposti a vivere una vita che già conosciamo?
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