The Light
Between Oceans
porta sul grande schermo lomonimo best-seller
dellaustraliana M. L. Stedman
(2012). Protagonista è Tom Sherbourne (Michael
Fassbender), taciturno veterano della Prima guerra mondiale il quale, di
ritorno dal conflitto, decide di candidarsi a guardiano del faro sulla remota isola
di Janus, spartiacque tra gli oceani Pacifico e Indiano, al largo delle coste
neozelandesi. In una delle rare pause dal suo monotono lavoro sbarca sulla
cittadina di Partageause. Qui conosce Isabel Graysmark (Alicia Vikander) che si innamora di lui al punto di seguirlo
sullisola. La felicità della coppia viene spezzata da due aborti spontanei
della ragazza. Un giorno sulle coste di Janus approda una barca alla deriva con
a bordo una neonata e un uomo morto. Interpretandolo come un segno del destino,
i due decidono di prendersi cura della piccola, nascondendo laccaduto. Il nuovo
quadro familiare entrerà in crisi quando essi scopriranno che la piccola è la
figlia di Hannah Roennfeldt (Rachel
Weisz), ricca discendente di una potente famiglia locale, che farà di tutto
per riaverla.
Una scena del film The Light Between Oceans si presenta come il più
convenzionale dei melò hollywoodiani,
anche se alla vicenda strappalacrime, narrata con un registro patetico, non sempre
corrisponde un adeguato livello di pathos.
Non è difficile immedesimarsi nei drammi di Isabel e Hannah, madri straziate
dalla perdita della loro figlia, così come in quello di Tom, padre amorevole pronto
a sacrificarsi per la famiglia. Alla base del successo del romanzo ci sono temi
universali come il lutto per la perdita dei figli, la disgregazione del nucleo
familiare, la volontà e limpossibilità di recuperare un amore originario. Un
amore incontaminato al pari dellambientazione in cui si sviluppa: la deserta e
selvaggia isola di Janus, sorta di topico giardino dellEden in cui i tre
protagonisti, una volta catapultati nel mondo civilizzato, cercano invano
(metaforicamente e non) di ritornare.
Una scena del film The Light Between Oceans
potrebbe essere il film della consacrazione per Derek Cianfrance, quarantaduenne cineasta del Colorado, alla sua quarta
prova dietro alla macchina da presa. Se il suo nome rimarrà scolpito nella “Hall
of Fame” ce lo dirà il tempo e, soprattutto, il botteghino; certo è che fa
impressione constatare come sia proprio lui, a sei anni di distanza da quel Blue Valentine (2010) che lo aveva
imposto come uno dei nomi più interessanti del cinema indipendente americano, a
portare in Laguna quella che è forse la più tradizionale delle pellicole viste
finora. Questo paradosso, solo apparente, si inserisce in un fenomeno più ampio:
quello di una schiera di registi e attori fino a qualche anno fa considerati “indipendenti”
oggi sempre più integrata in unindustria hollywoodiana che, per superare la
crisi di pubblico giovanile, guarda con interesse a festival come il Sundance o
il Telluride.
Una scena del film Impossibile
capire un film come questo senza contestualizzarlo nel percorso di crescita di un
movimento artistico che ha privilegiato un approccio sentimentale e sincero al
cinema, mettendo in mostra senza autocensure le proprie gioie e le proprie paure
e che poi ha iniziato ad avere cast di primo livello, soggetti di sicuro
successo, ma spesso anche ambizioni sproporzionate e ansie da prestazione. In
questo senso The Light Bewteen Oceans
può essere assimilato a Equals (link) (2015) di Drake Doremus, presentato alla Mostra lanno
passato, e porta alle estreme conseguenze quanto già emerso in The Place Beyond The Pines (2012). La
spregiudicata forza di Cianfrance consiste, come per Doremus, nel non porre
limiti al sentimentalismo, nel far uso di retorica mélo senza temere la leziosità. Si pensi allonnipresenza della
musica sinfonica, alle dissolvenze incrociate, alla fotografia desaturata; ma
anche, sul piano drammaturgico, alla descrizione di relazioni affettive complesse
in cui si intrecciano destini e drammi individuali. The Light Between Oceans è un film in cerca di lacrime facili, ma
chi decide quali lacrime siano facili e quali no?
Tuttavia
il gioco funziona solo a patto che lautore metta a nudo sé stesso, senza il
filtro dei costumi depoca, della guerra, di un esotismo da cartolina. Inserita
nella New York contemporanea, la medesima storia avrebbe forse acquisito unaura
di sincerità che qui manca. Sembra che Cianfrance si sforzi di render suo un
materiale che non gli appartiene. Una scelta con cui ogni indipendente di
talento, prima o poi, deve fare i conti.
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